Nel passare, ieri, tra la Camera dei deputati e palazzo Chigi si era colti da un senso di straniamento. A Montecitorio la camera “sciolta” ma riunita votava uno dopo l’altro gli articoli del decreto Concorrenza, quello che è stato fermo circa otto mesi e che, tra balneari e tassisti, si può dire che abbia fatto cadere il governo. Una volta stralciati i taxi (art. 10), il testo è stato approvato in due giorni, senza fiducia con 345 voti a favore e solo 41 contrari. La vera attività parlamentare in queste ore è focalizzata su liste e alleanze. Il resto conta poco.

A palazzo Chigi il premier uscente Mario Draghi incontrava le associazioni di categoria e con il ministro Franco spiegava ai ministri che saranno ben 14,3 i miliardi destinati alle famiglie e alle imprese per far fronte alla tempesta perfetta di guerra, inflazione, speculazione e crisi energetica. Il decreto è pronto. I dettagli la prossima settimana. Poi, allungando un occhio e un orecchio verso Bruxelles – sempre ieri – scoprivi che il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani portava a casa la modifica al Piano energetico europeo anticrisi che ha fissato il risparmio di gas al 7% ( e non più al 15%) in Italia già previsto dal piano approvato a maggio e, soprattutto, che il tetto europeo al prezzo del gas (price cap) è molto più vicino del previsto. Non sarà una vittoria “postuma” di Draghi visto che probabilmente scatterà a settembre quando il governo sarà ancora al suo posto. Di sicuro approvarlo prima avrebbe reso più semplice la navigazione del governo Draghi che insiste su questo punto da ottobre 2021. Ben prima della guerra. Perché i prezzi sono aumentati a prescindere dalla guerra.

Insomma, la notizia è che c’è un governo che governa e il Parlamento che organizza come può la campagna elettorale. E già questo di per sé fa sentire tutti più tranquilli. Speriamo anche i mercati e lo spread. Draghi lo ha ripetuto due volte ieri mattina durante la riunione del Consiglio dei ministri: “Le attività del Governo non si fermano – ha assicurato – l’esecutivo ha ancora tanto da fare sempre nel perimetro delle funzioni che gli competono in questa fase”. Che il presidente Mattarella ha allargato il più possibile e il premier uscente fissato in una ricca circolare: non potrà essere usata la fiducia e non potranno essere avviati provvedimenti nuovi, ma tutto ciò che è urgente perché legato a scadenze precise (i decreti delegati e tutto ciò che ruota intorno al Pnrr a cui sarà dedicato un nuovo Cdm domani) o perché legato alle emergenze del momento, può e deve essere fatto. Il governo c’è e governa.

Ad esempio salgono a 14,3 miliardi di euro le risorse a disposizione per il nuovo decreto aiuti che approderà in Cdm la prossima settimana. Il tesoretto arriva grazie alle maggiori entrate incassate dallo Stato in questo periodo. L’obiettivo, scrivono Draghi e il ministro Franco nella relazione sull’assestamento di bilancio inviata al Parlamento, è “contrastare gli effetti su individui, famiglie, imprese ed enti pubblici legati all’incremento dei prezzi dei prodotti energetici e, più in generale, dell’inflazione, al perdurare della diffusione del virus Covid-19, alle ripercussioni del prolungato periodo di siccità”. Parte di quei soldi serviranno anche per “ristorare le amministrazioni centrali dello Stato per le risorse utilizzate a copertura di precedenti provvedimenti di urgenza adottati nel corso dell’esercizio”.

Dall’inizio dell’anno diventano così 47 i miliardi che il governo ha messo a disposizione di cittadini e imprese per far fronte ad inflazione e caro energia. Soldi recuperati senza fare scostamento di bilancio e quindi senza produrre ulteriore debito pubblico. Dimostrando attenzione e capacità nella gestione dei conto pubblici molto apprezzata a Bruxelles e che speriamo di non dover rimpiangere troppo presto. Lega e 5 Stelle chiedono lo scostamento di bilancio per almeno 50 miliardi da quando è scoppiata la guerra. Ne sono arrivati 47 senza far un centesimo di debito in più. Succede che, ha spiegato il ministro Franco, nei primi sei mesi dell’anno, nonostante l’evolversi della situazione internazionale, il quadro tendenziale di finanza pubblica ha fatto registrare un sostanziale miglioramento, con l’indebitamento netto per il 2022 che risulterebbe “inferiore di 0,8 punti di Pil” rispetto alle stime. In valore assoluto l’indebitamento risulterebbe inferiore di circa 14,3 miliardi di euro, interamente dovuto alle maggiori entrate.

Il testo sarà disponibile la prossima settimana. In queste ore infatti – ieri mattina e di nuovo stamani – Draghi sta incontrando parti sociali e associazioni di categoria per capire come investire questi miliardi. Nel mazzo ci sono i crediti d’imposta per le imprese, il bonus sociale di 200 sulle bollette e il taglio degli oneri di sistema. Si ragiona anche sul taglio all’Iva sui beni di prima necessità (pane, pasta, latte, olio di oliva) ora sottoposti all’aliquota del 4% e sul dimezzamento dell’aliquota del 10% su altri generi alimentari, come carne, pesce e uova.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.