Ci chiamano piagnoni, terroni, nullafacenti, approfittatori. Poi in piena emergenza coronavirus inglesi, americani e cinesi elogiano il lavoro dei ricercatori napoletani e dal nord Italia più di una persona inizia a storcere il naso iniziando così a gettare fango sul capoluogo campano e più in generale sul Sud Italia.

E’ partito tutto dal virologo Massimo Galli, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, tra i primi esperti a sottovalutare il virus lo scorso febbraio. Con la Lombardia in ginocchio per la pandemia covid-19, Galli ha trovato il tempo di attaccare in diretta televisiva il collega Paolo Ascierto, direttore della Struttura Complessa Melanoma e Terapie Innovative dell’istituto dei tumori Pascale di Napoli, dandogli del “provinciale” perché infastidito dall’eccessivo risalto che stava avendo il protocollo napoletano, poi avallato dall’Aifa, relativo al trattamento del farmaco anti-artrite Tocilizumab, che da settimane a questa parte sta dando ottimi risultati, ricevendo elogi in tutto il mondo e richieste di sperimentazione da più parti in Italia.

Dopo Galli ci ha pensato il tg satirico di canale 5 Striscia la Notizia ad attaccare il prof Ascierto, accusando di aver copiato un trattamento già sperimentato in Cina. Un servizio fazioso che ha scatenato polemiche e portato lo stesso medico campano e l’Istituto Pascale di Napoli a querelare la trasmissione.

A distanza di qualche settimana ci ha pensato il giornalista Enrico Mentana, direttore del Tg La7 ed editore del quotidiano online Open, a gettare ombre su Napoli e i napoletani. E’ bastato un post relativo a un articolo del suo giornale, che riprendeva un servizio girato da Sky News inglese sull’ospedale Cotugno di Napoli, definito “il migliore in Italia per l’emergenza coronavirus“, per scatenare il putiferio. Mentana nel commentare la notizia si è così espresso: “A Napoli c’è anche un’eccellenza“. Un precisazione fuori luogo.

A Mentana, così come al virologo Galli e a Striscia, rispondiamo pubblicando la lettera di Francesca Sabella, 27enne napoletana:

Vede caro direttore Mentana ci avete accusato di provincialismi e di aver voluto a tutti costi attribuire il merito della cura sperimentale al Prof Ascierto, merito che tra le altre cose gli appartiene, ma non ha esitato un attimo a usare la parola “anche” nel suo post. Da un giornalista del suo calibro non accetto la più banale delle giustificazioni: “è solo una parola”. Perché lei vive di parole e sa perfettamente dove collocarle, sa inoltre che la posizione che occupano cambia il senso di un’intera frase. Ma questo non devo certo spiegarglielo io. I nostri vicini nordici ci hanno detto che facevamo ancora distinzione tra nord e sud e che invece si doveva parlare di meriti italiani. Bene. Allora dovreste essere tutti felici dell’eccellenza italiana e del fatto che si trovi a Napoli non dovreste certo farvene un cruccio. Siamo tutti italiani no? Oppure il problema è che ora la vecchia canzoncina che Napoli è “sole, pizza e mandolino” non potete più cantarla?
Lei mi dirà che noi siamo i primi a lamentarci delle cose che non funzionano a Napoli, e le do ragione. Ma sa, ogni genitore si lamenta del proprio figlio però guai se lo fa una persona estranea. Quindi le risparmio l’attacco scontato. Concludendo questa breve lettera di risposta al suo post, la pregherei se non di scusarsi, quanto meno di spiegare la sua frase. La leggeremo quando non saremo impegnati a lavorare e a dare l’esempio al resto dell’Italia, e ora che anche l’Inghilterra guarda a noi come modello, capirà che abbiamo ancora meno tempo da dedicare a chi ha voglia di ironizzare sul Mezzogiorno. Una melodia antica ormai, che onestamente, perdonerà l’uso del mio dialetto “ce simme sfasteriati ‘e sentì”.

Cordiali saluti

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