Mario Draghi chiama, Gaetano Manfredi cosa risponde? Il premier annuncia la riforma fiscale, ma esclude un aumento delle tasse. Il neo-sindaco di Napoli comincia a battere cassa, a chiedere denari per risanare un bilancio che è ben oltre il precipizio del dissesto e, quindi, non può inimicarsi Governo e Parlamento. L’analisi parte da Roma: è sufficiente chiedere a un commercialista qualsiasi quanto può incidere la riforma del catasto sulle tasche degli italiani. Rivedere (al rialzo, naturalmente) le rendite catastali e, di conseguenza, i valori degli immobili significa, automaticamente, aumentare l’Imu e tutte le imposte che la legge ha stabilito sul trasferimento delle proprietà immobiliari, comprese quelle contenute nelle dichiarazioni di successione. Alcuni leader politici hanno estremizzato: la riforma del catasto è una patrimoniale (Matteo Salvini, in particolare, polemizza quotidianamente col presidente del Consiglio ma il suo partito non molla il Governo).
Tuttavia, se l’Imu aumenterà per effetto della riforma del catasto, non sarà per decisione di Manfredi.
Il gettito di un’eventuale maggiore Imu costituirebbe un’energica iniezione di vitamine nelle disastrate casse di Palazzo San Giacomo, ma nessuno potrebbe attribuirne la responsabilità al primo cittadino. Di fatto, però, i napoletani si vedrebbero (c’è una gran voglia di scrivere “vedranno”) chiedere un po’ di quattrini in più per questa Imposta municipale unica. Siamo arrivati, dunque, al punto fondamentale: Manfredi sarà in grado di diminuire la pressione fiscale locale? Purtroppo no e la motivazione è tecnica. Le entrate di un Comune sono: i soldi che arrivano dalla capitale, il cosiddetto Fondo di solidarietà comunale; l’Imu; poca roba dalle addizionali Irpef e dalla multe; la Cosap, quella che si paga sui passi carrabili, che nell’ultimo anno è raddoppiata; la Tari, la tanto odiata tassa sulla spazzatura, per la quale è indispensabile un supplemento di premessa.La tassa chiesta in pagamento ai napoletani, in totale, deve essere di importo pari al “costo del servizio”. In altre parole, se la ditta esterna che si è aggiudicata l’appalto per la rimozione dei rifiuti chiede mille al Comune, il Comune dovrà chiedere mille ai cittadini. La Corte dei conti vigila sul punto molto severamente. Se i costi per la rimozione aumentano, il sindaco non può far altro che aumentare la Tari. Certo, in linea teorica il Comune può indire una nuova gara d’appalto per individuare un’azienda specializzata che possa giungere a un costo complessivo minore, ma è un’ipotesi quasi irrealizzabile. Confcommercio, nel Rapporto Rifiuti 2020, ci ha comunicato che il 60% dei Comuni italiani ha aumentato la Tari, segno di un generale incremento dei costi per la rimozione.

Purtroppo i napoletani hanno già dovuto smaltire la delusione di promesse non mantenute dal sindaco uscente, Luigi de Magistris, che aveva annunciato una drastica riduzione delle tasse comunali per le imprese danneggiate dalla pandemia. Tra dirigenti che non hanno voluto assumersi responsabilità e miliardi di euro di debiti nella contabilità municipale, le aspettative si sono tramutate in illusioni e delusioni. Tutti hanno pagato o  pagheranno più o meno ciò che dovevano pagare prima della promesse dell’ex “sindaco con la bandana”. A essere precisi, con la delibera di giunta 495 del 2020, fu stabilito uno “sconto-Covid” del 25% sulla quota variabile della Tari e nemmeno per tutte le attività: acqua che non leva sete.

Tutto ciò premesso, Manfredi non avrà molto spazio per accontentare i napoletani in tema di riduzione di tasse e imposte e, infatti, non mi pare che nel suo programma siano previste iniziative in tal senso. L’ingegnere ed ex rettore è considerato un “uomo del fare”, tanto che sua figlia ha dichiarato che «costruisce il futuro». Ma potrà agire unicamente sulle tariffe della Tari. Come scritto mesi fa, teatri e librerie in altre città (per esempio Milano) pagano per la Tari molto meno che a Napoli. Manfredi dovrà “fare qualcosa di sinistra” andando a spalmare diversamente il sopraccitato costo del servizio, agevolando alcune attività – quali quelle culturali – e aumentando la tassa a chi effettivamente produce più spazzatura.

Resta un’ultima osservazione sulla raccolta differenziata. In alcuni Comuni del Nord, da anni, consegnano sacchetti dotati di codice QR. A ciascuno è attribuito un codice, in modo che, nel momento in cui il sacchetto è collocato nel cassonetto, sia possibile stabilire con precisione la quantità e la tipologia di rifiuti prodotta da ogni cittadino o attività. E far pagare la Tari esattamente in base ai rifiuti prodotti. Chiedere che a Napoli si possa organizzare la raccolta dei rifiuti in questo modo è troppo? Magnifico rettore, ci pensi lei.