Non chiamiamola più Ruby. Restituiamo la dignità e l’identità a Karima El Mahroug, la giovane donna ormai trentenne che è comparsa ieri, dopo quasi dieci anni di assenza e silenzio, nell’aula del tribunale milanese dove è imputata, insieme a Silvio Berlusconi e altre ventisette persone, di corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza.

Se anche lei non avesse due bravi avvocati come Paola Broccardi e Jacopo Pensa, sarebbe sufficiente guardare Karima e ascoltarla mentre dice che vorrebbe uscire da quest’incubo a dal marchio cocente come la lettera scarlatta che porta sul suo corpo, per capire l’abisso che separa questo processo da quel che accadde dodici anni fa a una ragazza inquieta che era quasi maggiorenne ma non ancora, e che viveva un po’ alla ventura, dopo esser scappata di casa e da diverse comunità per minori. Una ragazzina che le istituzioni avrebbero dovuto tutelare, e che invece è stata usata come randello, per colpire il nemico di sempre, Silvio Berlusconi. Lei ne è perfettamente consapevole, ne parla con semplicità, all’uscita dall’aula. “Ho sempre avuto paura di essere strumentalizzata, dice, e credo che possiate capirlo. È la prima volta che mi sento difesa in un’aula come questa, non mi sono mai sentita davvero difesa, neanche ai tempi nei quali ero una vittima”.

Karima El Mahroug ha centrato il punto. Il processo nasce come accusa a Silvio Berlusconi, e Karima è la sua vittima di una prostituzione minorile. Una ragazzina fermata per furto, poi difesa niente di meno che dal Presidente del Consiglio, che viene poi “protetta” dagli investigatori in luogo segreto e a lungo interrogata sulla malefatte del Lupo Mannaro. Siamo nel 2010, dodici anni fa. L’ex pubblico ministero Ilda Boccassini ne racconta nel suo libro, ma non parla dell’anomalia di quei mesi, tra luglio e dicembre, in cui una minorenne è stata usata e spremuta in diversi interrogatori sui suoi rapporti con Berlusconi. Lei usata come vittima di un satrapo la cui difesa però fu tenuta all’oscuro, e solo cinque mesi dopo è stata messa al corrente di quel che stava succedendo.

Se la legge fu violata, di certo il Csm non se ne è accorto. L’avvocato Jacopo Pensa è stata abbastanza esplicito ieri mattina nel ricordare come la ragazza non fu in realtà tutelata nella sua veste di vittima, ma fu anzi poi sottoposta a pressioni indicibili persino nel processo di primo grado, perché fornisse quei particolari piccanti del suo rapporto con Berlusconi che la giovane marocchina ha sempre negato. La domanda più insistente era sempre: avete fatto sesso? E lei ha sempre risposto di no. Parole che “non erano evidentemente gradite ai giudici della quinta sezione”, dice l’avvocato Pensa. È triste ricordare, ma non possiamo negarlo, che Karima è stata trattata male da una serie di magistrati donne. La pm Boccassini, che nell’aula del primo processo, ne tratteggiò “l’astuzia levantina”, e poi le giudici del tribunale, quelle che Berlusconi definì “erinni” e “ femministe comuniste”. Se lei oggi si ritrova imputata, lo si deve soprattutto a queste donne in toga. Ma ce ne è un’altra, in questa nuova aula dove ritroviamo ancora Karima in una nuova veste, la pm Tiziana Siciliano che ha chiesto per lei cinque anni di carcere. Perché avrebbe mentito per soldi. E qui siamo nel regno dell’assurdo.

Non tanto perché Berlusconi non sarebbe stato in grado di versarle i cinque milioni di euro di cui si parla (e che comunque non sono stati mai trovati), ma perché Karima sarebbe stata pagata per negare qualcosa su cui il leader di Forza Italia è stato assolto. La prostituzione minorile non ci fu. E se è per questo neppure l’altro reato grave di cui fu accusato, la concussione nei confronti di un dirigente di polizia, il capo di gabinetto del questore Pietro Ostuni. Berlusconi è innocente, ce lo hanno detto diversi giudici, ma la Procura di Milano, presieduta in quegli anni prima da Edmondo Bruti Liberati e poi da Francesco Greco, non si è mai arresa. Quella stessa procura che si è rivelata un covo di vipere, oltre che di anomali metodi investigativi da parte di alcuni pm, che ora sono all’attenzione della magistratura bresciana. Pure in quegli uffici non proprio adamantini si è costruito nell’arco di dodici anni il Grande Processo alla Morale.

“Se c’è una cosa che non cambia mai nelle dichiarazioni di Karima –ha detto ieri l’avvocato Paola Boccardi- è di non aver avuto, non aver compiuto, atti sessuali con Berlusconi”. Possiamo aggiungere che, qualora anche li avesse avuti, ci sarebbe stato il reato solo a due condizioni: che la ragazza avesse fatto sesso a pagamento con un adulto consapevole della sua minore età. Il che non è accaduto, e ci sono le sentenze definitive, fino alla cassazione, a confermarlo. Ma chi fa il processo alla morale non ne tiene conto. Come dimenticare infatti la requisitoria del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano? Se non ricordiamo male la toga milanese, più che parlare di reati, si è accanita sul reo, che ha definito come “grande anziano” e “sultano”, oltre che “amico di Putin”. E poi ha preso di mira altre imputate, in un bel corpo a corpo ancora tra donne. Stiamo parlando di una serie di ragazze cui il rapporto di amicizia con Silvio Berlusconi e la partecipazione ad alcune cene nella residenza di Arcore non hanno certo giovato.

Tanto che lo stesso ex Presidente del Consiglio a un certo punto ha iniziato ad aiutarle economicamente, con versamenti mensili sui loro conti correnti alla luce del sole, perché nessuna di loro, dopo il trattamento subito dalla stampa, riusciva più a trovare lavoro. Si tratta di ragazze che svolgevano attività prevalentemente nel mondo della comunicazione e dello spettacolo. Ma vengono chiamate “olgettine”, dal nome della via in cui alcune di loro risiedevano. Bella regola del giornalismo, quella di togliere l’identità alla persona e di degradarla addirittura a un indirizzo di casa. Per non parlare dell’acido moralismo con cui le aveva bollate, nel corso della requisitoria, la pm Siciliano, sempre nell’ambito della solidarietà femminile: “..processiamo un gruppo di donne la cui caratteristica principale, causativa di guai, è la bellezza, ormai passata, all’epoca erano molto giovani”. Ricapitoliamo, dunque. Sono cretine, e ormai anche bruttine e sciupatelle.

Ma soprattutto, e questo è difficile da perdonare, sono trattate come prostitute. Andavano ad Arcore a spassarsela, poi raccontavano che invece era come andare a Lourdes. Mentivano e mentono per soldi. Il denaro della corruzione da parte del vecchio satrapo e puttaniere. Schiave sessuali del grande sultano. Devono difendersi da questo schifo davanti al mondo, prima ancora che dall’accusa di corruzione.
Il processo naturalmente va avanti, parleranno i difensori di Berlusconi, poi si andrà a sentenza nel gennaio 2023. E di anni ne saranno passati tredici da quella notte tra il 27 e il 28 maggio del 2010 in cui una ragazzina fu fermata per furto, poi fu trasformata in vittima, poi in puttana e infine in bugiarda e corrotta. Un giocattolo nelle mani di magistrati giocolieri che continuano a usarla come randello politico.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.