Il caso
La vita distrutta di Silvestre, 6 mesi in cella ma era innocente

Otto anni dopo l’arresto e le accuse, dopo il carcere e il rinvio a giudizio, arriva la sentenza che vuol dire assoluzione piena. “Perché il fatto non sussiste”, recita la formula usata dai giudici della settima sezione penale del Tribunale di Napoli per smontare un’inchiesta che nel giugno 2012 aveva avuto grande peso giudiziario e mediatico portando in carcere il titolare di autoscuole con accuse che andavano dall’associazione per delinquere alla corruzione e falso. Ci sono voluti otto anni per arrivare alla sentenza di primo grado e chiudere un processo che ha rischiato di dissolversi nella prescrizione. La sentenza mette un punto ai capitoli di un’inchiesta che ha stravolto vita e lavoro di un imprenditore. Quell’imprenditore si chiama Domenico Silvestre e aveva 42 anni quando, a giugno 2012, fu arrestato come personaggio chiave di un’indagine che travolse come un ciclone giudiziario non solo la sua vita personale e professionale, ma anche quella di funzionari della Motorizzazione civile di Napoli e di sei collaboratori delle sue tre autoscuole tra Napoli, Villaricca e Quarto.
Era il 19 giugno 2012. All’alba la polizia giudiziaria bussò alla porta di casa dell’imprenditore di Villaricca. Bastarono pochi attimi per stravolgere tutto: i progetti, il lavoro, le emozioni, la vita. Bastò sentir pronunciare le poche parole con cui gli investigatori notificarono il provvedimento di custodia cautelare, oltre sessanta pagine in cui il suo nome ricorreva in ricostruzioni di episodi e riferimenti a conversazioni intercettate, in cui figurava “quale organizzatore e promotore” di un’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e al falso. Per l’accusa era un caso di patenti facili, rilasciate dietro mazzette falsificando ad hoc documenti. “In carcere”, era scritto in calce al provvedimento cautelare. Silvestre fu portato in una cella della casa circondariale di Poggioreale. Per uno che nella vita aveva scelto di lavorare, che aveva la fedina penale immacolata, che in carcere non c’era mai stato e non immaginava nemmeno di poterci finire da un momento all’altro, varcare la soglia di Poggioreale fu difficile. In cella, Silvestre, ci rimase per sei mesi. Da giugno a dicembre. Un tempo lunghissimo. Pesanti le accuse.
L’imprenditore veniva indicato come colui che avrebbe avuto la capacità di controllare e orientare diversi funzionari della Motorizzazione civile di Napoli per ottenere, con presunte modalità illecite, centinaia di patenti di cittadini italiani e stranieri e organizzando falsi corsi abilitanti e altre certificazioni amministrative ritenute dagli inquirenti mendaci. Sempre secondo l’accusa, con il presunto sistema di corruttela si sarebbe creato un giro d’affari di oltre tre milioni di euro. L’inchiesta coinvolse anche sei collaboratori di Silvestre, oltre a funzionari amministrativi e dipendenti della Motorizzazione civile di Napoli. Attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali si definirono reti di rapporti fra Napoli e provincia, Milano e Busto Arsizio e poi alla Calabria. L’indagine nasceva dalla denuncia dell’ex compagno di una donna del Milanese a margine di una relazione troncata tra rancori e accuse reciproche. Sta di fatto che a Napoli il Riesame confermò il carcere per Silvestre. Quindi si andò davanti ai giudici.
Nel collegio difensivo dell’imprenditore subentrò intanto l’avvocato Roberto Imperatore e in udienza preliminare crollò una parte delle accuse, quella relativa ai cosiddetti reati fine, corruzione e falso. Rimase in piedi però l’accusa di associazione per delinquere e Silvestre, nel frattempo tornato libero, fu tra gli imputati rinviati a giudizio. La giustizia, si sa, non ha quasi mai tempi rapidissimi e la sentenza è arrivata l’altro giorno dopo otto anni di attesa e di udienze. “Assoluzione perché il fatto non sussiste”, si legge nel dispositivo della sentenza, è la formula più ampia con cui possono crollare, al termine di un dibattimento, le accuse che lo avevano generato.
Assolti anche i collaboratori dell’imprenditore, difesi dagli avvocati Antonio Di Marco, Luciano Pesce, Fabio Salvi e Alfonso Trapuzzano. «I giudici hanno pienamente condiviso le tesi prospettate dalla difesa – afferma l’avvocato Imperatore – Sono felice di aver contribuito a restituire libertà, dignità e onore all’imprenditore Domenico Silvestre che all’esito del processo risulta accertato non avesse corrotto nessuno, falsificato nulla e, men che mai, promosso e capeggiato un’associazione per delinquere».
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