La riforma della giustizia – diciamo così: la riforma della giustizia – è stata approvata dalla Camera dei deputati con il voto di tutta la maggioranza, salvo i renziani che si sono astenuti. Ora dovrà votare il Senato, ma l’esito è scontato. Cosa cambia da oggi nella macchina della giustizia? Niente. I magistrati si fingono molto arrabbiati, perché dicono che questa riforma è un attacco all’indipendenza della magistratura. I politici si dicono molto soddisfatti, perché dicono che dopo tanti anni sono riusciti finalmente a toccare la macchina della giustizia.

Gli uni e gli altri sanno benissimo che non sono vere nessuna delle due cose. La riforma lascia tutto immutato. Il potere delle Procure resta supremo e intatto. Nulla lo limiterà. L’indipendenza della magistratura non è neppure sfiorata. Il partito dei Pm, che minaccia lo sciopero, considera l’indipendenza della magistratura un meccanismo speciale che rende il potere della magistratura, e del singolo magistrato, assoluto e incontrollabile. In teoria non dovrebbe essere così. La Costituzione prevede l’equilibrio dei poteri e non dice che esiste un potere che dispone di tutti gli altri e che dispone anche, senza doverne rendere conto a nessuno, della vita e della libertà dei cittadini. E dunque, senza sfiorare nemmeno i principi della Costituzione, sarebbe possibile ridurre moltissimo l’attuale grado di incontrollabilità del potere giudiziario. E i magistrati non avrebbero nulla da protestare.

Comunque questa riforma non fa nulla di tutto ciò. Non tocca nessuno degli strumenti che sono nella mani dei magistrati (controllo totale della polizia giudiziaria, uso e abuso a volontà della carcerazione preventiva, non separazione delle carriere e dunque contiguità tra Pm e Gip, impunità, assenza di responsabilità civile, strapotere delle correnti). Il meccanismo di elezione del Csm, che in una prima bozza era stato appena appena modificato di qualche grammo, è tornato quello ben oliato che aveva organizzato Palamara. Le famose pagelle, che dovrebbero in qualche modo rendere valutabile il lavoro dei Pm, sono ampiamente aggirabili. Per il resto, zero assoluto.
I magistrati minacciano di scendere in sciopero per una ragione semplicissima: per dare l’impressione di essere arrabbiati e sostenere in questo modo che ormai una riforma radicale della giustizia è stata realizzata, che il potere della magistratura è azzerato e, quindi, da ora in poi non si tocca più niente. I magistrati sono terrorizzati dall’ipotesi che prima o poi passi una vera riforma della giustizia che ristabilisca i punti fermi dello Stato di diritto.

I politici invece fingono di avere fatto una riforma significativa per la semplice ragione che sanno di non poter andare oltre. Il motivo per il quale non possono andare oltre è oscuro, ma è così da diversi decenni. Probabilmente la ragione del tremebondo atteggiamento della politica è da ricercare nella potenza del gruppo, quasi militarizzato, che protegge le Procure: cioè il gruppo formato dall’alleanza ormai trentennale tra Procure e giornali. È questa l’alleanza che all’inizio dei novanta del secolo scorso spianò la prima repubblica in pochi mesi, mettendo in fuga i suoi massimi rappresentanti e mettendo in mora la democrazia. E ancora oggi è potentissima ed è in grado di sottomettere la grande parte dello schieramento politico. In particolare la sinistra, che da diverso tempo conta molto sulla magistratura.

E quindi? Le possibilità sono due. O ci rassegniamo. Cioè prendiamo atto di vivere in un sistema a democrazia e libertà molto diffusa, ma che accetta un limite invalicabile: lo strapotere di una piccola casta, di poche migliaia di persone, alle quali è assegnato un potere di sopraffazione. E di conseguenza la battaglia per la giustizia diventa la battaglia per ottenere che questa piccola casta sia il più possibile giusta e indulgente. Come quando gli avvocati si appellano alla clemenza della corte. Oppure troviamo vie di battaglia politica che aggirino le maglie strette delle reti del sistema politico. Per ora è stata trovata una sola via di battaglia: i referendum.

La Lega e i radicali sono riusciti a imporre cinque referendum il cui risultato può avere un valore straordinario. Se si ottiene il quorum e se vince il sì l’effetto di scassamento del fortino delle Procure sarà straordinario. E a quel punto, probabilmente, anche una parte della magistratura passerà sul versante dei riformatori. E la politica, inguattata, magari riprenderà coraggio e uscirà a guardar le stelle. È la madre di tutte le battaglie per la giustizia. Abbiamo un mese e tempo per vincerla. Magari non la vinceremo perché il nemico è fortissimo. Almeno combattiamola.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.