Riunione fruttuosa, ieri sera, tra Matteo Renzi e Carlo Calenda. Avrà la R nel simbolo, quello che i due fondatori vedono come il nuovo partito unico dei riformisti. E in tutta probabilità Renew come nome, o parte del nome. Perché accompagnerà la campagna elettorale per le Europee del 2024, su cui il nascente partito unico punta tutto, e dunque – a sentire gli addetti ai lavori direttamente coinvolti – il miglior compromesso cadrà su un nome anglofono, Renew Italia.

Della fine dell’ottobre scorso la decisione di Emmanuel Macron, sponda francese di Renzi e Calenda, di cambiare il nome del suo partito in “Renaissance”. Rinascimento. Il leader di Italia viva ieri ha comunicato l’avvio di una fase di progressivo spegnimento della sua creatura, che confluirà nel prossimo autunno in un partito riformista che spera di attrarre chi, nel centrosinistra, non si sente più rappresentato dal nuovo Pd. «Nelle prossime settimane andremo avanti con decisione insieme ad Azione sulla strada del partito unico. Calenda ha proposto di accelerare sui tempi e noi abbiamo detto che ci stiamo. Dunque, lavoreremo su simbolo, manifesto, nome, adesioni in un percorso democratico e affascinante. Le porte sono aperte. E la lista unitaria di tutti gli amici di Renew Europe – inclusi quelli che, come Più Europa, forse non entreranno subito nel partito unico – sarà la novità delle Europee 2024», ha specificato Renzi nella sua eNews di ieri. Sul percorso è stato ancora più preciso, dal lato di Azione, Matteo Richetti, capogruppo di Azione-Iv alla Camera.

Assicura che i due leader sono d’accordo e che la messa a punto di una agenda comune è ormai questione di dettagli. «L’accelerazione che Calenda ha impresso al percorso mi pare trovi riscontri importanti. Nel senso che la federazione tra Azione e Iv non è uno strumento insufficiente per dare vita a una comunità politica unica. Il processo può partire già a marzo». Richetti precisa i termini del percorso: «I partiti si fondano su alcuni capisaldi. Il primo è il manifesto, la carta dei valori che per noi non possono che venire dalla tradizione popolare, liberale e riformista del nostro Paese. E poi un documento condiviso sulle regole che portano alla costruzione di una governance. Quindi un congresso che sarà un congresso costituente». Quando sarà questo congresso? «Se il risultato è portare la nuova formazione politica alle europee del 2024 – precisa Richetti – tutto si deve concludere tra settembre e ottobre per iniziare una campagna elettorale che per noi sarà di fondamentale importanza».

Lo spazio, d’altronde, i terzopolisti lo vedono più aperto che mai. «Il Pd del JobsAct e degli 80euro, di Industria 4.0 e dello sblocca Italia, del garantismo e delle riforme su diritti civili e sociali non c’è più. C’è un altro Pd. Migliore? Peggiore? Più forte? Più debole? Chissà. Non ci interessa, adesso. È un altro Pd, punto. A questo nuovo Pd che parla un linguaggio diverso sul reddito di cittadinanza, sul nucleare, sulla politica estera, sulle tasse non possiamo che augurare buon lavoro con il rispetto di chi vede finalmente chiarito che ci sono due strade diverse. Il 26 febbraio 2023 si è concluso il percorso iniziato nel settembre 2019 con la nascita di Italia Viva», recita il messaggio che Renzi affida alla Rete.

Prosegue Renzi: «Ragazzi, devo essere sincero: io sono entusiasta. Perché si compie un passaggio fondamentale per la costruzione del nuovo progetto. Vengono giù – all’improvviso, tutti insieme – gli alibi di chi ancora pensava di poter coltivare il riformismo dentro il Pd», conclude Renzi. Non serve più insistere nel fare da pungolo, nel ragionamento del senatore toscano, e provare a incidere sull’orientamento del partitone del centrosinistra. Adesso ci si può concentrare sulla costruzione di una identità definita anche in virtù di quell’elettorato riformista che secondo il Terzo polo non ha più riferimenti possibili a sinistra.

È su questo che scommette Ettore Rosato: «Chi ha creduto nel Pd riformista di Veltroni o di Renzi si ritroverà un partito che non è più quello di allora ma un partito di sinistra, con altre idee rispetto a quelle riformiste di un Pd che ormai non esiste più. Si andrà a un progressivo smottamento dell’elettorato». Dal Nazareno, intanto, fumata nera sul nuovo vertice. Nel Pd la giornata è trascorsa tra febbrili telefonate di Elly Schlein e di Marco Furfaro con i nuovi dirigenti. Sembra che l’ala movimentista che ha preso il sopravvento ai gazebo voglia dare il segno del rinnovamento a tutti i livelli, tagliando fuori le espressioni della mozione Bonaccini.

Ma l’asse franceschiniano, promossa la Di Biase a Montecitorio, suggerisce una soluzione più ecumenica per tenere unito il partito, con Stefano Bonaccini a fare da Presidente, e magari Gianni Cuperlo in segreteria come responsabile Cultura e Paola De Micheli all’organizzazione o al tesseramento. Uno dei maggiorenti del Pd in Campania, Piero De Luca, fa sapere che sul ruolo di Bonaccini la minoranza Dem non è disposta a cedere: “Complimenti a Elly Schlein per la vittoria. Un grazie di cuore a Stefano Bonaccini, la cui presenza in campo è decisiva per il futuro della nostra comunità”, fa sapere. Il governatore dell’Emilia-Romagna si è limitato a dire che “Sbaglia chi esce, come Fioroni”, mostrando al nuovo vertice un ramoscello d’ulivo.

Avatar photo

Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.