L’Italia non è un paese per giovani, prendendo in prestito e modificando il titolo del noto film dei fratelli Coen. Lo dimostrano alcuni dei punti programmatici delle due principali coalizioni, come la Quota 41 del centrodestra, che pagheranno le prossime generazioni, o la ‘mancia elettorale’ del Partito Democratico con la dote da 10mila euro ai 18enni.

Ad aggiungersi a questo quadro, già inquietante, è poi la proposta che sta circolando in questi giorni della Dad, la didattica a distanza, come risposta alla crisi energetica. Un ‘contributo’ da parte del mondo della scuola, lo definisce in una intervista al Corriere della Sera Antonello Giannelli, presidente del più grande sindacato dei presidi italiani (Anp).

Anche la scuola deve fare la sua parte”, spiega Giannelli che, però, sottolinea come “qualsiasi misura si decida di prendere per risparmiare, non deve pregiudicare il diritto allo studio né deve essere lasciata alla decisione della singola scuola”. L’ipotesi in ballo è quella di dedicare un giorno della settimana alla Dad, probabilmente il sabato, oltre a ridurre di uno o due gradi le temperature nelle aule per risparmiare sulle bollette.

Noi siamo pronti a considerare questa opzione purché sia per tutti gli istituti”, dice Giannelli al Corriere. Ma allo studio ci sarebbe anche una terza ipotesi, ovvero quella di accorciare la settimana scolastica, dal lunedì al venerdì, aggiungendo un’ora in più alle lezioni: un altro modo per consentire alle scuole di non accendere riscaldamenti e luci per un giorno intero.

Ancora una volta dunque a pagare la crisi, anche quella energetica, dovrebbero essere i più deboli, i giovani e gli studenti. Dopo tre anni condizionati dalla pandemia, con insegnamento a distanza e socializzazione ai minimi termini, a una generazione già duramente segnata dal Covid-19 si chiedono ulteriori sacrifici. 

A farlo notare anche Enrico Mentana, direttore del tg di La7, che sottolinea come “in Italia si pensa ai giovani, e alla loro crescita, solo quando si fanno debiti che loro dovranno pagare. Da noi Next Generation Eu è solo il riferimento a chi dovrà restituire all’Europa le decine di miliardi prestati con il Pnrr”.

Eppure tutti gli indicatori dovrebbero suggerire alla classe politica di finirla di chiedere sacrifici a chi, i giovani, soffre maggiormente la difficoltà di un “sistema paese” in crisi atavica. Secondo il Rapporto annuale dell’Istat diffuso lo scorso luglio, le persone che vivono in condizioni di povertà assoluta sono tre volte di più oggi, rispetto al 2005: sono passate da 1,9 milioni 17 anni fa, a 5,6 milioni nel 2021. Nella fascia di età tra i 18 e i 34 anni l’incidenza della povertà è addirittura quadruplicata, dal 3,1% del 2005 all’11,1% di un anno fa: in termini assoluti si parla di 1,1 milioni di persone.

E a bocciare l’idea, tra i partiti, c’è il Movimento 5 Stelle. Per Giuseppe Conte infatti i pentastellati non sono a favore di possibili riduzione dell’orario scolastico o ritorno alla Dad. “I nostri ragazzi hanno già dato. E’ una generazione che ha già sofferto di un’offerta formativa compromessa e di occasioni di socialità mancate. Non si facciano pagare alla scuola le conseguenze della crisi energetica. Negli ultimi due anni la scuola ha subito troppo: questo deve essere l’anno della piena normalità, della ripartenza e del rilancio“, le parole dell’ex premier.  “Altro discorso è valutare con i dirigenti scolastici la possibilità di una redistribuzione dell’orario scolastico che, in un quadro integrato col sistema dei trasporti, possa generare economie di sistema“, ha aggiunto Conte.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia