Il caso
Servizi di pulizie, l’Asl fa come vuole e ignora il Consiglio di Stato
Giustizia, burocrazia, sanità. Mettete insieme queste tre parole e il mix sarà esplosivo. Torniamo a parlare dell’Asl Napoli 1 e delle gare per l’assegnazione dei lavori di pulizia all’interno delle strutture ospedaliere. La storia continua con un Consiglio di Stato che, per dirla con parole povere, ha fatto spallucce di fronte ai ricorsi della Csm Service e della Romeo Gestioni, che per trasparenza ricordiamo essere una delle società del gruppo Romeo che fa capo all’editore di questo giornale. Ha fatto spallucce non entrando nel merito della vicenda. Dall’altro capo del filo c’è l’Asl Napoli 1 che va avanti per la sua strada, accumulando danni e non rispettando la legge. Ecco perché. Ripercorriamo la vicenda fino ad arrivare ai giorni nostri. Nel dicembre 2020 l’azienda sanitaria firma due contratti di appalto (sempre relativi alla pulizia e alla sanificazione), uno con CM Service per il lotto numero 1 (da 80 milioni di euro) e l’altro con Romeo Gestioni per il lotto numero 2 Ospedale del Mare (da circa 30 milioni di euro).
Appalto che parte regolarmente con le aziende che erogano i servizi di pulizia. A questo punto una delle consorziate CSI (la EPM) in virtù della convenzione Consip fa ricorso prima al Tar Campania e poi al Consiglio di Stato alludendo a un conflitto di interessi tra il direttore generale Ciro Verdoliva e una delle aziende vincitrici. Il Consiglio di Stato allora dispone il rinnovo solo di una fase della gara. L’Asl Napoli 1, quindi, da direttive emanate dal Consiglio di Stato avrebbe dovuto rifare parzialmente la gara e a giudicare le aziende concorrenti (le stesse che hanno partecipato alla prima gara) ci sarebbe dovuta essere una nuova commissione. Tutto questo non avviene. Anzi, l’Asl fa sapere di aver aderito alla Convenzione Consip, non ottemperando a ciò che il Consiglio di Stato aveva chiesto di fare. A questo punto c’è un ricorso da parte delle aziende coinvolte con il presidente della III sezione del Consiglio di Stato, su istanza di Romeo Gestioni e di CM, che lo scorso 24 maggio impone all’ASLNA1 di presentare entro il termine di trenta giorni “una documentata relazione, da cui si possano desumere le iniziative volte a dare esecuzione al giudicato”.
C’è un ricorso della Romeo Gestioni. Poi ce né un altro. Senza mettere in fila tutte le carte, servirebbe un libro, arriviamo a oggi. Il Consiglio di Stato si riservò di decidere entro il 30 giugno e così è stato. Anzi, è stato per metà. C’è stata una discussione celebrata innanzi a un Consiglio privo di un presidente titolare e con un’ampia discussione che ha evidenziato il profilo assolutamente elusivo dell’Asl Napoli 1 rispetto al diktat del Consiglio di Stato. Dicevamo, i legali delle due aziende coinvolte avevano chiesto al Consiglio di Stato visto che “la tesi è veramente aberrante e denuncia l’intento dell’Asl di sovrapporsi inammissibilmente al dictum del Consiglio di Stato, con un provvedimento che – proprio perché violativo ed esclusivo del giudicato – non sfugge al controllo del giudice dell’ottemperanza, si chiede l’accoglimento dell’istanza cautelare”. Risposta? Rigettata. Ah e per inciso, l’Asl con le sue scelte ha deciso di pagare sei milioni di euro in più l’anno pur di non rispettare la sentenza del Consiglio di Stato. Ma vediamo le (non) motivazioni fornite da quest’ultimo nel rinviare al mittente la richiesta.
“Ritenuto che la domanda cautelare non allega un profilo di pregiudizio assistito dell’attributo della irreparabilità – scrive il Consiglio di Stato – avendo la pretesa azionata della società ricorrente natura eminentemente patrimoniale come tale sempre ristorabile considerato ancora che, per la necessità di approfondire le complesse censure qui sollevate nel merito, sussistono le ragioni per compensare interamente tra le parti le spese della presente fase cautelare rigetta la domanda cautelare”. In poche parole dovremmo entrare nel merito, ma non lo facciamo. O meglio ci riserviamo di scrivere che lo faremo ma non diciamo quando, non è stata fissata infatti nessuna data. Ed è questo che si vuole sottolineare: bisogna fissare una data e ridiscutere tutto perché le ingiustizie sono lampanti. Ci sono o ci saranno dei danni? C’è sempre tempo per pagare e risarcire chi li ha subiti. Nel frattempo, ci sono danni da milioni di euro e centinaia di dipendenti sul filo del rasoio che non conoscono le loro sorti. Cosa fa l’Asl? Ignora tutto e tutti e va avanti, poco importa se ci saranno dei danni enormi da pagare.
Della serie meglio piangere sul latte versato che evitare che lo stesso finisca sul pavimento. Una sola domanda: appurato che il Consiglio di Stato fornisce pareri circa la regolarità e la legittimità, il merito e la convenienza degli atti amministrativi dei singoli ministeri, del Governo come organo collegiale o delle Regioni. Perché questa volta non l’ha fatto? Il punto di domanda lo leggete così, ma è enorme. C’è da chiedersi altresì se sia ammissibile questa ribellione da parte di alcuni componenti del Consiglio, a quanto disposto in precedenza con efficacia di giudicato. Ovvero: hanno ragione loro o ci avevano visto giusto i presidenti Maruotti e Corradino con i precedenti provvedimenti? E ancora, è tollerabile in uno Stato di diritto la violazione del giudicato da parte di un’amministrazione pubblica? E infine, l’Asl da qui a poco potrebbe vedere ribaltata l’impropria decisione cautelare in sede di merito, con un danno non solo per le aziende coinvolte ma anche per il servizio sanitario. Punti interrogativi enormi.
© Riproduzione riservata