L’Europa metterà circa 240 miliardi a disposizione delle amministrazioni italiane che dovranno gestirle in modo rapido ed efficiente. Come fare? Partendo da una radicale riforma della pubblica amministrazione, almeno secondo l’Osservatorio regionale Banche & Imprese di economia e finanza (Obi) e l’Alleanza degli istituti meridionalisti: occorre adottare un modo di lavorare diverso che implica una radicale semplificazione delle procedure e della catena organizzativa e delle responsabilità. Bisognerà anche mettere in atto una revisione complessiva di assetti, responsabilità e articolazione del sistema degli enti pubblici, mirata a una decisa semplificazione e all’eliminazione di duplicazioni, sovrapposizioni e passaggi inutili.

Senza una buona capacità di spesa e procedure rapide, le risorse si riveleranno inutili e il rischio, soprattutto al Sud, è proprio che i progetti restino impigliati in pastoie burocratiche. Un’analisi condotta sull’anagrafe delle opere incompiute, istituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, infatti, indica che circa tre quarti dei lavori non conclusi si trovano nel Meridione e che qui occorrono circa cinque anni, contro i quattro del Nord, per ultimare un intervento. Senza dimenticare che ci sono Regioni come la Campania che non sono finora riuscite a spendere più del 35% del Fesr e del Fse.

Ora al Mezzogiorno toccherà il 40% dei miliardi del Recovery Fund. Secondo l’Obi, però,  per spenderli al meglio occorrerà realizzare un modello diverso, anche di tipo straordinario (cioè legato al solo utilizzo dei fondi europei o anche del solo Piano nazionale di ripresa e resilienza) di gestione delle procedure di appalto e delle opere pubbliche in generale. Il governo Conte, in parte, ha lanciato il cosiddetto “modello Genova”. Secondo l’Obi, però, sarà utile estendere al Recovery Plan le misure di semplificazioni derogatorie al codice degli appalti originariamente pensate esclusivamente per il periodo della pandemia. Inoltre, per tutti i progetti del Recovery Fund, quindi anche per quelli che non prevedono opere ma servizi, l’Obi suggerisce di adottare tecniche di project management di tipo aziendalistico che consentono di far partire più progetti in contemporanea, prevedendo per la pubblica amministrazione strumenti come i sistemi di business intelligence e le piattaforme di project management, la costruzione di indicatori che evidenzino ex-ante potenziali colli di bottiglia o rallentamenti nell’iter attuativo, l’attenta pianificazione di ogni progetto, l’indicazione dei target intermedi di realizzazione, delle sovrapposizioni o delle relazioni esistenti fra le diverse iniziative, il monitoraggio continuo.

Ciò richiama in modo strategico il tema delle competenze delle amministrazioni che devono essere in grado di effettuare un’attività complessa di project management. Secondo l’Obi anche un Fondo nazionale per le progettazioni, da erogare ai Comuni e agli enti locali più deboli, sarebbe utile. Proprio per scongiurare il pericolo di un’immobilità di investimento e viste le condizioni in cui si trova la pubblica amministrazione, il governo Draghi ha stipulato con le organizzazioni sindacali il Patto per il lavoro pubblico e la coesione sociale” che intende far ripartire le assunzioni nel settore pubblico, scegliendo profili professionali legati all’analisi quantitativa e statistica, alla progettazione e alla digitalizzazione.

A parere del Governo bisognerà anche investire in formazione e migliorare la produttività agendo tramite incentivi specifici, istituzionalizzando e organizzando meglio lo smart working e incentivando i dipendenti con un migliore trattamento economico. Gli esperti dell’Osservatorio, però, ritengono che si tratti del «minimo indispensabile», necessario ma non sufficiente per affrontare in modo risolutivo la sfida della gestione di risorse europee che saranno ingenti e vincolate a condizionalità molto forti e tempistiche altrettanto stringenti. Bisogna fare di più e bisogna farlo in fretta: solo così il Sud potrà allinearsi al resto del Paese.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.