Non è ancora chiaro se sarà un decreto legge o un disegno di legge. “Comunque provvedimenti subito applicabili” filtra da palazzo Chigi che “avranno al centro come parola chiave gli scafisti da una parte e alcune facilitazioni per gli ingressi legali dall’altra”. E un focus anche sulle espulsioni, il vero buco nero delle politiche migratorie negli ultimi dieci anni.

Giorgia Meloni ha messo in cima sulla sua scrivania il dossier immigrati. Con buona pace di Salvini e della Lega che cercano visibilità sul tema con provvedimenti di segno opposto presentati in Parlamento. Questo non vuole dire esautorare il Viminale. E meno che mai che sia all’ordine del giorno l’ipotesi di un ministero per l’immigrazione separato dall’Interno (che sarebbe per altro un momento di chiarezza nella gestione del fenomeno). Di sicuro però nella tragedia di Cutro la Presidenza del consiglio sta avendo una mano d’aiuto più da Bruxelles, dalla presidente von der Leyen e dal premier olandese Mark Rutte (ieri il bilaterale di oltre un’ora e mezzo a palazzo Chigi) che dal Viminale, dal suo titolare, il ministro Matteo Piantedosi e dalla sua stessa maggioranza.

Palazzo Chigi è al lavoro perché il Consiglio dei ministri oggi in trasferta a Cutro non sembri quella “passerella mediatica” di cui invece parlano le opposizioni. “Troppo tardi” è l’accusa. “Inutile e dannosa” aggiungono soprattutto da Verdi e sinistra vista e considerata la sceneggiata di ieri sulla sepoltura delle bare, ennesima amara beffa per famiglie distrutte dal dolore a cui è stato comunicato ieri mattina che le salme sarebbero state trasportate e tumulate in giornata a Bologna. L’accordo finale è stato che le bare andranno dove chiedono i familiari. A spese dello Stato italiano.

Top secret il programma di giornata. Non fissato neppure l’orario della riunione di governo. Si sa solo che la sede sarà il palazzo comunale e che sarà presa ogni precauzione per dare il minor fastidio possibile. E’ stato un grave errore non andare prima, Giorgia Meloni non lo ammetterà mai ma ne è intimamente consapevole e cercherà di fare qualcosa per rimediare. Assenti i ministri Piantedosi e Tajani ma per impegni europei: oggi è fissato a Bruxelles un consiglio dei ministri degli Esteri e dell’Interno.

L’aiuto di Bruxelles
Il supporto di Bruxelles in questa fase sembra l’inatteso il cigno bianco, inteso come evento positivo, dopo una sequela di cigni neri. Poco dopo la tragedia, prima di partire per il G20, Meloni aveva scritto alla presidente von der Leyen per sollecitare l’aiuto europeo nella gestione dei flussi e nel controllo delle partenze e del traffico dei migranti. La numero uno della Commissione Ue ha risposto martedì con una lunga e articolata lettera che sembrava più rispondere al monito del presidente Mattarella (“è il momento questo di fatti e risposte concrete”) ma cascava a fagiolo anche per Meloni.

“L’immigrazione è un problema europeo che richiede soluzioni europee” è l’esordio della missiva. Ed è esattamente questo l’approccio del Nuovo Patto su Immigrazione e Asilo proposto dalla Commissione Ue due anni e mezzo fa (cade così la narrazione che è il governo di Giorgia Meloni aver portato il tema immigrazione al cento dell’agenda Ue), tuttora però bloccato in Consiglio Ue e che ora “sarebbe essenziale far avanzare”. I 27 sono divisi, fanno blocco i nazionalismi dei paesi di Visegrad, con Austria e Ungheria, i grandi amici del governo Meloni, per l’appunto. Ci sono comunque tre azioni che possono essere accelerate: “Lavorare con i paesi partner per impedire le partenze dei migranti irregolari”: fornire ai migranti “alternative reali alla migrazione”, rimpatri volontari (aiutati da fondi per avviare un’attività nel paese di origine) a chi non ha diritto di restare nella Ue e contrastare i trafficanti rafforzando gli accordi operativi con Niger e Marocco e poi con Tunisia ed Egitto.

Infine “un approccio più coordinato tra i paesi costieri” per le attività di ricerca e soccorso. Una piccola Mare nostrum perché mai più debbano annegare profughi che inseguono una nuova vita. Gli obiettivi, i goal, sono chiari e sono cinque: aiutare chi ha bisogno della protezione internazionale, afgani e iraniani sì, tunisini ed egiziani no, tanto per fare un esempio; impedire le partenze irregolari; combattere le reti criminali dei trafficanti; offrire percorsi per l’immigrazione sicura e legale; rimpatriare coloro che non hanno diritto di restare nella Ue. Obiettivi chiari. Il problema, come sempre, è finalizzarli. La cosa più concreta sono i 500 milioni “per il reinsediamento dei rifugiati e per i corridoi umanitari fino al 2025”.

L’intesa con Rutte
Ancora più un assist a Giorgia Meloni sono sembrate ieri le parole di Mark Rutte. Inattese, francamente, visti i precedenti tra Italia e Olanda. “Si chiama intesa personale” si fa notare a palazzo Chigi. “C’è un ottimo rapporto – ha esordito il premier olandese nelle dichiarazioni post bilaterale – non solo per la questione dei migranti, ma anche per altri temi. Mi piace il pragmatismo di questo governo. C’è fiducia”. Dunque via libera all’azione comune contro gli scafisti e per creare in Africa, nei paesi di partenza e di transito, le condizioni per ridurre le partenze ma anche aiutare chi ha diritto di arrivare in Europa.

”Dobbiamo lavorare con i Paesi terzi. Per esempio fare dei partenariati, armonizzare la politica sui visti, ed essere più presenti in Africa insieme alla Commissione europea”. Olanda e l’Italia “non saranno d’accordo su tutto (ad esempio sulle regole di bilancio, flessibilità e sul patto di stabilità. ndr) ma insieme possiamo essere una forza motrice, collaborare bene tra i Paesi del nord e del sud e arrivare a delle soluzioni” ha concluso il capo del governo olandese “molto impressionato dal piano di riforme dell’Italia” e “affatto preoccupato per il suo debito”. Fiducia e complimenti inattesi.

Le rose e le spine
Fin qui le rose di giornata. Poi arrivano le spine. Come sempre dalla maggioranza. Fratelli d’Italia, più corretto dire la premier Meloni, e Lega hanno posizioni diverse sulla ricetta da mettere in campo. Nel provvedimento di oggi ci saranno pene più severe per i trafficanti con aggravanti specifiche in caso di naufragio, misure per stoppare le partenze illegali, aumentare i rubinetti dei flussi regolari e quindi dei corridoi umanitari, iter più snelli per dare asilo ai profughi.

Si cercherà anche di fare di più e meglio per le espulsioni: è allo studio la riapertura dei Cie (Centro per l’identificazione e l’espulsione) e misure premiali con i paesi di partenza a cui potrebbero essere concessi più visti e quote flussi se collaborano sul piano delle espulsioni. Sempre che, ovviamente, i paesi di partenza siano considerati “sicuri”. Un mix di misure che sembrano avere un taglio più umanitario che repressivo. I dettagli fanno la differenza in questi dossier. Il tipo di intervento, un decreto legge o più provvedimenti, è ancora in discussione tanto che il pre Cdm, inizialmente in agenda per ieri pomeriggio a palazzo Chigi, è stato rinviato alle 8.30 di stamani. Ed è sulla natura di queste norme che si consuma il braccio di ferro con la Lega. E con il pacchetto di norme – la riproposizione dei pacchetti sicurezza Salvini 2018 – che il capogruppo Molinari e il fedelissimo Iezzi vogliono discutere proprio oggi alla Camera in Commissione Affari costituzionali mentre il governo a Cutro voterà norme di senso diverso.

“Vedremo cosa vorrà fare Fratelli d’Italia rispetto alle nostre proposte” ha detto ieri mattina minaccioso il capogruppo della Lega Molinari. Cioè tornare al primo decreto sicurezza di Salvini, quello del 2018 ai tempi del Conte 1, che è stato svuotato dopo gli interventi fatti dal secondo governo Conte e poi dalla Lamorgese. “Dobbiamo stringere le maglie delle protezioni che vengono date ai migranti che arrivano in Italia” ha spiegato Igor Iezzi che è il primo firmatario delle norme e capogruppo della Lega in Commissione Affari costituzionali. Si parla, in questo pacchetto leghista che suona opposto a quello di Meloni, di “reintrodurre i divieti per le cosiddette protezioni speciali, che vengono date a chi non è un rifugiato e non ha un lavoro”. Una stretta per rimediare “ad un sistema di accoglienza come quello attuale, pieno di falle e sbilanciato verso la distribuzione a pioggia di titoli di soggiorno”. Due impostazione e due filosofie opposte. Difficile trovare una sintesi.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.