Il nuovo Dpcm è quasi pronto. Resta un ultimo tassello da chiarire: la questione delle scuole aperte o chiuse. Si torna indietro, a un anno fa nelle zone rosse, dove tutte le scuole saranno chiuse, anche quelle dei più piccoli. Lo scontro si svolge sulle zone arancione: chiudere o tenerle aperte? A deciderlo saranno i governatori ma è da chiarire se ci sarà un automatismo o la discrezionalità. Il rischio è una gestione molto differente in tutte le regioni.
Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi si è opposto alla chiusura delle scuole in zona arancione: “Eh, no, se vogliamo chiudere le scuole in arancione, allora voglio vedere chiusi anche i centri commerciali. Non è pensabile non far andare i ragazzi in aula e vederli poi assembrati fuori”, avrebbe detto. Intanto oggi si terrà l’ennesima riunione per capire come fare.
Agostino Miozzo ha proposto l’interruzione della didattica in presenza qualora nelle regioni in zona arancione si superino i 250 casi di Coronavirus ogni 100mila abitanti. Per il ministro dell’istruzione invece è giusto che i governatori chiudano le scuole solo nel momento in cui è necessario lo stop anche alle altre attività, compresi negozi e centri commerciali.
La questione sollevata da Bianchi e da altri ministri come Speranza, Bonetti, Franceschini e Patuanelli, in contrapposizione a Giorgetti e Gelmini, è che non ha senso chiudere le scuole permettendo, invece, ai negozi di restare aperti in zona arancione. Nell’impasse del governo centrale, alcuni presidenti di Regione si sono mossi in autonomia. Luca Zaia, del Veneto, l’ha detto chiaramente: “Molte delle Regioni che oggi sono in difficoltà hanno aperto le scuole quasi un mese prima di noi. Guardiamo i dati epidemiologici: credo che la correlazione con le scuole ci sia fino in fondo. Non lo dico io, ma la letteratura scientifica”.
“Non voglio aspettare che si ammalino i bambini prima di dover chiudere queste scuole”, gli ha fatto eco il governatore calabrese Nino Spirlì. La linea dei prudenti trova supporto nei numeri della pandemia in Italia: lunedì primo marzo, rispetto al lunedì della settimana precedente, i contagi sono aumentati del 36%. Per quanto riguarda le scuole, è la questione varianti ad allarmare particolarmente gli scienziati: il 60% degli attualmente positivi ne sarebbe colpito, sommando le varianti cosiddette inglese, brasiliana e sudafricana. E le varianti, diversi studi l’hanno dimostrato, si diffondono con estrema facilità anche tra la popolazione di età scolastica.
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