Osservatorio napoletano
Davide Tizzano: “Mare e impianti negati, patto tra pubblico e privato per rilanciare lo sport”

Che opinione ha della città?
«Napoli è una città complicatissima perché è fatta di substrati, difficile da amministrare e da gestire anche per le forze dell’ordine. È composta da tanti pezzi che non dialogano tra loro, Ognuno vive in una piccola oasi, quindi isolato dal resto. Indubbiamente ha sofferto negli ultimi dieci anni».
Cosa pensa dell’amministrazione de Magistris?
«Non ha certo brillato per iniziative eclatanti, a parte la pedonalizzazione del lungomare. In questi anni si è pensato più a tirare a campare che a dare una vera sterzata alla città. Ovunque potare gli alberi e lavare le strade, o far rispettare il codice della strada è normale, qui è un miracolo. L’emblema della città è la collina di Posillipo, ridotta a un luogo di guerra: lì sembra di stare in Siria, tra alberi caduti e strade dissestate. E parliamo della zona più bella della città, non oso immaginare in quali condizioni versino i quartieri periferici. Il sindaco ha sempre lamentato una scarsa disponibilità di denaro, ma quando ha deciso di amministrare Napoli sapeva di non essere a Montecarlo: avrebbe dovuto pensarci prima e non lamentarsi dopo».
E l’amministrazione guidata da de Magistris è anche quella che spende meno per lo sport e il tempo libero…
«Un euro investito nello sport fa risparmiare tre euro in sanità pubblica. Non lo dico io, ma le statistiche. Ciò vuol dire che, se metto in funzione le piscine, le piste di atletica e i campi da calcio, formerò atleti che difficilmente si ammaleranno e graveranno sulla sanità pubblica».
In città ci sono decine di strutture sportive abbandonate: quale strategia suggerisce?
«Per poter fare sport servono gli impianti e per gestire gli impianti serve un rapporto equilibrato tra pubblico e privato: se un’amministrazione è competente, lavora per agevolare il privato che si impegna a gestire la cosa pubblica. Non si può pensare che un privato da solo possa sostenere l’azione del pubblico, soprattutto se parliamo di sport sociale. A Napoli c’erano delle iniziative interessanti, ma l’amministrazione è totalmente incapace di far funzionare una macchina complessa come quella dello sport e sono stati fatti degli errori madornali».
A cosa si riferisce?
«Invece di agevolare le associazioni sportive, soprattutto quelle che facevano un enorme lavoro sociale sul territorio, il Comune ha ben pensato di aumentare di dieci volte i canoni di locazione. Non ha certo favorito lo sport. Quando c’è stata la possibilità di sostenere grandi eventi sportivi come le Universiadi, di fatto il Comune di Napoli ha fatto poco e niente. Lo sforzo è stato della Regione che ha ristrutturato impianti sportivi che ricordo essere di proprietà comunale. Non si è brillato certo per efficienza».
Ci sono ancora edifici inutilizzati: il Collana o lo sferisterio, per esempio…
«Sono strutture che gridano vendetta. Nel caso del Collana, è allucinante che un impianto che si trova al centro della città non funzioni. C’è anche il Palargento che è abbandonato. Napoli è forse l’unica città italiana con più di un milione di abitanti a non avere un Palazzetto dello Sport. Dalle nostre parti è troppo complicato mettere su un impianto sportivo».
Perché?
«Perché qui si costruisce anche una struttura, ma il problema è gestirla. Si rischia di sprecare il denaro pubblico e in città manca proprio questa attitudine, cioè quella a fare sinergia. Ognuno tira acqua al proprio mulino e si accontenta di poco e niente. Si fa fatica a fare squadra. A questo aggiungiamo un’amministrazione che, invece di favorire la collaborazione, crea problemi. Oggi non gestirei mai insieme con il Comune un impianto: non saprei con chi interfacciarmi, figure e budget sono ridicoli. Questo perché l’amministrazione guidata da de Magistris non è stata in grado di generare valore. Vorrei chiedergli quando ha inaugurato l’ultimo campetto di calcio e non a Scampia, che ormai è diventata il simbolo delle campagne elettorali: praticamente, oggi, se non nasci a Scampia non abiti veramente in periferia. La risposta alla mia domanda, comunque, è “mai”».
Lei è stato l’ideatore di varie iniziative, in una di queste ha portato il canottaggio alla Reggia di Caserta. Cos’altro si potrebbe fare?
«Abbiamo la fortuna di avere il mare che è una palestra a cielo aperto, ma qui il mare è negato. Avvicinare i ragazzi al mare sarebbe già un punto di partenza, ma tra il sistema delle concessioni e i cavilli burocratici, di fatto Napoli è una città che non dispone di spiagge. Oggi i circoli privati si occupano di far crescere i talenti e i ragazzi che valgono non pagano per allenarsi. Si dovrebbero creare sinergie che vadano in questa direzione».
Ora arriveranno i fondi del Recovery: su quali progetti punterebbe?
«Sicuramente riqualificherei Bagnoli. In quell’area bisogna valutare il tasso di inquinamento e poi bonificare. È l’unico spazio che può diventare un vero polmone per la città. Creerei un mix tra attività produttive legate alla nautica e allo sport e attività connesse al sociale. I privati dovrebbero investire per loro e per sostenere la collettività».
In autunno ci sarà un cambio ai vertici di Palazzo San Giacomo: che sindaco immagina?
«Vorrei una persona di alto profilo che sappia formare una squadra di persone competenti. Oggi prevale la “mediocrazia”. I candidati difficilmente parlano delle loro competenze, si impegnano a fare una bella foto da mettere sui manifesti e stop. Il merito dovrebbe venire prima del partito. Vorrei che i candidati parlassero di cosa sanno fare e di cosa vogliono fare. Bisogna essere giudicati per quello che si vale e non per la presunzione di merito».
© Riproduzione riservata