L'intervista
L’ateo di Ferro Bertinotti e il nuovo Papa: “Dimensione spiriturale forte, commosso per quello che ha fatto Bergoglio”

Fausto Bertinotti, ex presidente della Camera dei Deputati e leader sindacale, guarda anche lei con attenzione a quello che sta avvenendo nella Chiesa?
«Certamente. Sono assolutamente non credente ma da sempre molto interessato e coinvolto nella riflessione del cattolicesimo in Italia. Nella storia dei comunisti italiani c’è questo elemento. Ricordo sempre un opuscolo del Pci del 1954, il Taccuino del propagandista, il cui titolo era: “Per un grande accordo tra comunisti e cattolici per salvare l’umanità”. Firmato Palmiro Togliatti».
Nientemeno. Era commosso, Bertinotti, inquadrato alle esequie di Bergoglio…
«Ho vissuto con grande coinvolgimento il funerale di Papa Francesco. Non solo per ragioni emotive, che pure c’erano, ma per la misura della grandezza che la Chiesa è riuscita a conservare in questo tempo di scristianizzazione dell’Occidente. C’erano due elementi che lo testimoniavano: il popolo, quella fiumana di gente infinita, e la potenza. Quelle immagini, nella piazza ma anche in quei due leader politici che parlano tra loro, schiacciati sotto il peso della Cattedrale di Pietro. Quel funerale ha visto l’uscita di scena di un grande Pontefice che in un momento di crisi ha restituito voce alla Chiesa cattolica».
E adesso?
«Bisogna essere prudenti e dire: vedremo. Quello che si può leggere sin d’ora è una curvatura eminentemente spirituale. Anche la grande questione della pace viene coniugata con la formula che apre la messa. È la pace che in primo luogo risiede nel cuore degli uomini, prima ancora che nel rapporto tra gli Stati, nel rapporto tra pace e guerra. È la pace come dimensione esistenziale e della fede. E mi pare che questo suo richiamo alla pace “disarmata e disarmante” sia l’annuncio di un Pontificato che risottolinea per il cattolico, il valore fondamentale della dimensione spirituale. Del rapporto con Cristo».
Dimensione propria degli agostiniani.
«Sì. propria degli agostiniani e il Pontefice lo ha voluto subito enunciare. Certo, quando ti vuoi chiamare Leone, è automatico il rinvio alla Rerum Novarum. Però Leone XIII ha anche combattuto contro il modernismo. Ha aperto alla questione del lavoro in confronto dialettico con la nascita del movimento socialista. Lo aveva capito Giovanni Paolo II, che rimproverava al movimento socialista non di aver voluto fare la rivoluzione ma di averla fatta abbandonando la dimensione spirituale, che invece avrebbe avuto cittadinanza piena nel movimento operaio».
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