Ma senza riforme i progetti al Sud non decolleranno
Rilancio dell’economia, dall’Ue arriva un primo assegno da 25 miliardi
Finalmente siamo allo start-up dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) varato dal governo Draghi. Il trasferimento dei primi 24,9 miliardi sblocca l’avvio dei progetti dei quali 106 previsti nel 2021. Tra questi alcuni importantissimi per il Meridione per quanto riguarda sia le infrastrutture (Napoli–Bari, Palermo–Catania, prevenzione del rischio idrogeologico e così via) sia il sostegno alle imprese (a cominciare da incentivi alle aziende turistiche e transizione 4.0).
Considerando che nelle ultime settimane si sta definendo il quadro delle riforme necessarie (e obbligatorie) per la realizzazione del Pnrr, si può cominciare a trarre qualche conclusione su quanto siamo pronti a realizzare quanto programmato. Rispetto alla riforma della giustizia limitiamoci a dire che tutto ciò che va nella direzione di rendere più definiti i tempi procedimentali è positivo per il sistema socio-economico. Concentriamo l’analisi sugli interventi di riordino della Pubblica Amministrazione e di governance del Piano che dovrebbero rendere il Pnrr realizzabile nei tempi previsti dall’Unione europea: il nuovo Decreto Semplificazioni e il Decreto Reclutamento.
È necessaria una premessa: il Pnrr va completato entro il 2026, ma oggi la durata media di realizzazione di una grande opera supera abbondantemente i cento mesi e al Meridione questo dato tende drammaticamente ad aumentare. Meno del 70% dei progetti delle imprese finanziati con aiuti di Stato arriva a concludersi e con tempi che superano quasi sempre i cinque anni a disposizione. Le riforme approvate sono efficaci? Solo in parte. Avremmo bisogno di un’azione radicale sul codice degli appalti che vada verso una riduzione dei centri di responsabilità. La normativa sul responsabile unico del procedimento è debole, non integrata con le strutture organizzative pubbliche e quindi ampiamente inattuata: in un procedimento complesso si può arrivare ad avere fino a sei o sette soggetti decisori.
Il risultato è che gli iter burocratici di carattere preparatorio diventano un calvario che, nel caso di opere di grandi dimensioni, sforano molto spesso i 600 giorni per il solo avvio del cantiere. Bisognerebbe velocizzare e semplificare le procedure autorizzative (Via, Vas, pareri delle soprintendenze e così via) riducendo la discrezionalità decisoria di molti dei soggetti coinvolti in tali processi. In termini di sostegno alle imprese abbiamo pochissimi aiuti notificati, utilizziamo i regolamenti di esenzione generalisti dell’Ue che si adattano poco e male al nostro tessuto produttivo e che non ci permettono di sostenere adeguatamente i processi di innovazione applicata.
Non abbiamo una regolamentazione nazionale che favorisca l’attuazione di procedure negoziali soprattutto nel caso di realizzazione di azioni di sistema e di filiera in favore dei comparti produttivi di maggior interesse. Questo solo per citare qualche “piccolo problema” in termini di strumenti attuativi, ma probabilmente la questione più complessa è l’assoluta povertà manageriale dei nostri enti pubblici, sia quantitativamente sia qualitativamente. Abbiamo infatti una carenza enorme di dirigenti di ruolo ovunque, ma va molto peggio nei settori dove si collocano i maggiori investimenti del Piano (transizione ecologica, ricerca e innovazione, sviluppo economico, comunicazione istituzionale).
Queste le criticità che gli interventi approvati risolvono solo parzialmente. Meglio il Decreto Reclutamento che affronta efficacemente il problema del recruiting, definisce le tipologie di professionalità da ricercare e introduce alcuni strumenti immediatamente attivabili che permetteranno di dare un immediato supporto organizzativo come il raddoppio delle quote relative ai dirigenti esterni, combinandolo con la richiesta esplicita di professionalità in linea con il Pnrr.
Purtroppo ignora problemi come la riorganizzazione degli enti pubblici e le modalità di applicazione della rotazione dei dirigenti, principio che evita la concentrazione di potere ma espone a una perdita di esperienze e competenze che, alla luce dell’aumento della complessità socioeconomica, rende le Pubbliche Amministrazioni ancora meno al passo con i tempi. Meno risolutivo sembra il Decreto Semplificazione che opera efficacemente solo sulle autorizzazioni, ma nulla dice su centri decisionali e sulle procedure di procurement, oltre a ignorare gli aiuti di Stato. A Napoli, per fare un esempio, si è discusso tanto della rifunzionalizzazione dell’Albergo dei poveri, ma realizzare un intervento così impattante entro dicembre 2026, con l’attuale quadro normativo costituisce più un sogno che una concreta possibilità.
L’autostrada del sole venne realizzata tra il 1956 e il 1964, in otto anni. A bocce ferme, se volessimo realizzarla oggi, nonostante i miglioramenti tecnologici una previsione seria porterebbe a circa 40 anni (la Tav, oggi ancora incompleta, ha richiesto oltre 20 anni per diventare parzialmente funzionante). Gli attuali interventi normativi, per quanto utili, sono lontani dal comprimere i tempi in quelli del Pnrr, per cui per i macrointerventi si ricorrerà inevitabilmente a commissariamenti a tutto spiano (modello ponte Morandi) lasciando però le problematiche di sistema di fatto irrisolte e molte opere in sospeso, soprattutto se tale processo verrà attuato tagliando fuori Regioni ed enti locali così come il sistema iperaccentrato di governance del Piano lascia prevedere.
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