L'intervista
Pastorella: “Libdem, impariamo dagli errori di Macron: bisogna saper parlare a tutti o elettori scelgono i populisti”
La deputata calendiana analizza il contesto delle crisi europee: “La Francia dimostra che i partiti liberali devono sapersi rinnovare”
Giulia Pastorella, deputata di Azione, ha un Ph.D. in Affari Europei e ha iniziato a fare politica «perché serve più Europa, perché siamo europei prima di tutto». Oggi guarda anche lei a Parigi con una certa angoscia.
La crisi del macronismo di cosa ci parla? L’instabilità francese e quella tedesca non sono problemi da poco anche per noi.
«Sono due crisi, quella tedesca e quella francese, di cui peraltro i partiti liberali sono stati protagonisti, loro malgrado. Da una parte l’Fdp tedesca e dall’altra i macroniani riflettono l’immagine di una Europa indebolita. Il motore franco-tedesco in questo momento è instabile e una parte del problema risiede nell’equilibrio precario che è uscito dalle urne. Il caso francese in particolare ci dimostra che senza un asse centrale stabilizzatore, i due estremi opposti – e i loro sussulti di antipolitica – possono coalizzarsi e mettere a rischio qualunque tenuta di sistema».
Quale sbocco prevede per la crisi francese?
«Se va avanti così, nessun governo in Francia può garantire la stabilità. Con quei numeri in Parlamento, e quei numeri nell’economia francese, non vedo molte speranze per i governi di breve periodo che potranno tentare di tenere qualche mese. Si andrà inevitabilmente a nuove elezioni. Ricordando che si vota con le proprie tasche ma si finisce spesso per dare consensi a chi quei problemi li aggrava, non a chi li potrebbe risolvere».
Entra in crisi il mondo liberale e centrista, se l’elettorato va alla ricerca di soluzioni nuove?
«In Francia siamo davanti a un fenomeno diverso, Macron viene penalizzato non perché liberale (alcune sue scelte poi sono state anche poco liberali) ma perché i francesi identifi cano con lui tutta una serie di problemi – come dicevo, di natura economica – sui quali vogliono risposte nuove. In questo deve esserci un colpo di reni dei liberali che non devono stare nell’angolo ma reinventarsi con una proposta politica nuova, in Francia come in Germania. E come in Italia».
Il macronismo all’inizio era questo…
«Sì, era nato come l’interpretazione di un sogno, come un grande movimento – nel senso proprio di soggetto politico partecipato e dinamico – fatto per ritrovare un orgoglio francese nella sfi da alla globalizzazione, un approccio francese alla statura mondiale dell’Europa. Quello spirito originario va ritrovato e rilanciato, ed è alla base anche dell’impulso che noi di Azione vogliamo dare alla ricerca di una unità dei liberaldemocratici in Italia. E dobbiamo imparare anche dagli errori di Macron: tenere unito il centro e ritrovare la forza di argomenti ampi, inclusivi, che sappiano parlare alle tasche degli italiani. Mi riferisco ai temi fiscali, al lavoro che cambia, ai diritti individuali, alla classe media che deve recuperare il suo potere d’acquisto. Non regaliamo questi temi alla destra e alla sinistra, anche perché loro poi li interpretano male».
La sua candidatura è in piedi, corre da leader di Azione?
Sì, nei partiti veri ci si confronta, si discute. E ci si conta. Prevediamo di andare a un congresso in febbraio-marzo e lì ci sarà la mia candidatura per guidare Azione. Per il momento i candidati siamo io e Carlo Calenda ma immagino che arriveranno anche altre candidature».
Non c’è ancora una data?
«No, abbiamo deciso che ci sarà un congresso ma non c’è ancora una data, una convocazione. Non dovrebbe mancare molto. Io vado avanti con la mia candidatura perché voglio dare un impulso nuovo al progetto di Azione, il solo partito liberaldemocratico presente in Parlamento che è rimasto ancorato al centro e può dunque ambire a crescere sul serio. Le Europee ci hanno mostrato chiaramente come la domanda elettorale ci sia, c’è un 8% consolidato tra le due ultime consultazioni nazionali che nessuno può permettersi di gettare alle ortiche. Ma quell’8% è una base di partenza, non certo di arrivo. Possiamo crescere, dopo aver fatto capire agli elettori che non siamo un esperimento funambolico ma una forza seria, destinata a rimanere al centro dello scenario politico in modo stabile».
La sua candidatura guarda a riunire con Azione altre esperienze, altre storie?
«Dobbiamo dare l’idea chiara di essere capaci di costruire unità, la mia mozione, con lo slogan “Ora dipende da noi”, tende a coinvolgere i territori, le realtà locali che sono spesso vivaci. La mia storia è quella di una liberale europeista che proviene da Più Europa, chiaramente tra i miei primi obiettivi c’è quello di riunire le storie e le esperienze di tutta quest’area, che sono tante e valide».
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