Eccolo qui, fresco fresco, il rettangolo di plastica che da anni mi viene recapitata di questi tempi. Il primo, a dire il vero, era di cartoncino, il profilo di una donna con il berretto frigio, firma di Angiolo Bandinelli: anno 1972. Poi è venuta la mitterrandiana rosa nel pugno, adottata da tutti i socialisti europei, dalla Scandinavia alla Grecia e il Portogallo, e “soffiata” a Bettino Craxi, che ripiega sul garofano; infine oggi l’effige di Gandhi, composta da mille lingue. Parlo della tessera di iscrizione al Partito Radicale. Fatti tuoi, penserà a questo punto un lettore. Magari anche no.

Quest’anno su una facciata campeggia la scultura di una Giustizia, con la sinistra regge la bilancia, uno spiedo con la destra, a difesa; sullo sfondo un carro armato, del fumo di esplosione, grattacieli che s’indovina sotto bombardamento; in inglese, francese, italiano: “Lo Stato di Diritto, per il diritto alla vita”. Tessera n.69, con una sfilza di firme: il segretario Maurizio Turco, il tesoriere Irene Testa; il presidente del Consiglio Generale Thay Makara; e altri quattro, della presidenza d’onore: Abdelbasset Ben Hassan, Tullio Padovani, Sam Tainsy e Giulio Terzi di Sant’Agata. Li avete mai sentiti parlare in qualche trasmissione televisiva? No? Non per un caso.

Una letterina d’accompagnamento: Turco e Testa ringraziano “per aver deciso di far vivere il Partito Radicale del 2022. Apprezziamo ancora di più la tua decisione perché comprendiamo le condizioni di vita di ciascuno visto che sono anche le nostre, sia del punto di vista personale che per quanto riguarda il Partito. Nonostante il silenzio che accompagna qualsiasi nostra iniziativa, proposta, lotta, noi non desistiamo, e se questo è possibile anche grazie al contributo tuo e di chi riuscirai a convincere della necessità ed urgenza di far conoscere le nostre idee, le nostre azioni. Grazie ancora, insieme ce la faremo”. Qui ci si sente in colpa: in politica sono ebreo osservante: pratico, ma sono totalmente incapace di qualsivoglia forma di proselitismo. Posso esprimere, con passione e anche con una certa precisione, le mie ragioni; ma fare appelli a iscriversi come sanno fare altre e altri, è qualcosa che non mi appartiene. E sì che proprio ora è il caso di dire, urlare: svegliaaa! Un svegliaaa! a tutti, noi per primi. Ci stanno fregando alla grande. Lì dalle parti del Fatto quotidiano, l’organo del Pig (Partito Immobilista Giustizialista) si stanno già leccando barba e baffi.

Il Consiglio dei ministri ha dato il suo via libera al cosiddetto “election day”, che avrà luogo il 12 giugno prossimo. Quella domenica, in un solo giorno, saremo chiamati a votare sia per le amministrative (là dove si dovranno appunto rinnovare), che per i referendum per una giustizia più giusta. “Sono contento perché votando insieme per referendum e sindaci si risparmiano 200 milioni di euro”, commenta il leader della Lega, Matteo Salvini; come spesso gli accade, mostra di non capire che gli hanno teso un trappolone, e lui ci casca dentro: Salvini, svegliaaa! D’accordo, c’è la guerra in Ucraina che catalizza la nostra attenzione: per la guerra in sé, combattuta praticamente alle porte di casa; e per gli effetti disastrosi non solo umani, ma anche economici, che paghiamo e pagheremo tutti. Prima della guerra c’era un’altra devastazione: quella provocata dal Covid. Anche qui con un prezzo elevatissimo di sofferenza, dolore, morte di persone e pesantissime implicazioni economiche (non che sia finita, peraltro).

Fatto è che, tra una cinquantina di giorni appena, saremo chiamati a esprimerci con un “Sì” o con un “No” su una serie di referendum in materia di giustizia; nella pressoché totale assenza di informazione e conoscenza. Nessun dibattito, nessun confronto, neppure una didascalica e asettica “descrizione” dei quesiti. “Conoscere per deliberare” è il fondamentale precetto che ci ha lasciato un grande presidente della Repubblica: Luigi Einaudi, in quella straordinaria raccolta di suoi scritti che sono Le prediche inutili. Svegliaaa!: questo precetto è clamorosamente disatteso. Si assiste a una pervicace e dolosa volontà di tenere all’oscuro i cittadini. Gli avversari dei referendum puntano e giocano le loro carte su questo: astensione di massa, in modo che venga meno il quorum, e i quesiti “saltano” automaticamente.

Fosse una sconfitta del Partito Radicale e della Lega, poco male: si leccheranno le ferite, e poi avanti come si sa, come si può. Il fatto è che sarà soprattutto la sconfitta di chi aspira a una giustizia più giusta; il trionfo del giustizialismo più becero; la vittoria del “troncare e sopire, sopire e troncare”; del “quieta non movere” così caro al Pig, che non vuole rinunciare a una sola oncia di potere; anzi lo vuole accrescere. Dite, per esempio, dove si è mai visto che la magistratura associata minacci uno sciopero per contrastare un preciso diritto-dovere del Parlamento, quello di varare leggi. È quello che accade per la blanda riforma del ministro Marta Cartabia. Vogliono affossare i referendum facendo mancare il quorum. Per questo non vogliono dibattito, confronto, conoscenza, consapevolezza. Così la Giustizia continuerà a (non) essere amministrata come sempre; i processi continueranno a durare come durano, con i loro tempi esasperanti; innocenti dovranno continuare a dannarsi l’anima prima di vedersi riconosciuto che “il fatto non sussiste”; il mercimonio oggi battezzato come “metodo Palamara” proseguirà con altri attori e protagonisti.

Appena una manciata di giorni ci separa dal 12 giugno; è in corso uno sfacciato, pervicace attentato al diritto dei cittadini di conoscere; il servizio pubblico radiotelevisivo, con dolo, viene meno al suo dovere di garantire e assicurare conoscenza, il diritto del cittadino di averla. Si consuma sotto i nostri occhi una vera e propria truffa. Mai come in questo caso, l’inerzia, la passività equivale a complicità. Occorre rompere le uova nel paniere, prima che ci servano una letale frittata. L’ho detto prima: non sono bravo nel convincere a iscriversi al Partito che lotta per impedire che tutto ciò accada; so solo gridare: svegliaaa!