“I segni dei tempi dimostrano che la fraternità e la cura del Creato sono l’unica via verso lo sviluppo integrale e la pace”, ha detto Papa Francesco all’Angelus, ponendo la sua Enciclica Fratelli Tutti firmata ieri ad Assisi in piena continuità  con le encicliche sociali di Giovanni XIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II. ​Una società fraterna è quella che promuove l’educazione al dialogo per sconfiggere “il virus dell’individualismo radicale” e per permettere a tutti di dare il meglio di sé”, sottolinea il Papa nell’enciclica siglata ieri ad Assisi.

L’ENCICLICA – “Ieri sono stato ad Assisi per firmare la nuova enciclica Fratelli tutti sulla fratellanza e l’amicizia sociale. L’ho offerta a Dio sulla tomba di San Francesco dal quale ho tratto l’ispirazione come per la precedente Laudato Sii – ha detto il Pontefice – Oggi a voi che siete in piazza ho la gioia di regalare la nuova enciclica nell’edizione straordinaria dell’Or e con questa edizioni rincomincia la quotidiana edizione cartacea dell’Osservatore Romano – per l’occasione tornato in forma cartacea dopo la sospensione delle stampe durante il lockdown – che San Francesco accompagni il cammino di fraternità nella Chiesa tra i credenti di ogni religione e tra tutti i popoli”.

LA PANDEMIA – “Voglia il Cielo – ha implorato il Papa parlando della pandemia – che non sia stato l’ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare. Che non ci dimentichiamo degli anziani morti per mancanza di respiratori, in parte come effetto di sistemi sanitari smantellati anno dopo anno. Che un così grande dolore non sia inutile, che facciamo un salto verso un nuovo modo di vivere e scopriamo una volta per tutte che abbiamo bisogno e siamo debitori gli uni degli altri, affinché l’umanità rinasca con tutti i volti, tutte le mani e tutte le voci, al di là delle frontiere che abbiamo creato”.

Se qualcuno pensa che l’unico messaggio sia che dobbiamo migliorare i sistemi e le regole già esistenti, sta negando la realtà”, ha continuato il Santo Padre. Il problema, tra gli altri, è che il mondo “avanzava implacabilmente verso un’economia che, utilizzando i progressi tecnologici, cercava di ridurre i ‘costi umani’, e qualcuno pretendeva di farci credere che bastava la libertà di mercato perché tutto si potesse considerare sicuro”. Questa pandemia fuori controllo invece ha obbligato a pensare agli esseri umani, “a tutti, più che al beneficio di alcuni”. Il dolore, l’incertezza, il timore e la consapevolezza dei propri limiti, fanno risuonare l’appello a “ripensare i nostri stili di vita, le nostre relazioni, l’organizzazione delle nostre società e soprattutto il senso della nostra esistenza”. Quando sarà passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe quella di “cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di auto-protezione egoistica”.

L’ANGELUS – Il Papa, commentando il Vangelo del giorno, ha ricordato che che “Gesù, prevedendo la sua passione e morte, racconta la parabola dei vignaioli omicidi, per ammonire i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo che stanno per prendere una strada sbagliata. Questi, infatti, nutrono intenzioni cattive nei suoi confronti e cercano il modo di eliminarlo”. Per Francesco “l’immagine della vigna rappresenta il popolo che il Signore si è scelto e ha formato con tanta cura; i servi mandati dal padrone sono i profeti, inviati da Dio, mentre il figlio è figura di Gesù. E come furono rifiutati i profeti, così anche il Cristo è stato respinto e ucciso. Al termine del racconto, Gesù domanda ai capi del popolo: ‘Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a questi contadini?’ Ed essi, presi dalla logica della narrazione, pronunciano da sé stessi la propria condanna: il padrone – dicono – punirà severamente quei malvagi e affiderà la vigna ‘ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo’”. Ecco la morale: “Con questa parabola molto dura – ha spiegato Bergoglio ai fedeli in piazza San Pietro – Gesù mette i suoi interlocutori di fronte alla loro responsabilità, e lo fa con estrema chiarezza. Ma non pensiamo che questo ammonimento valga solo per quelli che rifiutarono Gesù in quel tempo. Vale per ogni tempo, anche per il nostro”. “San Paolo, – ha continuato ancora il Papa – nella seconda Lettura della liturgia odierna, ci dice come essere buoni operai della vigna del Signore: quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato; ciò che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto quotidiano del nostro impegno. Diventeremo così una Chiesa sempre più ricca di frutti di santità, daremo gloria al Padre che ci ama con infinita tenerezza, al Figlio che continua a donarci la salvezza, allo Spirito che ci apre il cuore e ci spinge verso la pienezza del bene”.

L’AUTORITA’ – “In ogni epoca, coloro che hanno un’autorità nel popolo di Dio possono essere tentati di fare i propri interessi, invece di quelli di Dio stesso, anche nella Chiesa. Ma la vigna è del Signore, non nostra. L’autorità è un servizio, e come tale va esercitata, per il bene di tutti e per la diffusione del Vangelo”, ha detto Papa Francesco prima della recita dell’Angelus, affacciato dalla finestra dello studio del palazzo Apostolico. “È brutto vedere quando nella Chiesa le persone che hanno autorità cercano i propri interessi”, ha continuato il Papa. Inevitabile pensare al caso del Cardinale Becciu.

Redazione

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