Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è stato costruito senza dibattito con forze sociali, politiche, con il Parlamento. Il documento fugacemente approvato non è quello inviato a Bruxelles. Il Pnrr, come sostiene anche Gianfranco Viesti, contiene interventi utili e condivisibili che produrranno effetti positivi; tuttavia essi paiono mirare più a una semplice “modernizzazione” di alcuni aspetti della vita economica, produttiva, sociale, dell’Italia, non a una sua trasformazione significativa, alla rimozione dei vincoli strutturali alla sua crescita, cioè a una mission dall’orizzonte ampio e ambizioso.

Il Pnrr usa molto il cosidetto “repackaging”, un riconfezionamento, per cui cambia la confezione ma il prodotto è lo stesso. Come nel caso della Napoli-Bari AV e AC, già finanziata, ma presentata nel Pnrr. Così si arriva a sbandierare che la percentuale del 40% delle spese territorializzabili sarà assegnata al Sud. Ma da nessuna parte si dice che i soldi eventualmente risparmiati verranno riutilizzati per altre opere infrastrutturali al Sud. Questo 40% delle spese territorializzabili ammonterebbe a circa 82 miliardi; come fa notare Viesti, si tratta di un totale… in cerca di addendi. Non è infatti disponibile nel Pnrr, né è possibile ricavarla, una ricostruzione degli interventi inclusi in tale cifra.
L’esperienza italiana da molti anni mostra che spesso e volentieri significative scelte “politiche” sono state compiute attraverso norme minori, fatte passare per questioni tecniche.
La grande maggioranza dei finanziamenti sarà assegnata in genere ai Comuni attraverso bandi. Il primo bando, chiuso il 21 maggio, e che anticipa il Pnrr, è per gli asili nido, uno dei servizi di cui più si è parlato in questi anni, con l’obiettivo dichiarato di voler colmare il gap esistente tra Sud e Centro-Nord. Il 60% di questa prima tranche sarà assegnato alle aree svantaggiate; tra i Comuni che vengono inclusi in questa categoria, oltre la stragrande maggioranza dei Comuni del Sud, ci sono tutti i capoluoghi di provincia d’Italia. I vari progetti saranno giudicati sulla base, tra l’altro, di un eventuale cofinanziamento del Comune al progetto: è facile prevedere che i Comuni del Nord, già ricchi di asili-nido e ricchi anche per poter cofinanziare i progetti, rischiano di accaparrarsi una grande fetta di questi finanziamenti aumentando, non diminuendo, il gap Sud-Nord.

Se a concorrere sono enti locali, molte amministrazioni del Sud non sembrano in grado di gestire complessivamente queste nuove ricchezze collettive sia per la dimensione straordinaria degli interventi sia perché, nell’ultimo decennio, si sono indebolite: blocco del turn-over del personale, capacità amministrativa diminuita, scarsa competenza specie nelle tecnologie digitali, età media del personale molto alta. Il rischio che i Comuni del Nord, meglio messi sotto certi punti di vista, intercettino la gran parte dei finanziamenti, è alto. Rischiamo, da qui al 2026, di vedere scomparire o assottigliarsi sempre più, anche a Napoli, i servizi sociali, i trasporti pubblici, gli asili nido. Oltre 500 Comuni del Sud, incluso Napoli, hanno aderito al movimento Recovery Sud, che chiede una corretta distribuzione dei finanziamenti e un’attenzione, così come chiede l’Europa, alla riduzione dell’enorme divario economico, sociale, civile, tra Sud e Nord d’Italia, tenendo conto esattamente degli stessi parametri utilizzati in sede europea per assegnare i fondi all’Italia. Il nuovo sindaco di Napoli dovrà intensificare la sua azione in questo senso, forte del ruolo di numero uno della città più grande del Mezzogiorno e della sua densamente popolata area metropolitana.

Ancora, questione territorializzabilità: per arrivare, anche con il trucco del repackaging, al 40% delle spese territorializzabili, si è inserita nelle spese non territorializzabili, per escluderla dal totale, per esempio, l’elettrificazione dei porti. Strano! Così come l’installazione dell’Ermts, un sistema tecnologicamente avanzato che consente una gestione molto più efficiente delle varie tratte ferroviarie: pur essendo per oltre il 90% destinate ad «ammodernare e migliorare» tratte ferroviarie al Centro-Nord (d’altronde è lì che ci sono maggiori e più numerosi tratti ferroviari), tali spese sono ritenute non territorializzabili. Non vogliamo essere presi in giro. Altro che 40%!

Infine, tanti piccoli segnali ribadiscono la poca attenzione per il Sud: è di questi giorni la denuncia – ne ha parlato Ciriaco Viggiano proprio sul Riformista – di come la detrazione fiscale massima per studenti universitari di università non statali, al Nord ammonti a circa il doppio di quella al Sud. E ci sarebbero decine e decine di esempi simili. Concludendo, il Pnrr non dev’essere un’operazione tecnocratica, ma un autentico disegno politico, innovatore, democratico, progressista, per lo sviluppo armonico di Napoli e dell’intero Paese.