Le liste per Bruxelles
Rebus Europee, il Pd tra l’asso Emma Bonino, il blockbuster Zingaretti e gli outsider Lucia Annunziata e Tarquinio
Elly Schlein non esclude di candidarsi ma “in ordine alfabetico”
Conclave serrato al Nazareno. Le convocazioni al telefono riguardano tutti: nel Pd si intensifica la dialettica sulle liste per le Europee. Il cui primo nodo a venire al pettine è quello della candidatura – o meno – della segretaria. E in quale posizione. Perché nei marosi della sinistra si guarda alla capolistatura come all’unico scoglio certo per i candidati. Se al turno precedente il Pd ne ha mandati a Bruxelles 15, questa volta qualche incertezza in più è da mettere in conto. Ottimisticamente saranno eletti tra i due e i tre candidati per ciascuna delle cinque circoscrizioni in cui l’Europa divide l’Italia. In quest’ottica assicurarsi un posto sul podio è vitale per tutti. Per le donne, che hanno manifestato formalmente a Elly Schlein l’esigenza di essere valorizzate, come per gli uscenti che chiedono di essere riprotetti dopo il lavoro svolto. E ci sono da assecondare le legittime ambizioni degli amministratori locali più in vista, orfani del terzo mandato.
Schlein per il momento elude le domande che la riguardano: «La mia candidatura sarà l’ultima questione: ora lavoriamo per liste aperte alla società civile». C’è però una carta coperta che potrebbe contribuire a sbrogliare la matassa. L’accordo con Più Europa e segnatamente con Emma Bonino, che Schlein potrebbe mettere capolista al centro, quando non ovunque. Una donna capolista sarebbe l’uovo di Colombo: la segretaria si intesterebbe la battaglia per gli Stati Uniti d’Europa, come ha preannunciato in casa radicale lo scorso 24 febbraio a Roma, e metterebbe fine alla faida per i capolista.
La solitudine dei numeri uno
Al momento le fibrillazioni sono tante e le certezze pochissime. Scalpita per ottenere una posizione elegibile il capogruppo uscente del Parlamento Europeo, Brando Benifei: è prassi, in tutti gli Stati membri, ricandidare il presidente del gruppo per un secondo mandato. Il congresso del PSE che si è tenuto a Roma sabato scorso ha ribadito lo stesso principio, negli accordi dietro le quinte. Benifei aspetta notizie e incontra uno a uno i rappresentanti delle correnti. Anche Pietro Bartolo confida in una ricandidatura “in luce”. Ma ci sono outsider di tutto rispetto che premono alle porte del Nazareno. Quella che Schlein chiama «società civile». Lucia Annunziata, che pure lo ha smentito più volte, viene accreditata in pole position per il collegio del Sud. Parallelamente, in quota Demos, sembrerebbe certo nel collegio Nord-Ovest l’ex direttore di Avvenire, il cattolico Marco Tarquinio. E in quota donne sarà alta in lista Cecilia Strada, l’erede della storia del padre Gino Strada.
Primi cittadini, primi anche in lista?
La pattuglia degli amministratori locali che si candidano per Bruxelles è autorevole. Si parte con il sindaco uscente di Bari – dove contestualmente si torna a votare a giugno – Antonio De Caro. Ha rappresentato tutti i sindaci italiani dall’elezione del 2016 a capo dell’ANCI. Difficile scalettarlo indietro, nelle liste. E cosa deve dire Dario Nardella, due volte sindaco di Firenze, che ha rinunciato a correre alle primarie in nome dell’unità del partito e rafforzato la posizione di Bonaccini? Il suo collegio naturale è quello del centro Italia, dove ha i voti. Ed è lo stesso collegio di Matteo Ricci, altro sindaco-simbolo del Pd e campione di preferenze, presidente nazionale della Lega delle Autonomie Italiane. Anche nella sua Pesaro a giugno si vota per il rinnovo del sindaco, il ticket con un potenziale numero uno alle Europee peserebbe, e non poco. E ci sono poi due presidenti di regione ai quali non si può dire di no.
I blockbuster dem
Sono due le figure a cui nessuno nel Pd può contrapporsi frontalmente. Uno si chiama Stefano Bonaccini. L’altro Nicola Zingaretti. Il primo ha vinto l’ultimo congresso del Pd, risultando il più votato dagli iscritti come segretario. Ha governato bene, per due mandati, l’Emilia Romagna. Il secondo è stato segretario nazionale fino a tre anni fa esatti. Si era dimesso il 14 marzo 2021 sfiancato dalla faida tra le correnti, ma non si è dato per vinto ed è oggi, oltre che un autorevole deputato (ascrivibile all’area di Claudio Mancini, il kingmaker del Pd romano) il presidente della Fondazione Demo. Le incognite Bonaccini e Zingaretti non sono da poco. Ma se il primo punta al Nord-Est in cui tra le certezze compare la candidatura di Alessandro Zan, il secondo non può che essere candidato nel collegio del centro Italia. E sono dolori. Perché sarà pure un blockbuster, ma sul podio tra Nardella e Ricci, per non dire delle donne, lo spazio è troppo compresso. Ecco allora che il caso Zingaretti si fa psicodramma, amplificato da quelle dinamiche capitoline che rendono il Pd romano un mondo a sé. Un partito nel partito. Su Zingaretti capolista sarebbe arrivato perfino il veto di Goffredo Bettini che avrebbe confidato ai suoi: «Si candidi pure. Io non lo voto».
L’asso Emma Bonino
Ecco che la carta Bonino potrebbe essere l’asso che Elly Schlein calerebbe sul tavolo non solo per rivendicare la battaglia europeista (e già che c’è, incassare i voti di Più Europa) ma anche per sparigliare il difficile incastro tra maggiorenti e capobastoni. Mandando all’aria le rivendicazioni e le istanze di mozioni ed aree interne. A quel punto a Elly Schlein rimarrebbe inevasa la pratica della sua stessa candidatura. Come la risolverà? «Mettendosi in lista in ordine alfabetico», ci viene sorprendentemente detto. E quando realizziamo che non si tratta di una boutade ci viene da porre la domanda successiva: a quel punto, vanificato l’effetto traino della leader in testa alla lista, perché si candida?
Intanto la Basilicata
È stato intanto chiuso l’accordo tra Pd e M5S per il candidato governatore per le Regionali in programma in Basilicata il 21 e il 22 aprile. Il candidato – secondo quanto si è appreso da fonti del Pd lucano – sarà l’oculista Domenico Lacerenza. «Ho sempre fatto il medico (in extramoenia, fuori dalla sanità pubblica, ndr.) e ho imparato così a conoscere a fondo il territorio lucano: le persone, i loro problemi. Non ho mai fatto politica prima d’ora. Hanno ritenuto di fare, con me, una scommessa sull’aspetto individuale del candidato. Sto per conoscere Chiorazzo stasera per la prima volta. E non ho mai incontrato né Giuseppe Conte, né Elly Schlein». Ottime premesse. A questo punto rimane l’incognita Piemonte. Ci sarebbe la deputata cuneese Chiara Gribaudo, vice presidente del Pd e grande sostenitrice di Elly Schlein. Se il Pd non la candidasse capolista alle Europee, sarebbe difficile non farla correre come governatrice della Regione.
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