Vediamo quel che è successo con i soccorsi nel nostro mare soltanto ieri, una giornata che con il miglioramento delle condizioni meteo, potrebbe diventare la normalità. Cinquecento persone, molti bambini, su un peschereccio che imbarca acqua nello Jonio, in zona Sar italiana. Mentre scriviamo, a 9 ore dal primo allarme ricevuto da Mrcc, il centro nazionale del coordinamento del soccorso marittimo, non sono ancora stati raggiunti dai mezzi di soccorso.

L’allarme lo ha dato alle 9.10 il telefono del soccorso civile Alarm phone contattato da alcune delle persone a bordo. Ma già alle 8.55 l’aereo Eagle1 di Frontex e un elicottero della US Navy avevano individuato l’imbarcazione stracolma e avvisato i centri di controllo italiani. “I barconi sono tre, vasta operazione Sar on area, in arrivo con più di mille persone” segnala Sergio Scandura di Radio Radicale. I casi Sar aperti sono più di venti. Su ogni rotta. Forte libecciata, venti di burrasca sullo Jonio condizioni meteomarine in peggioramento. Intervengono almeno cinque motovedette, tre navi, un aereo della Guardia costiera. Su richiesta, e sotto il comando della Guardia costiera, interviene anche una nave della Marina militare, la Sirio.

E siamo soltanto a marzo. A luglio avremo un Mediterraneo pieno di profughi che stanno scappando da teatri di guerra, da persecuzioni e che hanno diritto di asilo. E diventano naufraghi in mare. Queste persone che scappano quindi non c’entrano niente con il decreto flussi o con questo tipo di canali. Per loro al momento non ci sono canali d’ingresso umanitari, non c’è una via, non ci sono evacuazioni che l’Europa potrebbe gestire. I corridoi umanitari in Italia riguardano seicento persone l’anno. È questo il nodo: è il diritto di asilo. Che non si può affrontare con il decreto flussi, legato al mercato del lavoro e non al soccorso secondo il principio della Convenzione di Ginevra e di quella di Amburgo. Vite umane, non braccia, o numeri. Quello che è successo ieri dimostra che siamo in presenza di una tragedia umanitaria. Il discorso sul pull factor delle Ong si rivela per quello che è: una bufala. Le rotte sono almeno quattro: Turchia, Cirenaica, Mediterraneo centrale e Tunisia. In condizioni così nessun meccanismo di “normale” gestione Sar può reggere.

Come non si eviteranno altre tragedie se ogni giorno sarà trattato come singola emergenza? Per questo è assurdo che l’unica cosa che il governo doveva fare dopo la strage di Cutro – e cioè rendere più efficienti e razionali i soccorsi potenziandone il dispositivo, aggiungendo le navi della Marina, disponendo un servizio di appoggio aereo – non sia stato fatto. La cosa più seria che la Meloni poteva pretendere dall’Europa, e l’avrebbe ottenuta, era il finanziamento di una missione istituzionale di search and rescue. Ma niente di tutto questo. Farfugliando di anni di galera in tutto il globo terraqueo, non si salvano le vite umane. Si ammazzano. Ci vuole una Mare Nostrum, che coinvolga le navi della Marina, piaccia o non piaccia a Salvini, altrimenti i prossimi morti davvero nessuno potrà pensare di scrollarseli di dosso con una passerella. Saranno vite che non si sono volute salvare, e non basterà il capro espiatorio degli “scafisti” per lavarsi la coscienza.

Una missione istituzionale Mare Nostrum che disponga dei mezzi navali idonei, che possa intervenire su tanti casi contemporaneamente, che abbia navi in grado di fare anche soccorsi in sequenza, su quattro rotte diverse. È fondamentale la presenza pianificata di assetti navali in mare in grado di essere già sulle rotte, e non metterci dieci ore per raggiungere le imbarcazioni in distress. La situazione in mare è nota, si conosce già, si può e si deve affrontare in maniera seria. Per salvare. Per non lasciare niente di intentato. Meloni nella conferenza stampa ha detto che Crosetto l’aveva proposta poi lui stesso ha chiesto di ritirarla, riferendosi all’idea di affiancare la Marina alla Guardia Costiera. Io credo che sia stata ritirata per accontentare Salvini. Ma quante vite innocenti vale la tranquillità di un alleato di governo?