Due episodi risalenti al 2017 e al 2019. In uno rimase ferito un passeggero, in un altro un dipendente. La pista per bob sullo stesso pendio del Mottarone, in provincia di Verbanio Cusio Ossola, Piemonte, dove domenica 23 maggio si è verificata la strage che è costata la vita a 14 persone, un solo sopravvissuto, il piccolo Eitan. Per quei due episodi, incidenti, sulla pista per bob Alpyland risulta sotto inchiesta Luigi Nerini, indagato per la strage della funivia.

A far emergere il particolare diversi organi di stampa. Nerini è il gestore della funivia Stresa Mottarone. La pista per bob è gestita da un’altra società di Nerini. Il dettaglio emerge dalla convalida del fermo che era stata presentata dalla pm Olimpia Bossi. Nessun collegamento con l’incidente del 23 maggio. I magistrati sottolineavano però “la già dimostrata insofferenza ad uno scrupoloso rispetto delle misure di sicurezza volte a tutelare l’incolumità degli utenti di tale genere di impianti”.

Il reato in quel caso ipotizzato era stato quello di lesioni colpose. Il socio di Nerini nella gestione di Alpyland avrebbe preso le distanze dall’imprenditore, riporta Il Corriere della Sera, indagato per divergenze sulla gestione dell’impianto di “rollercoaster”.

Si precisa che comunque la convalida del fermo presentata dai pm è stata rigettata dalla gip Donatella Banci Buonamici. Zero indizi contro Nerini e contro Enrico Perocchio, ingegnere e direttore di esercizio della funivia. Entrambi sono in stati rimessi in libertà. Ai domiciliari soltanto Gabriele Tadini, capo servizio dell’impianto. “Nulla è stato aggiunto al quadro esistente al momento della richiesta e che, al contrario, il già scarno quadro indiziario sia stato ancor più indebolito”. Smantellato quindi l’impianto accusatorio.

Secondo il gip Tadini disattivando il sistema frenante di emergenza tramite i forchettoni, o divaricatori, avrebbe messo in atto una “condotta scellerata, della quale aveva piana consapevolezza, posta in essere in totale spregio della vita umana con una leggerezza sconcertante”. I forchettoni, secondo testimonianze di alcuni operai, erano stati applicati già dall’inizio della stagione, lo scorso 26 aprile. “Vi era infatti un problema all’impianto frenante della cabina numero 3, per cui era stato richiesto l’intervento di una ditta specializzata, che però non aveva risolto il problema – hanno dichiarato citati da AdnKronosLa cabina numero 3 era solita circolare con i ceppi inseriti già da parecchio tempo, per evitare l’inserimento del freno d’emergenza durante la corsa e impedire così il funzionamento dell’intero impianto“.

La tv tedesca Zdf ha diffuso immagini di un video-amatore in cui si vedono forchettoni inseriti, con le cabine piene in funzione, già anni fa. Le registrazioni risalgono al 2014, al 2016 e al 2018. Sono state inviate alla Procura di Verbania. Questo impiego massiccio avrebbe potuto usurare la fune traente che si è spezzata il 23 maggio intorno a mezzogiorno provocando il grave incidente. Proprio nel 2014 la linea fu chiusa per un intervento finito soltanto nel 2016.

Tadini ha replicato che prima di quest’anno i forchettoni erano stati adoperati per il giro a vuoto o per la manutenzione, “mai con gente a bordo”, secondo quanto riferito in un documento affidato dal legale Marcello Perillo. “Se in cabina si vedono delle persone si tratta di addetti alla funivia o manutentori”. L’avvocato ha anche detto che è stata vietata la ricognizione a lui, con due consulenti, nell’inchiesta sull’incidente. “Noi andremo lo stesso e vedremo cosa potremo fare. Ma sono molto risentito”. Probabilmente lunedì prossimo si terrà un lungo sopralluogo in vetta. La rimozione della cabina sarà il primo degli atti irripetibili e di quelli più delicati per la ricostruzione tecnica dell’accaduto.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.