«Ho già preparato il cartello da mettere davanti alla porta del mio ufficio. C’è scritto: ‘Questo giudice non sciopera’. Voglio chi sia ben chiaro a tutti, avvocati e cittadini, che non condivido minimamente la protesta dell’Anm». A dirlo è il giudice Andrea Mirenda, magistrato di sorveglianza presso il tribunale di Verona.

Dottor Mirenda, allora non sciopera?
Ma no, ci mancherebbe altro.

L’Anm è preoccupata dei possibili effetti della riforma Cartabia.
Guardi, l’Anm, a cui non sono più iscritto, dovrebbe fare solo una cosa: ringraziare il governo per lo scampato pericolo.

A cosa si riferisce?
È sparito il sorteggio ‘temperato’ per l’elezione dei componenti togati del Csm. Era l’unica riforma che andava fatta e che avrebbe tolto una volta per tutte il potere alle correnti della magistratura.

I politici hanno avuto paura di mettersi contro i magistrati?
Non so se abbiamo avuto paura o se ci sia stato un accordo. Il risultato finale è il che il solito asse politica-magistratura, quello che spadroneggia nelle procure ‘calde’, ha avuto la meglio e la proposta del sorteggio è stata ritirata.

Torniamo allo sciopero.
Per il sottoscritto si tratta di uno sciopero ‘pro forma’. Non ci sono minacce esterne. Io non vedo tutti questi ‘pericoli’.

I suoi colleghi, invece, dicono che con questa riforma trionferà il ‘conformismo’ giudiziario. I giudici, in altre parole, saranno terrorizzati dallo scrivere una sentenza che possa andare contro l’orientamento prevalente della Cassazione, rischiando così una sanzione perché potrà essere ribaltata nei successivi gradi di giudizio.
Ma quando mai. Voglio vedere chi avrà il coraggio di aprire un procedimento disciplinare ad un giudice che ha redatto una sentenza ben motivata e ben scritta. Anche se va contro quello che dice la Cassazione. Siamo seri, per favore.

Non ha paura delle pagelle?
Altra norma ridicola.

Abbiamo capito che lei non si sente minacciato ed in pericolo.
No, la minaccia al lavoro del magistrato esiste ed è quella delle correnti. Sono loro che gli creano problemi sotto il profilo dell’autonomia e dell’indipendenza.

Lei aveva firmato per i referendum sulla giustizia promossi dal Partito Radicale e dalla Lega.
Si, e lo rivendico. Firmai perché fin da subito avevo capito che la riforma voluta dalla ministra Marta Cartabia, e che doveva essere ‘epocale’, era invece il nulla assoluto. Una riforma che non avrebbe cambiato di una virgola la situazione attuale, continuando a lasciare il potere alle correnti all’interno del Csm per le nomine e gli incarichi. Ed infatti così è successo.

Perché da magistrato ha condiviso il quesito sulla separazione delle funzioni?
La realtà italiana non esiste in nessun altro Paese europeo. Siamo un caso unico. Ritengo che sia necessario un processo riformatore che ci avvicini agli altri Stati, da realizzarsi con una modifica alla Costituzione che preveda un pm soggetto soltanto alle legge e pienamente indipendente.

All’assemblea dell’Anm dello scorso fine settimana, invece, hanno rivendicato la comune “cultura giurisdizionale” fra pm e giudici.
Io dico da sempre che è un alibi, un inganno. Se i pm saranno indipendenti e soggetti solo alla legge non vedo quali problemi ci possano essere se si ‘staccano’ dai giudici.

I pm sono stati quelli che hanno spinto di più per lo sciopero.
I pm da sempre hanno un ruolo di primo piano nella vita associativa della magistratura.
Non è un caso che il presidente dell’Anm sia quasi sempre un pm e non un giudice. E questo anche se numericamente i pm sono molto meno rispetto ai giudici.

Oltre alla correnti, sotto il profilo normativo, che problemi ha la magistratura?
La ‘gerarchizzazione’. I magistrati secondo la Costituzione si distinguono solo per funzioni. Ma oggi non è cosi. Nelle procure c’è il procuratore che ‘comanda’ e i pm che sono sotto di lui. La gerarchizzazione è stata peraltro portata avanti dalla sinistra giudiziaria che per anni ne ha beneficiato. Il rimedio antigerachico è la rotazione degli incarichi direttivi e semi direttivi. E un rimedio rispettoso della dignità dei colleghi. E lo dice uno che è stato iscritto a Magistratura democratica e ha sempre avuto un approccio progressista e riformista.