Il prezzo pagato è quello di scassare le istituzioni e di dividere nuovamente il centrodestra. Il Pd e la maggioranza parlamentare invece sono uniti nel difendere prima di ogni cosa la dignità del Parlamento, che è più importante dei problemi giudiziari di Salvini». Anche il Movimento 5 stelle si schiera in difesa del Regolamento. «Quelli che dovevano essere arbitri imparziali, in particolare il presidente della Giunta Gasparri, si sono trasformati in giocatori di una sola squadra, quella del centrodestra», sottolinea Elvira Evangelista, capogruppo dei 5 Stelle in Giunta. «Sarebbe stato inutile entrare alla seduta di oggi, non possiamo consentire che organi così autorevoli possano partecipare alla campagna elettorale, perché è questo che vuole Salvini. Ha valicato ogni limite nella mancanza di rispetto delle istituzioni», ribadisce. Dallo schieramento opposto, infine, Giorgia Meloni, presidente di FdI si dice certa che alla fine «l’Aula del Senato, a febbraio, manderà a processo Salvini».

Prova a rimettere la palla al centro Stefano Ceccanti, del Pd. «Al netto di tutte le tattiche possibili in commissione e in Aula, il senso giuridico preciso del voto sulle autorizzazioni a procedere ex articolo 96 è quello chiarito puntualmente dalla legge costituzionale 1/1989. I senatori leghisti hanno, in termini di stretto diritto, affermato che Salvini non ha agito per quegli alti motivi che avrebbero configurato una sorta di ragion di Stato. Il diritto dice questo».  Ma l’agenda ieri l’hanno dettata astuzie e tatticismi, altro che diritto. Nel momento in cui si celebrano i venti anni dalla scomparsa del segretario del Psi, «l’uso politico della giustizia, da una parte e dall’altra, caratterizza la campagna elettorale». Attualissimo, uno degli ultimi allarmi lanciati da Bettino Craxi.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.