Se palestre e piscine non sono state chiuse – in virtù di un ultimatum di una settimana, perché “mi dicono”, “abbiamo notizie varie e contrastanti”, “ci giungono notizie” sul rispetto o meno delle norme, come ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte anticipando il dpcm del 18 ottobre – è stato solo per il Comitato Tecnico Scientifico. Che ha deciso di non decidere. Perché l’organo è diviso: non ha difeso lo sport e le strutture, un indotto da 2,3 miliardi di euro, in virtù di un protocollo e di regole anti-contagio. La chiusura è stata scongiurata, o soltanto rimandata, in virtù di una spaccatura che si allarga proprio in questo momento di grave emergenza: dietro il caso delle palestre e delle piscine, insomma, c’è un Cts diviso tra rigoristi e tolleranti.

Gli attriti sono esplosi domenica, poche ore prima del punto stampa del premier, come ricostruisce il Corriere della Sera. Palazzo Chigi chiede agli esperti un parere sulla chiusura di palestre e piscine. Sul caso si discute da giorni, senza accordo. Anche i ministri sono divisi: quello della Salute Roberto Speranza e dei Beni Culturali Dario Franceschini sono per la serrata; il titolare dello sport Vincenzo Spadafora con i colleghi degli Affari regionali Francesco Boccia e dell’Agricoltura Teresa Bellanova sono per tenere aperte le attività. Parte la tavola rotonda del Comitato: Achille Iachino, con uno dei direttori generali della Salute, è per la chiusura con Goffredo Zaccardi, capo gabinetto di Speranza; il presidente dell’Istituto Superiore della Sanità Silvio Brusaferro; il direttore del Consiglio Superiore Franco Locatelli; il direttore scientifico dello Spallanzani di Roma Giuseppe Ippolito, il direttore del dipartimento di Medicina dell’Inail Sergio Iavicoli.

Il coordinatore Agostino Miozzo fa notare che è stato proprio il Cts ad approvare, lo scorso maggio, i protocolli di sicurezza e quindi auspica più controlli. “Se chiudiamo le palestre, come facciamo a lasciare aperte le sale Bingo?”, lamenta Fabio Ciciliano. Contro la chiusura anche il professor Ranieri Guerra, il primario di anestesia del Gemelli Massimo Antonelli, l’ispettore della Sanità militare Nicola Sebastiani. Ecco che quindi si scegliere di non scegliere: il parere finale esprime l’importanza dello sport ma anche la tutela della salute e il contrasto alla pandemia. E quindi: ultimatum. Tra una settimana: dentro o fuori, tutti. A prescindere dal rispetto delle norme o meno.

Il Cts tornerà a riunirsi nel frattempo. E dovrà convincere, a questo punto, di essere un organo compatto e concreto per affrontare la prossima evoluzione, annunciata come ancora più preoccupante, della pandemia. Il Comitato in passato era stato criticato in diverse occasioni: solo la settimana scorsa Andra Crisanti, virologo dell’Università di Padova e ideatore del “modello Veneto”, come l’organo manchi di supporto tecnico-scientifico: è incredibile che non ci siano esperti del mondo accademico come avviene in tutti i Paesi del mondo. Invece ci sono esperti che l’epidemia l’hanno vista in televisione, non hanno visto come si combatte contro il contact tracing e gli effetti delle misure”. Alberto Zangrillo, primario di Anestesia e Rianimazione del San Raffaele di Milano, aveva accusato di Roma-centrismo il Cts: “Ho un ottimo rapporto con Sileri e con molti membri del Cts ma quando ci si allontana da Roma, ed è un’obiettività scientifica, è difficile farne parte. Però è importante che il Cts ci ascolti”.

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