Molto rumore per nulla: come nel titolo della più italiana delle commedie di Shakespeare, così tra Azione e Italia Viva la polemica è montata fino a tarda sera, per poi risolversi in un magnifico nulla. Insieme da agosto scorso, in Parlamento con un gruppo unitario e con la prospettiva di un congresso – quello di avvio del “partito unico” – il prossimo 10 giugno, Azione e Italia Viva affrontano al proprio interno una fase di assestamento non priva di scossoni.

Leadership e nome del futuro partito, strategie di lungo periodo e – nell’immediato – la cassa comune sono tra gli spigoli che hanno accidentato il percorso congressuale. E si aggiunga che il risultato assai modesto delle regionali in Friuli-Venezia Giulia non ha contribuito certo a svelenire la tensione. La polemica sulla direzione de Il Riformista che Matteo Renzi assumerà a maggio – aggiungendo così uno strumento utile a promuovere dibattito intorno alle idee riformiste nell’area terzopolista – suona pretestuosa. Fatto sta che dopo il richiamo degli scorsi giorni di Calenda a Renzi – perché l’ex premier “non confonda” partito e giornale – ieri è stato il capogruppo di Azione alla Camera, Matteo Richetti, a tornare sul tema: “Deve decidere se fare politica o informazione”, affonda. “Quando mi telefona, Renzi mi parla del partito o mi intervista come direttore?”, si chiede Richetti.

Ma a far discutere sembra soprattutto il ruolo destinato ai due leader. Carlo Calenda contro Matteo Renzi. L’ex premier, a onor del vero, ha detto di essere pronto a farsi da parte e, in questo senso, l’incarico di direttore del Riformista appare il più coerente. Tuttavia, da dicembre scorso, Renzi ha assunto la carica di presidente di Italia Viva. “Chi vuole sfidare Carlo Calenda per la leadership è il benvenuto”, sottolinea Richetti:Prima di definire le caratteristiche della leadership, dico che la leadership l’abbiamo messa in campo e scritta nel simbolo. Quella leadership la sosteniamo con forza”, aggiunge Richetti: “Il Terzo Polo è forte se ha un progetto chiaro per tutti. Carlo Calenda correrà supportato da tutti noi. Credo che siano gli iscritti a decidere. Lo dico anche rispetto a quello che ha fatto Schlein. Da noi decideranno gli iscritti”.

Gli risponde, per Italia Viva, Ivan Scalfarotto: “Leggiamo che Richetti ha dubbi sulle scelte di Renzi. Prima gli chiedono il passo indietro, poi non sono convinti. Fortunatamente con il 10 giugno parte il congresso del partito unico e tutti i dubbi saranno sciolti nel fisiologico gioco democratico”, spiega il senatore renziano. Ma non basta: fonti di Azione parlano di “tatticismi insopportabili” da parte di Renzi. Una osservazione che mette benzina sul fuoco di uno scontro congressuale di fatto gia’ aperto. “Non c’è nessun tatticismo di Italia Viva. Abbiamo deciso di fare un congresso democratico in cui ci si confronti a viso aperto e non con le veline anonime”, spiegano Alessia Cappello e Ciro Buonajuto, portavoce nazionali di Italia Viva. “Noi siamo pronti al congresso che Calenda ha chiesto di fare. E ci mettiamo nome e cognome. C’è qualcuno che cambia idea una volta al giorno, ma quel qualcuno non siamo noi”, aggiungono. Duro anche il deputato Iv Davide Faraone: “Stiamo aspettando che Calenda convochi il tavolo di lavoro delle regole, stiamo aspettando che Calenda convochi il comitato politico, stiamo aspettando che Calenda spieghi come candidarsi al congresso. I tatticismi sono tutti di Calenda, non di Renzi. Meno male che dal 10 giugno si vota in modo democratico”.

Da Azione, tuttavia, viene assicurato che “non ci sarà alcuna rottura”. Se si proseguisse con questo andazzo, avverte Roberto Giachetti, deputato e direttore di Radio Leopolda, “Vincerebbero il Premio Giachetti”, chiosa con ironia su Twitter, con riferimento alla colorita espressione con cui epitetò, orami è storia, Roberto Speranza. Prova a gettare acqua sul fuoco Maria Elena Boschi: “Leggo polemiche dentro il Terzo Polo. Mi dispiace. Abbiamo scelto di fare un partito unico e abbiamo già definito le date. Noi non cambiamo idea e lavoriamo in questa direzione”. In serata tutti convocati a Palazzo Madama, con l’invito di Renzi ai suoi di non rinfocolare le polemiche. “Abbiamo accettato tutte le richieste di Azione. Tesseramento, tempi del congresso, mio passo indietro, nome di Calenda sul simbolo, soldi. Adesso andiamo avanti e si faccia il partito unico e il congresso. Se Calenda ha cambiato idea, lo dica. Secondo me è un errore politico ma chi vuol far saltare il partito unico si assumerà la responsabilità”, fa sapere Renzi. Il riferimento al budget chiama in causa Bonifazi, il tesoriere di Italia Viva.

“A differenza di quanto sussurrato da veline anonime, giova ricordare che Italia Viva ha contribuito in modo paritetico rispetto ad Azione a tutte le campagne elettorali del terzo polo, dalle politiche alle regionali del Friuli Venezia Giulia”. E su questa apre uno squarcio: “La scelta di come destinare i soldi è stata presa dal senatore Carlo Calenda che ha optato nella stragrande maggioranza dei casi per affissioni recanti il suo volto e il suo nome” prosegue. “Italia Viva ha contribuito al momento per oltre 1 milione e 200000 euro. Quanto al futuro 2×1000 andrà ovviamente alla struttura legittimata dal congresso democratico” conclude Bonifazi. Le strutture che saranno definite e quelle che ci sono già: i gruppi alla Camera e al Senato, per esempio. Se i due litiganti non dovessero ricomporsi e il progetto del partito unico naufragasse, a farne le spese immediate sarebbero i gruppi di Montecitorio e di Palazzo Madama, che sciogliendosi limiterebbero l’agibilità politica dell’uno e dell’altro. Motivo in più per serrare i ranghi e tirare dritto: non c’è vero congresso, d’altronde, senza autentico confronto interno.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.