A leggerle senza conoscerne la paternità, quelle parole sembravano concepite da un sudista convinto come Pino Aprile o dal leader di qualche movimento neoborbonico. E invece chi le aveva usate per replicare al premier Mario Draghi? Proprio lui, il presidente campano Vincenzo De Luca: «Nessun riferimento al divario di spesa storica. E anche la colpa di non saper progettare e spendere. Nessuna analisi differenziata fra i diversi territori e istituzioni nel Sud». Così il governatore ha risposto al monito lanciato da Draghi durante la presentazione del Recovery Plan al Senato: «Le risorse saranno sempre poche se uno non le usa».

In questa sede non interessa entrare nel merito della questione: lo facciamo alla pagina successiva spiegando, dati alla mano, come la Campania arranchi ancora nella spesa dei fondi europei. Ciò che qui interessa sottolineare sono le contraddizioni in cui De Luca cade nel momento in cui va allo scontro con Draghi su un tema come quello della capacità di spesa della Regione. La prima: insieme con Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, il presidente della Campania è oggi il più strenuo oppositore del “governo dei migliori”. Il paradosso è evidente se si pensa che De Luca è un autorevole esponente di una delle forze politiche che sostengono Draghi, cioè il Partito democratico, e di cui il figlio Piero è vicecapogruppo alla Camera. L’obiettivo? Lucrare sull’insoddisfazione che molti campani provano nei confronti di una politica nazionale sempre più inconcludente, anche a costo di delegittimare il proprio partito.

Il secondo paradosso, però, è ancora più evidente. Nel momento stesso in cui “si allontana” da Draghi, De Luca si avvicina al suo acerrimo avversario, cioè il sindaco napoletano Luigi de Magistris. La continua richiesta di fondi da parte di Palazzo Santa Lucia e la tendenza ad additare Palazzo Chigi come origine di tutti i mali del Paese (incluse le inefficienze della campagna vaccinale anti-Covid) fanno assomigliare il governatore al “sindaco ribelle”, sempre pronto ad attribuire i disastri di Napoli all’indifferenza del governo nazionale di turno. De Luca, insomma, sembra essere diventato l’alfiere non del sano meridionalismo, quello che all’indomani dell’unità d’Italia si batté per migliorare le condizioni delle masse analfabete e senza diritti da Napoli in giù, ma del sudismo più spinto, quello che da più di un secolo scarica l’incapacità delle classi dirigenti sulle responsabilità del Nord e del Governo centrale.

Chiedere che alla Campania venga attribuito un congruo numero di vaccini e di risorse economiche, come il governatore fa da settimane, è giusto e condivisibile; nascondere anni di inefficienze amministrative dietro la “scarsa generosità” dello Stato centrale, però, è la cifra di un atteggiamento autoassolutorio e improduttivo. Anziché puntare il dito contro il premier di turno e i governatori settentrionali, la Campania e il resto del Sud devono accettare la sfida dell’efficienza. In questo senso, i miliardi concessi dall’Unione europea attraverso il Next Generation Eu e gli sforzi economici dell’esecutivo Draghi tolgono qualsiasi alibi a De Luca e a tutti i pubblici amministratori: i soldi finalmente ci sono, adesso tocca dimostrare di saperli spendere in modo efficiente e responsabile. E, possibilmente, senza cedere alla desiderio delle rivendicazioni e delle sterili polemiche.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.