C’è un solo vincitore delle elezioni comunali. Il suo nome è Draghi. Draghi Mario, professione presidente del Consiglio. Ci si chiedeva nei giorni scorsi se il risultato del voto avrebbe avuto ripercussioni sulla politica nazionale. La risposta è: sì. Enormi ripercussioni. Gli elementi essenziali di questo voto (in attesa di poterli definire meglio quando si avranno notizie sulla distribuzione dei voti di lista) sono questi: i Cinque Stelle perdono tutto quello che avevano conquistato cinque anni fa. Cioè perdono le due grandi città che amministravano: Roma e Torino. E le perdono in modo rovinoso perché non si era mai visto un sindaco uscente restare sotto la soglia dei 25 per cento dei voti e non riuscire neppure a qualificarsi per il ballottaggio.

Il centrodestra naufraga, con risultati quasi umilianti, come quello di Napoli ma anche quello di Milano e quello di Bologna. E capisce che l’idea che la corsa verso le elezioni del 2023 sia una passeggiata con colpo di mano finale, è una idea del tutto infondata. Non solo, ma le uniche due dispute elettorali che vince (e cioè Trieste e Calabria) le vince con candidati moderati e vicini o organici a Forza Italia. Salviniani e meloniani spariti. A Torino, che resta l’unica sfida aperta, il candidato di centrodestra è quanto di più lontano si possa immaginare dal sovranismo. Chi può dire di avere vinto questa tornata, almeno nei 6 capoluoghi di regione dove si votava, è il Pd, che si accaparra al primo turno Bologna, Milano e anche Napoli, e ipoteca Roma e Torino.

Dove perde il Pd? A parte Trieste, che era scontato, perde in Calabria dove aveva stretto un patto coi 5 Stelle evitando un proprio candidato forte. Per il resto il Pd vince da solo a Milano, si piazza da solo a Torino, e ipoteca, da solo, la vittoria a Roma. Quando dico “da solo”, intendo senza 5 Stelle. Diciamo pure che l’idea di un’alleanza strategica tra Pd e 5 Stelle si è un po’ sbriciolata. A questo punto è evidente che è assai improbabile immaginare una coalizione forte e unita in grado di sbaragliare il campo nel 2023 e poi governare. L’unica possibilità di tenere in piedi il paese resta Draghi. E le urne hanno detto chiaro questo: i tre partiti che fanno la fronda a Draghi (due da dentro la coalizione, grillini e salvinisti, e uno fuori, Fratelli d’Italia), sono gli sconfitti. I partiti più organicamente draghisti, Pd e Forza Italia, portano a casa i risultati.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.