La generazione Z dei clan e delle paranze
Mafia, boss influencer reclutano sui social: dalla trap alle emoticon. I nuovi simboli della malavita online

Da boss a influencer il passo è breve. I social vengono utilizzati per creare nuove narrazioni e per brandizzare la reputazione dell’organizzazione. Ma anche per ottenere consenso e sfidare i nemici. Sono solo alcuni dei risultati emersi dal rapporto “Le mafie nell’era digitale”, stilato dalla Fondazione Magna Grecia e presentato nella sala stampa della Camera dei Deputati.
I nuovi boss – E’ in corso una sorta di darwinismo criminale: chi non si adegua alle nuove tecnologie e all’uso dello spazio digitale, rischia di scomparire. “La modalità operativa delle mafie è sempre più ibrida, ormai la criminalità organizzata agisce sia online sia offline.” si legge nel rapporto – “Raccontano i nuovi linguaggi della criminalità organizzata sui social e confermano la capacità delle mafie di reinventarsi continuamente in base alle esigenze del presente. E di progredire, man mano che il digitale prende la scena facendo cadere i confini tra il reale e il virtuale”.
“Dopo una prima fase in cui la le mafie usano i social in modo quasi ludico, anche nel mondo criminale subentra una maggiore consapevolezza del mezzo. Che diventa luogo di sponsorizzazione e comunicazione con gli affiliati così come con i nemici. Fino ad arrivare, con lo sbarco in Rete della nuova generazione criminale, alla creazione dell”interreale mafioso”.
La generazione Z dei clan e delle paranze – Sta cambiando il volto delle organizzazioni criminali, mostrando quanto sia necessario saper gestire, come veri e propri influencer, la scena digitale per ottenere consenso ed essere riconoscibili in quanto mafiosi all’interno di una società in cui informazione e consumi rendono tutti uguali. “Solo attraverso una reale presa di coscienza di questa situazione e ad una conoscenza approfondita e strutturata di questo contesto è possibile costruire risposte che si radichino nella cultura comune”, afferma il presidente della Fondazione Magna Grecia, Foti.
Dalla trap al neomelodico – Dal rapporto, che ha processato 20mila commenti a video YouTube, 90 GB di video TikTok – per un totale di 11.500 video – e 2 milioni e mezzo di tweet, emergono diversi dettagli estrapolati dai social sul linguaggio delle mafie. Dalla musica trap al neomelodico, dalle macchine extra-lusso ai gioielli kitch, dalla “presta libertà” dedicata a chi è in galera affinché veda presto la luce del sole, alla mitizzazione dei grandi boss del passato, dagli emoticon a forma di cuore o di leone, di fiamma o di lucchetto per dimostrare sentimento, coraggio, e omertà, agli hashtag per inserirsi nella scia dei contenuti virali su social network come Facebook, Instagram, Twitter e oggi soprattutto Tik tok.
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