L’aut aut della ministra Guardasigilli Marta Cartabia – «o riformiamo la giustizia o perdiamo i soldi del Recovery fund» – è solo la conferma di quanto già disse il premier Draghi al Parlamento quando il 27 aprile presentò il Piano: «I progetti sono vincolati alla riforme. Il Pnrr è soprattutto l’occasione e la sfida per riformare il sistema Paese». Pochi giorni prima aveva dato la sua parola alla presidente von der Leyen che chiedeva rassicurazioni in questo senso a Mario Draghi. Sono le riforme il vero Piano di rilancio. Il vero esame per l’Italia. E la loro agenda ha un timing serratissimo.

Nelle prossime due settimane il governo deve distribuire quasi 40 miliardi di nuovi aiuti a famiglie e imprese e mettere a punto il nuovo decreto Semplificazioni per realizzare il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Domani il governo vuole portare in Consiglio dei ministri il decreto Sostegni bis. La settimana successiva (entro il 20 maggio) si è impegnato ad approvare il “decreto Pnrr” o “decreto Recovery”, un maxi-provvedimento (si parla di 60 articoli) su cui stanno lavorando a testa bassa quasi tutti i ministeri (Transizione ecologica e digitale, P.a., Cultura, Interni, Sviluppo economico, Lavoro). L’obiettivo dichiarato nelle 2500 pagine di schede inviate a Bruxelles, è “rimuovere i colli di bottiglia” che ostacolano la concreta messa a terra degli investimenti, a partire dal regime delle autorizzazioni e dal meccanismo del silenzio assenso. La Via (la Valutazione di impatto ambientale) che ha bloccato tante opere pubbliche (dall’insediamento archeologico alla specie faunistica, alla coltivazione rara) avrà d’ora in poi “procedure accelerate” e se il parere sarà dato in ritardo sarà rimborsato il 50% del contributo versato dal proponente.

Questi ed altri “tagli” alla burocrazia varranno non solo per i progetti del Pnrr ma anche per quelli del Piano energia e clima (Pniec) e per le opere pubbliche finanziate dal Fondo complementare. Per garantire tempi rapidi per gli appalti, saranno rivisti i contratti di programma e resi più veloci i controlli preventivi della Corte dei Conti. Saranno anche prorogate una serie di misure già introdotte in questi anni nei vari Dl Semplificazione (Conte 1 e Conte 2), prima fra tutte quella per limitare la cosiddetta “fuga dalla firma” dei funzionari pubblici. Un pacchetto di misure riguarderà la transizione digitale, dalla piattaforma per le notifiche al dialogo tra banche dati. Sono oltre cento e ciascuna rigorosamente separata dall’altra. Molti dei nostri fallimenti – dalla lotta all’evasione fiscale alle politiche attive per il lavoro – passano proprio da qui.

Il nodo più stretto è quello del Codice degli appalti che deve essere riformato. Secondo le direttive europee come ha anticipato Draghi? Ma questo vorrebbe dire cestinare l’attuale Codice degli appalti. O facendo interventi chirurgici sull’attuale testo? I 5 Stelle sono già pronti alla battaglia. Entro il 20 maggio va trovata una sintesi efficace.
Domani, al massimo venerdì, è atteso un Consiglio dei ministri per varare il decreto Sostegni bis (a Draghi piace più “decreto Imprese”) e il nuovo cronoprogramma per le riaperture. Il Sostegni bis (38 miliardi) ha ancora delle criticità: come calcolare la nuova tornata di ristori per le imprese e come e quanto rinviare le cartelle esattoriali. Sui contributi a fondo perduto per le attività colpite dalla crisi Covid sul tavolo ci sono due ipotesi: quello attuale (una percentuale tra il 5 e il 7 per cento del fatturato nel periodo prescelto dal titolare); la Lega chiede di calcolare il ristoro tenendo conto anche dei costi fissi. Operazione questa che avrebbe tempi più lunghi. Sul fronte delle cartelle (ferme per tutto maggio), il compromesso potrebbe essere portare la rateizzazione a sei o a 10 anni per chi ha perso almeno il 30% del fatturato.

Sulle riaperture Palazzo Chigi è stato costretto ieri mattina a smentire la convocazione di una cabina di regia, anticamera di imminenti decisioni sulla base dell’andamento dei contagi e delle vaccinazioni. Nel frattempo, per alzare “bandierine” rispetto al proprio elettorato, il centrodestra sobillato da Salvini presenta mozioni che chiedono di portare almeno alle 23 l’inizio del coprifuoco. E di anticipare le riaperture di alcuni settori, dallo sport (piscine e palestre) al wedding passando dalla ristorazione al chiuso e dal caffè al bar. I dati sono buoni e autorizzano a ragionare su nuove riaperture. Il giorno giusto per la cabina di regia potrebbe essere venerdì. Coincidenti, tra l’altro, con l’apertura il 15 maggio dei confini europei e la fine della quarantena per i turisti se vaccinati o tamponati nell’imminenza entro 24 ore dalla partenza. L’Italia fa da apripista al green pass europeo sollecitato da Draghi.
Intanto il Pnrr è passato da 270 a 2487 pagine dove si trovano le schede dei 323 progetti. C’è il racconto di come si intendono utilizzare nei prossimi 5 anni i 191,5 miliardi europei e le schede con i dettagli dei singoli progetti. E c’è uno stringente cronoprogramma che dovrà portare a chiudere l’intero Piano, con la realizzazione di tutte le riforme e gli investimenti, entro agosto del 2026.

Nelle migliaia di pagine si parla anche dello “schema di attuazione” del Piano. Ci sono tre livelli: una control room a Palazzo Chigi; il Mef a fare da controllore e anche interfaccia con Bruxelles (con 300 assunzioni ad hoc previste per rafforzare la struttura) che potrà erogare fondi solo in base allo stato di avanzamento dei cantieri. E poi Regioni e comuni per il monitoraggio sul campo delle opere con l’obbligo di rendicontare settimanalmente l’andamento dei lavori ed eventuali criticità. Anche il decreto sulla governance del Pnrr è atteso entro la metà di giugno. Per le riforme della Giustizia, che hanno come obiettivo la riduzione del 50% dei tempi nel processo civile e del 25% nel penale, la dead line è il 31 luglio. Significa che per quella data l’iter delle due riforme dovrà già essere avviato in Parlamento. «Draghi non è un mago. E le riforme sono l’Everest che tutti noi dovremo scalare» ha avvisato ieri su questo giornale Emma Bonino. Questa volta, il fallimento avrà nomi e cognomi, volti e responsabilità precise.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.