Il ritorno in aula
Scuola, il rientro è nel caos: la politica non ha imparato la sua lezione
Il rientro in classe, soprattutto a Napoli e provincia, è stato caratterizzato da confusione e incertezze. Qualcuno dirà: c’era da aspettarselo. Invece no. Siamo ormai alla terza apertura degli istituti in questo travagliato anno scolastico. Ed era più che lecito ipotizzare una ripresa delle lezioni in sicurezza. Così non è stato, almeno a giudicare dalle notizie giunte dalla città e dalla provincia.
Il liceo Alberti di Napoli, per esempio, si è trovato con un organico ridotto all’osso a causa dell’assenza di undici professori “fragili”, cioè particolarmente esposti al contagio da Covid, che hanno legittimamente scelto di rimanere a casa. Comprensibili le difficoltà per i vertici dell’istituto, se si pensa che il Governo ha disposto il rientro in aula senza un adeguato preavviso e che per reclutare insegnanti in sostituzione occorrono almeno 48 ore. Non è andata meglio in provincia. A Castellammare gli allievi dei licei Plinio Seniore e Severi hanno proclamato cinque giorni di sciopero per protestare contro le carenze strutturali delle aule e l’insufficienza del trasporto pubblico cittadino. Non sono rivendicazioni peregrine, se si pensa che, in Campania, il 40% degli edifici che ospitano scuole statali non è stato appositamente costruito per uso scolastico e che la la ressa si è comunque registrata su treni, tram e autobus a Napoli e in provincia.
Tutto ciò dimostra come, per la terza volta, la politica si sia fatta cogliere impreparata dai problemi connessi al rientro di studenti e prof in aula. A settembre l’allora governo Conte bis ha puntato sui banchi a rotelle, mentre il governatore campano Vincenzo De Luca ha rinviato la ripresa delle lezioni di due settimane. A gennaio l’annullamento, da parte del Tar, delle ordinanze regionali che imponevano la didattica a distanza ha svelato una lunga serie di carenze. A cominciare dalla mancata adozione del piano degli orari, che i sindaci sono tenuti ad approvare per scaglionare gli ingressi nelle scuole e negli uffici pubblici in base a una legge risalente addirittura al 2000, per finire con l’insufficiente potenziamento delle corse dei mezzi del trasporto pubblico locale, al quale sarebbe stato il caso di affiancare i vettori privati. In tutto ciò, anziché correre ai ripari, i rappresentanti istituzionali non hanno fatto di meglio che polemizzare. Risultato: secondo Save the children, tra settembre 2020 e febbraio 2021, gli studenti delle medie di Napoli sono andati a scuola soltanto 42 giorni sui 97 previsti, molto meno dei coetanei di Roma e Milano. Con buona pace non solo del diritto all’istruzione, ma anche del divario tra Nord e Sud.
È grave che la carenza di programmazione sul fronte scolastico si ripresenti adesso, per la terza volta in pochi mesi, con il governo Draghi costretto a limitare al 60% il numero degli studenti in aula a partire da lunedì. Sistemi di sanificazione continua dei locali? Nessuno ne parla. Utilizzo degli spazi all’aperto? Solo ieri il ministro Patrizio Bianchi l’ha ipotizzato insieme con un ripensamento degli orari di lezione e del trasporto locale che Governo, Regioni e Comuni avrebbero dovuto adottare già da mesi. Vuol dire che la politica non ha imparato la lezione e, a un anno dallo scoppio della pandemia, non ha individuato una strategia per consentire agli studenti di riprendere le lezioni in sicurezza. Inefficienze che fanno meritare la bocciatura agli amministratori, non certo agli studenti destinati a scontare le devastanti conseguenze della lontananza da scuola a livello sia formativo che psicologico.
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