Il momento tanto atteso è finalmente giunto: il governo è pronto con la sua proposta di riforma della magistratura e del Csm. Alleluia. Ad annunciare la lieta notizia è stata la ministra della Giustizia Marta Cartabia ieri al termine della visita alla Corte d’appello di Roma. Si tratterà di una riforma che sosterrà il “bisogno di rinascita” della magistratura, dopo gli scandali che l’hanno investita. Perché se è vero che è fondamentale una reazione delle toghe, il Ministero è pronto a offrire «una cornice normativa per quello che riguarda l’organo di autogoverno che tolga gli alibi di fronte a certi comportamenti che tanto hanno deturpato l’immagine della magistratura, che non merita di essere rappresentata secondo quanto alcuni fatti di cronaca ci hanno consegnato».

In attesa di capire quali saranno le soluzioni trovate a via Arenula per uscire dal pantano, anche il capo dello Stato ha sentito il bisogno di intervenire nuovamente al riguardo. «La riforma del Csm non è più rinviabile», ha affermato sempre ieri Sergio Mattarella intervenendo alla cerimonia per i dieci anni dalla Scuola superiore della magistratura di Scandicci. Nel mirino di Mattarella, come da due anni a questa parte, sempre lo strapotere delle correnti. «L’attività del Csm, sin dal momento della composizione, deve mirare a valorizzare le indiscusse professionalità su cui la magistratura può contare», ha detto Mattarella, «senza farsi condizionare dalle appartenenze e dedicando particolare attenzione anche alla promozione della parità di genere». Serve, allora, una riforma del Csm «che sappia sradicare accordi e prassi elusive». Il capo dello Stato ha anche fatto un richiamo al rispetto delle regole deontologiche delle toghe che devono valorizzare «l’imparzialità e l’irreprensibilità delle condotte individuali, rifuggendo dalle chiusure dell’autoreferenzialità e del protagonismo».

«Le vicende registrate negli ultimi tempi nell’ambito della magistratura», ha infine insistito Mattarella, «non possono e non devono indebolire l’esercizio della “funzione giustizia” – essenziale per la coesione di una comunità – attività svolta quotidianamente, con serietà, impegno e dedizione, negli uffici giudiziari». Insomma, tante belle parole. Al momento, però, dallo scoppio del Palamaragate, l’unica bozza di riforma è quella contenuta nella relazione della Commissione presieduta dal decano dei costituzionalisti, il professore romano Massimo Luciani. La Commissione, voluta dalla Cartabia, ha elaborato un nuovo sistema di voto di tipo proporzionale per i componenti togati del Csm. Un meccanismo che, a detta di molti, darebbe però ancora più potere alle correnti. Quindi non risolverebbe i problemi. Escluso, invece, il sorteggio “temperato” proposto dai capigruppo di Forza Italia, Pierantonio Zanettin, e della Lega, Roberto Turri, in commissione Giustizia alla Camera.

Tutte queste discussioni, comunque, rischiano di arenarsi davanti al calendario. A maggior ragione se si dovesse andare a elezioni anticipate. «A novembre spero possa essere discussa e votata dall’aula», aveva detto il vice presidente del Csm David Ermini a proposito della riforma. Trattandosi di una legge delega dopo la sua approvazione serviranno i decreti attuativi e il Csm dovrà predisporre un nuovo regolamento interno, soprattutto in caso di aumento dei suoi componenti. La prossima settimana inizierà alla Camera la discussione sulla sessione di bilancio. Da quel momento non potranno essere votate leggi che prevedono, come nel caso della riforma del Csm, nuovi impegni di spesa. Siamo oltre la zona Cesarini. Sarebbe comunque una beffa se dopo gli scandali che hanno travolto la magistratura e il suo organo di autogoverno in questi anni non cambiasse nulla. «La riforma è pronta e sarà stata approvata in pochi giorni», aveva detto l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede all’indomani dello scoppio del Palamaragate. Rileggendo questa dichiarazione a quasi due anni e mezzo di distanza non si può che sorridere.