Azione e Italia Viva mantengono i gruppi parlamentari unitari ma il progetto del partito unico del Terzo polo affonda, vittima di quello scambio di accuse reciproche che l’ironia della rete definisce uno “scontro tra Titanic”. A dettare i titoli di coda è Carlo Calenda, che recita il de profundis in un video nel quale racconta la propria versione di come si sia arrivati alla rottura. Uno stop tanto fulmineo quanto tombale: la convocazione del Comitato politico fissata la sera prima, che si doveva tenere ieri, è stata cancellata sine die.

Il dado è tratto, l’unità tra i due partiti libdem è rotta. Le responsabilità vengono rimpallate da un campo all’altro e i toni si surriscaldano. Calenda spiega di aver riposto fiducia nel disegno unitario, preannunciato sin dall’avvio della campagna elettorale, tuttavia «mi è stato chiaro che questo progetto non andava da nessuna parte quando Renzi non solo non ha fatto un passo di lato, ma ha fatto cinque passi avanti riprendendo Italia Viva, diventando plenipotenziario, togliendo Rosato con il quale lavoravamo benissimo dagli organi della federazione». Renzi al momento non commenta: il leader di Italia Viva aveva parlato della situazione questa mattina, accennando a “polemiche inspiegabili dentro il Terzo polo” e spiegando che il documento presentato da Azione «a noi va bene con piccole modifiche assolutamente accettabili. Le abbiamo pubblicate: i vecchi partiti si sciolgono con l’elezione del Segretario nazionale del partito unico. Se Calenda ci sta, noi firmiamo. Se Calenda ha cambiato idea, lo rispettiamo e ne prendiamo atto».

Era emerso però anche che tra i motivi della rottura c’era la richiesta di dire stop alla Leopolda: «Chi conosce quell’esperienza sa che è un momento bello di confronto politico tra generazioni e storie diverse – aveva detto RenziÈ un momento in cui tante persone si avvicinano alla politica. Dire che non può essere più fatta la Leopolda non ha senso». A posteriori invece a parlare è proprio Ettore Rosato, chiamato in causa da Calenda: «È il fallimento di un gruppo dirigente non riuscire a chiudere questo progetto, e mi ci metto anche io. Quando non ci si riunisce non si ha mai ragione, c’era modo di cucire e non di strappare, oggi dovevamo fare uno sforzo. Il rinvio dell’appuntamento di oggi è stata una decisione di Calenda, lo ha detto pubblicamente».

Per Teresa Bellanova è improbabile un accordo in extremis: «Con queste premesse è Calenda che sta escludendo l’accordo». Quanto alla coalizione osserva: «Io sono impegnata perché ci sia un contenitore riformista che si collochi nel centrosinistra. Sarei ipocrita se dicessi che mi è indifferente. A furia di dire che si è indifferenti alla destra e alla sinistra, si arriva all’indifferenziata». Il numero due di Calenda, Matteo Richetti, che in questa partita ha giocato in attacco, prova a tendere una mano in extremis: «C’erano divisioni e diffidenze profonde, evidentemente. Io sono stato vicinissimo a Renzi, gli voglio bene più di quanto non immagini, ma credo che lui debba avere la libertà di fare quello che vuole». I due separati per ora rimangono in casa, in Parlamento.

Ma niente partito unico e neanche la federazione: “rimangono in sospeso i liberali di Alessandro De Nicola, protesta Oscar Giannino. E vista da Bruxelles, dal gruppo Renew Europe, lo scontro romano si fa ancora più incomprensibile. «Un percorso importante come quello che abbiamo avviato in Europa con Renew non può essere fermato per i personalismi di qualcuno», dice l’europarlamentare Nicola Danti, vicepresidente di Renew Europe. È furioso con l’ex alleato: «La scelta unilaterale di Calenda di interomperlo è una sconfitta per l’Italia. C’è uno spazio politico reale, in un Paese stretto tra il sovranismo di destra ed il populismo di sinistra, ed è uno spazio che Italia Viva vuole continuare a far crescere insieme alle tante realtà politiche e civiche che hanno dato forza al progetto del Terzo Polo in questi mesi». Prova a fare la sintesi una nota di Italia Viva, in serata: «Interrompere il percorso verso il partito unico è una scelta unilaterale di Carlo Calenda. Pensiamo che sia un clamoroso autogol ma rispettiamo le decisioni di Azione». Così in una nota l’ufficio stampa di Italia Viva.

«Gli argomenti utilizzati appaiono alibi. Italia Viva è pronta a sciogliersi come Azione il 30 ottobre, dopo un congresso libero e democratico. Sulle risorse Italia Viva ha trasferito fino ad oggi quasi un milione e mezzo di euro al team pubblicitario di Carlo Calenda ed è pronta a concorrere per la metà delle spese necessarie alla fase congressuale e a trasferire le risorse dal momento della nascita del partito unico. Leopolda, Riformista, retroscena, veline, presunti conflitti di interesse sono solo tentativi di alimentare una polemica cui non daremo seguito. La costruzione di una proposta alternativa a populisti e sovranisti è da oggi più difficile ma più urgente», fanno sapere. Interviene nella querelle anche Andrea Marcucci, ex coordinatore di Base Riformista, che dal Pd guarda con interesse ai riformisti della formazione renziana: «L’esito dei rapporti tra Azione ed Italia Viva è sconfortante. Resta il fatto che in Italia di un’area liberale e riformista continua ad esserci un gran bisogno».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.