È il mistero giudiziario degli ultimi anni: chi ha voluto che Carlo Maria Capristo diventasse procuratore di Taranto? Sono almeno tre le Procure che, a vario titolo, stanno indagando sulla nomina di Capristo, avvenuta nella primavera del 2016, a capo dei pm tarantini: Perugia, Roma, Potenza.

I primi ad accendere i riflettori su questa nomina furono i magistrati di Perugia. Nel fascicolo per corruzione aperto nel 2018 nel capoluogo umbro nei confronti dell’ex zar delle nomine Luca Palamara, il nome di Capristo compare a seguito delle dichiarazioni dell’avvocato Giuseppe Calafiore, collega di studio di Piero Amara, l’avvocato siciliano ideatore del “Sistema Siracusa” ed esponente di punta della “Loggia Ungheria”. Capristo, allora procuratore di Trani, sarebbe stato convinto da Amara a fare domanda per la Procura di Taranto, vacante dopo il pensionamento di Franco Sebastio. La presenza di Capristo a Taranto serviva, secondo gli inquirenti, per gestire le vicende relative all’Ilva, dove Amara aveva degli interessi importanti.

Amara, pur non avendo alcuna nomina, partecipava agli incontri fra la Procura di Taranto e i legali di Ilva in amministrazione straordinaria. A seguito di questi incontri, nel 2017 venne avanzata la proposta di patteggiamento che avrebbe dovuto consentire alla società, gestita dai commissari straordinari Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi, di uscire dal maxi processo “ambiente svenduto”. Il patteggiamento sarà, però, bocciato dai giudici.
Calafiore, durante il suo interrogatorio, affermò di non aver mai saputo con chi si relazionasse Amara per raggiungere l’obiettivo al Consiglio superiore della magistratura, limitandosi a dire che aveva rapporti “con mezzo Csm”. I riferimenti di Amara, comunque, sarebbero stati Palamara e il giudice Cosimo Ferri, deputato di Italia viva, ex Pd, già leader di Magistratura indipendente. Con il primo Amara avrebbe parlato tramite il faccendiere laziale Fabrizio Centofanti, con il secondo direttamente. Ferri, che era sottosegretario alla Giustizia quando venne nominato Capristo, aveva poi smentito questa ricostruzione, dichiarando di non aver mai avuto il cellulare di Amara. A Palamara, invece, non venne fatta alcuna contestazione formale sul punto.

Dopo Perugia venne, nel 2019, il turno di Roma con l’entrata in scena questa volta, insieme al solito Amara, di Filippo Paradiso, un agente di polizia distaccato presso i Ministeri. Quest’ultimo, secondo i pm della Capitale, sfruttando la propria rete di relazioni istituzionali, avrebbe condizionato le nomine al Csm. Venne aperto un procedimento nei confronti di Amara e Paradiso e fu tirata in ballo anche l’attuale presidente del Senato ed ex componente del Csm Elisabetta Casellati. Quest’ultima, però, come Ferri, smentì seccamente. E arriviamo, infine, alla Procura di Potenza dove a far compagnia ad Amara ci sono sia Capristo che Paradiso. Per il procuratore di Potenza Francesco Curcio, che lo scorso giugno ha arrestato Amara e Paradiso, il poliziotto sarebbe stato una sorta di “alter ego” di Capristo.

Una vicinanza “non solo dal punto di vista amicale”, dal momento che “era anche un punto di riferimento di Capristo nello sviluppo del suo circuito relazione in ambienti anche istituzionali e della sua carriera”. Paradiso, secondo l’accusa, avrebbe poi fatto conoscere Capristo ad Amara. «Paradiso e Capristo hanno fatto carte false per raggiungere la posizione di Procura (…) Paradiso ha certamente un sistema di relazioni importanti. Io contatti diretti con Capristo non ne avevo, passavo sempre da Paradiso», aveva dichiarato a verbale Amara, che si sarebbe successivamente avvantaggiato delle intermediazioni del poliziotto pagandogli qualche biglietto aereo ed alcuni pranzi. Il ruolo di Paradiso come king maker delle nomine sarebbe stato limitato.

Per gli incarichi importanti, puntualizzò Amara, avrebbe avuto altri interlocutori. Dopo questa deposizione Amara era stato scarcerato. Diverso destino per Paradiso che si trova ancora ai domiciliari: evidentemente non ha fornito i nomi dei suoi referenti al Csm. In attesa di nuovi sviluppi, giunti a questo punto una domanda è d’obbligo: i consiglieri del Csm che nel 2016 votarono Capristo procuratore di Taranto saranno stati a conoscenza delle manovre di questi faccendieri?