L’arrivo dei soldati nordcoreani nell’oblast di Kursk ha rappresentato l’effetto più tangibile dell’alleanza siglata tra Vladimir Putin e Kim Jong-un. Il patto che ha fatto scattare l’allarme a Kiev, Seul, Washington e in tutte la capitali atlantiche.

Ora, dopo che i primi diecimila soldati nordcoreani sono stati addestrati velocemente nelle basi dell’Estremo oriente russo e sono stati spediti al fronte, la situazione appare però difficile. Per Kiev, i soldati di Kim hanno combattuto valorosamente. Ma a detta dell’intelligence, queste forze arrivate dalla Corea del Nord sono state mandate allo sbaraglio, usate come carne da cannone, spesso senza alcuna vera capacità di coordinamento con i russi. Una scelta che ha portato molti nordcoreani a morire, mentre altri, secondo il New York Times, sono stati allontanati dalla prima linea. Secondo i funzionari che hanno parlato al quotidiano americano, per almeno due settimane non si sono visti nordcoreani al fronte.

Le due versioni

Da Kiev, ha parlato invece il portavoce delle forze speciali ucraine, il colonnello Oleksandr Kindratenko, che ha detto che non sono state rilevate attività del contingente nordcoreano da almeno tre settimane. “Di conseguenza riteniamo che siano stati ritirati a causa delle pesanti perdite che hanno subito”, ha detto il comando ucraino. La versione russa, come naturale, è stata invece diametralmente opposta. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha parlato di “speculazioni deliranti”. “Ci sono molti ragionamenti diversi, giusti e sbagliati, deliranti e che distorcono la realtà. Probabilmente non è corretto per noi commentare ogni volta. Non lo faremo”, ha sottolineato la “voce” di Putin. Ma dal momento che la Russia per mesi non ha confermato la presenza dei militari provenienti dalla Corea del Nord (nonostante immagini, documenti e prigionieri di guerra) l’impressione è che Mosca, anche in questo caso, abbia adottato una strategia di negazione per evitare di affrontare il tema della presenza di truppe stranieri nell’oblast invaso dagli ucraini ad agosto.

Il Cremlino, in questo momento, non vuole distrazioni né problemi. Putin sa, come del resto ne è consapevole anche Volodymyr Zelensky, che il negoziato potrebbe essere vicino. Le pressioni di Donald Trump sono tante su entrambi i fronti. Le ultime indiscrezioni del Financial Times sul gas russo inseribile nelle eventuali trattative e l’esclusione (de facto) del gnl di Mosca dalle prossime sanzioni hanno certificato l’importanza della partita energetica anche per la tenuta del blocco europeo, tanto che ieri dalla Lituania è arrivato un nuovo appello agli alleati Ue per evitare di importare di nuovo idrocarburi da Mosca.

Sempre sul tema del gas, ieri Reuters ha riferito che le esportazioni attraverso il TurkStream (il gasdotto che passa attraverso la Turchia e rifornisce i Balcani) sono aumentate sensibilmente, superando questo mese i 50 milioni di metri cubi al giorno. Da Mosca, la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha parlato di nuovo anche della Transnistria, invitando l’Ucraina a riprendere il transito del gas russo attraverso il suo territorio per risolvere la crisi energetica della regione della Moldavia. E mentre l’energia rimane uno dei grandi nodi da sciogliere dei rapporti tra Mosca e Occidente, Putin sa che tutto questo potrebbe finire sul tavolo del negoziato. E per questo ci vuole arrivare da una posizione di forza.

Nel Kursk, il ritiro dei nordcoreani è un elemento di forte perplessità, che preoccupa soprattutto perché questo implica il ritardo nella riconquista da parte dell’esercito russo. Ma il Cremlino ora vuole anche accelerare nell’avanzata a est. Il ministero della Difesa ha annunciato la conquista del villaggio di Novovasilevka in quella che è l’autoproclamata repubblica popolare di Donetsk. Le forze armate russe hanno quasi raggiunto Myrnohrad, nel distretto di Pokrovsk, con la polizia che ha ordinato alle poche persone rimaste di evacuare immediatamente la città.

Secondo l’Institute for the Study of War, i russi stanno avanzando anche nelle zone di Chasiv Yar, Toretsk e Kurakhove. Le forze ucraine hanno recentemente riconquistato le posizioni nel settore di Kharkiv. Per il portale Axios, gli Stati Uniti, hanno appena trasferito circa 90 intercettori per i Patriot da Israele verso la Polonia, con l’obiettivo di farli arrivare poi alle forze ucraine. Ma il punto, ora, è l’avanzata via terra verso Pokrovsk: caduta la città, il rischio di un collasso della linea ucraina rimane alto.