Cantieri aperti da decenni, progetti che non hanno mai visto la luce, cavilli burocratici che rendono biblici i tempi di realizzazione di più di 200 opere pubbliche incompiute: è la fotografia dello stato del Mezzogiorno. In Campania risultano oggi 41 grandi interventi non ancora portati a termine, per un totale di 208 milioni di euro. Reperire carte e dati in merito è un’impresa titanica, al pari della realizzazione di una grande infrastruttura, di un parco o di una scuola. ce l’ha fatta la piattaforma Sensoworks ha censito sedici delle 41 opere incompiute nella nostra regione.
Tra queste c’è la costruzione di una scuola media nel Comune di Cimitile per la quale sono stati stanziati 1.153.850 euro e solo il 16% dei lavori è stato eseguito. Situazione analoga ad Altavilla Irpina per la costruzione di una piscina all’interno del Parco Sant’Angelo: 297mila euro investiti, solo la metà dei lavori portata a termine. Capita anche che il progetto ci sia, l’impresa appaltatrice anche, che si stanzino 1.187.850 euro e che i lavori non comincino mai: è il caso della riqualificazione urbana del centro abitato di Laviano.

La lista dei progetti abbandonati, in realtà, è molto più lunga. La Campania non è l’unica regione con centinaia di cantieri aperti, visto che la questione tocca tutto il Mezzogiorno. La Sicilia presenta la situazione più critica con 162 opere incompiute, seguita dalla Sardegna con 86, dalla Puglia con 54 e dal Lazio con 45. La Provincia autonoma di Trento, invece, è la più virtuosa con una sola opera incompiuta. Nel complesso, secondo Sensoworks, il nostro Paese conta 640 opere iniziate e mai inaugurate, tra le quali infrastrutture fondamentali per lo sviluppo economico, per un totale di circa quattro miliardi di euro. Il che è paradossale se si considera che l’Italia ha la percentuale più elevata in Europa di piccole imprese che esportano direttamente e, allo stesso tempo, presenta un indicatore infrastrutturale inferiore del 19,5% rispetto alla media europea. La condizione della Campania è particolarmente preoccupante se si considera che è la regione con la più alta densità abitativa in Europa e che presenta ancora un gap di sviluppo significativo rispetto alle località del Nord.

Ma perché i lavori cominciano e procedono a singhiozzo fino a uno stop spesso definitivo? «Quasi sempre è perché sorgono imprevisti che fanno lievitare il costo dei lavori – spiega Edoardo Cosenza, presidente dell’Ordine degli ingegneri di Napoli ed ex assessore regionale alle Grandi Opere – situazione che sfocia in un contenzioso tra l’impresa esecutrice e l’amministrazione che ha commissionato l’intervento». E così l’impresa ritiene che ci siano degli imprevisti, la Regione decide di non erogare altri fondi e i lavori si fermano. Ripartire dopo lo stop è quasi sempre drammatico perché difficilmente una ditta subentra a un’altra, soprattutto perché, se non ha vinto la gara, è perché chiedeva più soldi per la realizzazione di quello stesso lavoro e difficilmente accetterà di limare i costi in secondo momento.

Ora, però, stanno per arrivare i fondi del Recovery Fund e per il Sud si presenta un’occasione imperdibile per mettersi al pari con il resto del Paese. Il rischio di un ennesimo fallimento, però, è concreto. «Spendere questi fondi in opere pubbliche sarà difficilissimo perché dovrebbero essere completate entro il 2026 ed è impossibile – sottolinea Cosenza – È contro ogni statistica: per realizzare un’opera di valore superiore ai 100 milioni di euro, in Italia ci vogliono circa 15 anni». La soluzione? «Affidare la realizzazione di grande opere pubbliche, penso soprattutto alle infrastrutture, a commissari con poteri di deroga, sul modello del Ponte di Genova o dell’Expo di Milano – conclude Cosenza – Questa semplificazione, però,  significa anche dire che le norme ordinarie non vanno bene e che quindi la soluzione ragionevole è quella di creare una legge nazionale semplificata in materia di opere pubbliche: l’eccezione diventi la regola nel rispetto dei tre requisiti fondamentali di trasparenza, legalità e concorrenza».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.