Paolo Storari ottiene l’ennesima vittoria nell’aula di tribunale, la seconda sui due giudizi che lo hanno coinvolto fino ad oggi in merito alla nota vicenda degli interrogatori consegnati nell’aprile 2020 all’ex pm di Mani Pulite Piercamillo Davigo, ai tempi membro del Consiglio superiore della magistratura, sull’esistenza della presunta associazione segreta “Loggia Ungheria”.

Della loggia aveva parlato negli interrogatori resi allo stesso Storari e al procuratore aggiunto milanese Laura Pedio l’ex avvocato esterno di Eni Piero Amara in cinque interrogatori resi tra il dicembre 2019 e il gennaio 2020.

Dopo l’assoluzione in primo grado del marzo scorso ad opera del gup Federica Brugnara, è arrivata per il pm milanese anche lo stesso verdetto dalla Corte d’Appello di Brescia, nel processo con l’ipotesi di reato di rivelazione di segreto d’ufficio. Il procuratore generale Francesco Prete, che aveva impugnato la sentenza di assoluzione di primo grado, aveva chiesto nella scorsa udienza una condanna a 5 mesi e 10 giorni con la sospensione condizionale e la non menzione.

Per Storari è invece arrivata l’assoluzione piena, come commenta soddisfatto il suo legale, l’avvocato Paolo Della Sala: “Siamo assolutamente soddisfatti, ho difeso con fermezza la sentenza di primo grado, non solo perché coraggiosa, ma anche perché poggiava su un impianto giuridico complesso”. La decisione “conferma – ha aggiunto Della Sala – l’esito di un giudizio di totale innocenza particolarmente profondo e netto”.

La difesa di Storari ha sempre sostenuto che il pm aveva consegnato quei verbali a Davigo per autotutelarsi dalla presunta inerzia dei vertici della procura di Milano sulle indagini, in particolare da parte dell’allora procuratore capo Francesco Greco e della stessa Pedio, rivolgendosi dunque all’ex consigliere del Csm, ora in pensione, perché considerato tra i massimi esperti in materia di circolari del Consiglio superiore della magistratura.

Nei confronti di Storati anche il Csm, l’organo di autogoverno delle toghe, aveva bocciato la richiesta di “cacciata” avanzata in via d’urgenza nell’estate 2021 dall’allora procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi.

Redazione

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