«Napoli è la culla dei talenti sportivi, ma i campioni hanno bisogno di impianti adeguati: Comune, Regione e privati devono lavorare insieme per promuovere lo sport e preservare le strutture sportive. E ai ragazzi dico: non dovete per forza andare alle Olimpiadi, ma dovete essere persone sane e in grado di lavorare bene». Ne è convinto Massimiliano Rosolino, conduttore televisivo con un passato da nuotatore, che con il Riformista analizza le prospettive dello sport partenopeo alla vigilia delle elezioni comunali.

Sei atleti napoletani sul podio delle Olimpiadi di Tokyo 2020: che cosa significa per la nostra città?
«È la conferma che il nostro territorio è una fucina di talenti e di campioni. Sapere che a Napoli ci sono dei ragazzi che dedicano la vita allo sport è meraviglioso. Particolarmente significativo l’exploit al femminile: Irma Testa ha dimostrato che il pugilato, che sembrava un’arte riservata agli uomini, è appannaggio di tutti. È stata un’emozione storica. L’Italia non aveva mai vinto 40 medaglie e quei sei napoletani premiati confermano che la nostra è una terra che ama lo sport».

Eppure, secondo le statistiche, in Campania solo il 17% della popolazione sopra i tre anni pratica sport.
«È un dato allarmante perché i ragazzi che non frequentano strutture sportive non giocano a calcio o a pallavolo per strada come succedeva anni fa. Ora stanno chiusi in una stanza a non fare niente. E a questo proposito vorrei sottolineare un concetto: non è che uno debba fare sport per diventare un campione a tutti i costi. Non è questo l’obiettivo dello sport perché, se è vero che solo uno su mille ce la fa, gli altri 999 saranno sicuramente persone sane, capaci di lavorare meglio, di concentrarsi di più e di fare la differenza nel nostro sistema economico. Un bambino che fa sport è più acuto, non si addormenta a scuola, è più competitivo, è di buon umore. Chi fa sport diventa una persona sana ed è questo l’obiettivo. E soprattutto un ragazzo che fa sport in età adolescenziale, difficilmente si caccerà nei guai perché capisce le regole, rispetta la famiglia e gli amici».

E in un territorio come il nostro, dove si registra il 30% di dispersione scolastica tra i giovanissimi, promuovere lo sport risulta fondamentale…
«Assolutamente sì. Lo sport può aiutare tantissimo il sistema scolastico. Un bambino che si impegna nello sport, lo farà anche in classe: capirà meglio cosa vuol dire credere in qualcosa e come si fa a raggiungere un obiettivo sia in acqua, per esempio, sia in classe. Un ragazzino che fa sport e va a scuola è partecipe, una volta che è partecipe, diventa competitivo e, una volta che è competitivo, cerca di vincere. Questo è il modus vivendi che insegna lo sport. Aggiungo che il sistema scuola va riformato».

In che modo?
«Mi piacerebbe che i bambini, dopo ogni ora di lezione, stessero in piedi per dieci minuti, per tenere alta la concentrazione che altrimenti non riescono a tenere. E poi lo sport deve acquistare un ruolo centrale all’interno della scuola: il pomeriggio deve essere impegnato con l’attività fisica e non con compiti su compiti, altrimenti la scuola diventa un “parcheggio” per i ragazzini e non un luogo stimolante. Mi rendo conto, però, che negli ultimi anni si fa più fatica a fare sport e a emergere perché la competizione ha bisogno di strutture e non tutti i ragazzi hanno la possibilità di allenarsi a Napoli».

Napoli spende meno di tutte le grandi città italiane per sport e tempo libero: appena 3,33 euro pro capite. Poco, no?
«Certo che è poco. Proprio adesso, a fine agosto, ci sarà una manifestazione alla quale parteciperanno dei campioni, ma non basta. Da quando ci sono state le Universiadi – parliamo di due anni fa – non abbiamo cavalcato l’onda della promozione sportiva. Le strutture sportive sono state realizzate e potenziate bene, però di iscrizioni se ne sono viste poche. Manca la volontà di promuovere lo sport. Credo che manchi una ponte che faccia da collante tra l’idea e la concretezza. Quando ho vinto le Olimpiadi, sul podio con me c’erano altri napoletani: siamo sempre stati talentuosi, ma abbiamo bisogno di strutture adeguate che vengano continuamente manutenute e potenziate».

E invece a Napoli ci sono decine di strutture sportive abbandonate. Quale strategia suggerisce?
«Bisogna investire e investire vuol dire crederci, credere nei valori dello sport e nei campioni di casa nostra. Penso che per rimettere a nuovo le tante strutture sportive che oggi sono in condizioni degradate ci voglia una sinergia tra pubblico e privato. Il problema è che a un privato o gli si danno le chiavi della struttura per trent’anni oppure, alle condizioni attuali, con un pubblico molto debole, l’imprenditore non investe. Poi c’è senz’altro bisogno di agevolazioni. E ancora, bisogna sostenere lo sport che è stato messo in ginocchio negli ultimi due anni, anche a causa del Covid. La soluzione è la sinergia tra pubblico e privato, ma sono Regione e Comune che devono iniziare a stanziare milioni ogni anno per lo sport e la manutenzione delle strutture. Tra l’altro, è quello che ci insegna lo sport: collaborare e non approfittare di quello che al momento è più forte».

Quando parla di agevolazioni si riferisce agli imprenditori o alle famiglie?
«Agli imprenditori, perché io sono uno che va contro corrente e crede che si debba pagare per fare sport. Altrimenti gli impianti falliscono. Il maestro di nuoto o di tennis o di qualsiasi altro sport non può essere sempre aggiornato se viene pagato una miseria».

Tra poco Napoli eleggerà il nuovo sindaco. C’è un candidato che le piacerebbe vedere alla guida della città?
«Non ho preferenze, vorrei un sindaco capace di intendere lo sport come il “vaccino del futuro”. Quindi ai candidati lancio solo un appello: parlate di sport perché questo vuol dire occuparsi della salute dei cittadini».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.