Con il diffondersi dell’epidemia di Coronavirus è stata scritta un’altra pagina nera nella triste storia delle carceri in Italia. Nell’anno delle rivolte e, più di recente, delle numerose denunce di maltrattamenti e violenze, si contano, ad oggi, già 44 suicidi negli istituti di pena , di cui 8 persone solo nella regione Campania. In un simile contesto assume un rilievo ancor maggiore la Conferenza dei garanti territoriali delle persone private della libertà. L’assemblea nazionale, strutturata in due giorni di dibattiti, è stata organizzata a Napoli il 9 e 10 ottobre 2020, in una regione, come sottolineato dal garante regionale della Campania Samuele Ciambriello, “che è una terra di contrasti, che si riverberano anche nell’ambito operativo in un contesto delicato quale quello delle persone private della libertà” e in cui al primato negativo riguardante il sovraffollamento e l’inadeguatezza delle strutture, denunciata ormai da decenni, hanno fatto seguito solo promesse (il progetto del Carcere di Nola, per fare un esempio, è ancora in fase di progettazione preliminare) mentre Poggioreale resta il carcere più sovraffollato d’Europa. Al centro del dibattito, le tematiche relative alla prevenzione, al diritto alle relazioni familiari e alla formazione nei penitenziari, in tempi di pandemia.

Per Mauro Palma, Presidente nazionale del garante dei diritti dei detenuti, “ le rivolte nelle carceri all’inizio della pandemia sono state l’esplicitazione di una doppia ansia che c’era negli istituti penitenziari. Aver fatto circolare la voce di una chiusura totale e avere la sensazione di stare in un ambiente rischiosissimo in caso di pandemia, hanno determinato le rivolte che non devono essere lette come organizzate da qualche mano oscura. È stato piuttosto un grido drammatico che rispondeva ad un’angoscia reale.La questione delle morti avvenute durante le rivolte è stata spesso superficialmente archiviata come drammatico effetto collaterale.Come garante nazionale, mi sono presentato come persona offesa in tutte le inchieste e seguo attentamente l’evolversi delle indagini. I fatti recenti di Santa Maria Capua Vetere, invece, testimoniano come la magistratura di sorveglianza abbia fatto un lavoro egregio andando a reperire le dichiarazioni delle persone fin dalla stessa notte della prima denuncia. Sono atti gravi da appurare a fondo”. Per quanto riguarda la quotidianità in carcere in era Covid, per Stefano Anastasìa, portavoce della Conferenza e garante dei diritti dei detenuti per la Regione Lazio e per la Regione Umbria, “in carcere sono stati mesi caratterizzati da difficoltà inedite, perché le misure di prevenzione covid hanno inevitabilmente danneggiato o interrotto attività e relazioni familiari, costringendo spesso ad interrompere i rapporti dei detenuti col mondo esterno. Come garanti siamo stati presenti negli istituti di pena per cercare di sostenere in prima linea le necessità delle persone private della libertà. In questa assemblea cercheremo di fare il punto sulle esperienze e sulle criticità presenti e sulle prospettive implicate dall’epidemia”.

Il Garante regionale Ciambriello ha fornito inoltre alcuni numeri sulla situazione in Campania, aggiornati a settembre 2020: Nei 15 istituti penitenziari per adulti risiedono 6475 detenuti di cui 308 donne e 134 stranieri, a fronte di una capienza regolamentare di 6062 unità. Per ciò che concerne gli Istituti penali per Minori, invece, sono accolti complessivamente 55 ragazzi. Sul fronte delle buone notizie, invece, risale a pochi giorni fa la visita del Ministro Gaetano Manfredi al Polo Universitario Penitenziario di Secondigliano, secondo polo universitario per detenuti per numero di iscritti, dopo quello di Bologna. Per quanto riguarda i corsi di formazione professionale, invece, si riscontra l’attivazione di 23 corsi di formazione che hanno coinvolto 236 iscritti.L’opinione condivisa dei garanti è che occorre però fare molto di più per rendere gli istituti penitenziari migliori, per promuovere il circolo virtuoso dell’investimento formativo considerato come strumento finalizzato al reinserimento sociale concreto, e per accostare alla certezza della pena un’altra certezza, altrettanto cruciale, e cioè la garanzia di una pena di qualità, che tenga sempre aperti gli occhi sui diritti inviolabili delle persone private della libertà. “Alla persona che sbaglia va tolto il diritto alla libertà, ma non quello alla dignità”.