Mario Draghi è al lavoro. L’emergenza gas non concede tregua: al telefono con il commissario Gentiloni, poi con il Quirinale, infine con i vertici di Eni, il premier ha tenuto la struttura di Palazzo Chigi a luci accese fino a tarda sera, ieri. L’ordinaria amministrazione può attendere, di ordinario non c’è niente. Da Amsterdam, borsa dell’energia, è arrivata negli uffici del premier la notizia dello sfondamento del Megawattora del gas: tocca i 339 euro, massimo storico di sempre. Poi ripiega di poco, a quota 337 euro. Un prezzo inaccessibile, mentre Putin fa bruciare 10 milioni di euro di gas al giorno al confine con la Finlandia per mantenere la pressione dei gasdotti. Pressione che si riverbera sul consumatore italiano, malgrado il gas sia stato tenuto accuratamente al riparo da tutte le sanzioni.

La centrifuga impazzita delle bollette energetiche renderebbe antieconomica la maggior parte delle attività industriali e molta parte di quelle artigianali. Le produzioni energivore sono già da tre settimane fuori mercato: nessun aumento di prezzo al pubblico può più coprire i costi di produzione per acciaio, semilavorati, ceramiche, vetro e carta. Draghi prova a capire se ci sono i margini per un decreto urgente. Stava già lavorando al tetto per il prezzo del gas in allineamento con l’Europa. Se messo in atto, avrebbe risolto due problemi non da poco: avrebbe contenuto il costo dell’energia e ci avrebbe messi al riparo da qualsiasi ricatto russo sull’aumento dei prezzi, tramite il volano della minor immissione. E avrebbe ridotto della metà gli utili per Gazprom.

Qualcuno lo ha fermato giusto in tempo per scongiurare l’operazione. Anche se dal giorno dopo in quasi tutti i partiti è scattata la corsa a rivendicare la patente di draghismo applicato. Perché adesso tutti si accorgono che settembre e ottobre “rischiano di essere devastanti per le famiglie e per le imprese”, come ha detto Matteo Salvini. Che apre a qualsiasi soluzione sia utile a togliere le castagne dal fuoco al centrodestra: «Se Draghi porta in Cdm o in Parlamento anche la prossima settimana un provvedimento da miliardi, da decine di miliardi per sostenere famiglie e imprese il voto della Lega è assicurato».

Il libro dei sogni della campagna elettorale cede il passo a un esercizio di realismo che il centrodestra vorrebbe usare per esorcizzare i fantasmi della crisi. Adesso tutti i partiti della coalizione premiata dai sondaggi – Fdi, Lega, Forza Italia, Noi con l’Italia – chiedono al governo Draghi di fare in fretta. «Noi chiedemmo mesi fa un investimento maggiore, uno scostamento di bilancio, ci dissero no». Salvini, che non è capace di mezze misure, la vede grigia: «Se il prezzo non scende il prossimo Governo, e quindi per me l’operazione verità è sempre meglio che non l’operazione silenzio, dovrà razionare luce e gas a partire dalle imprese». Il leader del Carroccio tira in ballo Parigi: «Vorrei evitarlo, ma l’ha già detto Macron, e la Francia oltretutto ha decine di reattori nucleari operativi. Noi non ce l’abbiamo, importiamo solo energia dall’estero, quindi se non si interviene il rischio di decidere chi si riscalda e chi no, chi accende la luce e chi no è assolutamente concreto».

È preoccupato anche Silvio Berlusconi: «Quello del costo dell’energia è un tema essenziale per una Regione ricca di imprese come la nostra, si rischia un disastro per le famiglie ai prezzi attuali e per le imprese. Io ho chiesto per primo al governo di intervenire e ho notizia che si sta predisponendo un decreto», ha detto il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Ha buon gioco il ministro degli Esteri nel ripercorrere le vicende dell’ultimo scorcio di vita del governo: «Noi speriamo di scongiurare i razionamenti con tutte le nostre forze – ha detto Luigi Di Maio – sia come Governo che come forze politiche. Il governo farà tutto il possibile e interverrà in maniera incisiva. Ma quelli che hanno provocato la crisi di Governo a luglio adesso dovrebbero tacere, invece di chiedere interventi al Governo».

L’appello di Carlo Calenda sulla pax elettorale sembra cadere nel vuoto: il leader del Terzo polo aveva chiesto di sospendere per un giorno la campagna affinché i partiti potessero mettersi intorno a un tavolo e affrontare il problema del caro energia in modo unitario. La capogruppo di Italia Viva in commissione ambiente, Silvia Fregolent, prova a rilanciare: «Già il 21 giugno scorso nel corso di Elettricità Futura, Matteo Renzi rivolse ai partiti lo stesso appello ma tre irresponsabili, Conte, Salvini e Berlusconi non lo hanno raccolto e poco dopo hanno fatto cadere il governo che procedeva a grandi passi dall’autonomia dal gas russo». Le questioni strategiche internazionali – geopolitiche ed energetiche – si mescolano alle istanze della campagna elettorale.

Enrico Letta denuncia “forti ingerenze della Russia in campagna elettorale”, Di Maio rilancia: «Le ingerenze ormai se le creano da sole le forze politiche. Salvini lo dice chiaramente che le sanzioni vanno tolte, che bisogna aiutare Putin, che è contrario al tetto al prezzo del gas e quindi si aiuta Putin». La sfida dell’ex alleato ed ex collega vice premier è a tutto campo: «Sfido Salvini a un confronto pubblico, dove vuole. Può portarsi anche Berlusconi, dietro. Anzi si può fare anche a casa di Berlusconi», dice facendo balenare l’ipotesi Mediaset.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.