Donald Trump chiama e Vladimir Putin risponde. Dopo l’intervento del tycoon al forum di Davos, il presidente russo ha atteso poco meno di 24 ore. Il tempo di capire quale fosse la risposta migliore, per vedere la reazione del suo establishment ma soprattutto quella di Kiev e dei governi europei. Poi, ieri pomeriggio, il capo del Cremlino ha parlato.

Dichiarazioni al miele, molto esplicite, tipiche della narrativa putiniana nei riguardi di The Donald, che in questi mesi ha più volte ricevuto il plauso dello “zar”. Quasi un corteggiamento, o una “captatio benevolentiae”. Un’operazione iniziata dopo il voto di novembre e proseguita fino a ieri, quando Putin ha risposto al presidente degli Stati Uniti e al suo appello a un dialogo tra Mosca e Washington per la guerra in Ucraina. “Posso solo essere d’accordo con Trump che, se non gli avessero rubato la vittoria nel 2020, forse non ci sarebbe stata la crisi in Ucraina che si è verificata nel 2022”, ha detto il presidente russo, riaccendendo addirittura la polemica sui presunti brogli che ha infuocato per anni la retorica trumpiana. E lo “zar” si è detto anche pronto a trattare direttamente con il presidente Usa. “Abbiamo sempre detto, e vorrei sottolinearlo di nuovo, che siamo pronti a questi negoziati sulle questioni ucraine”, ha detto Putin, lodando anche la visione “pragmatica” e “intelligente” del suo omologo americano. E nei riguardi di Volodymyr Zelensky, il commento del presidente russo è stato molto chiaro: gli “sponsor” di Kiev, a detta del capo del Cremlino, devono premere sul leader ucraino per far rimuovere il decreto con cui ha vietato di negoziare con Putin.

La pista della diplomazia quindi torna ad accendersi. Ma lo fa in un modo che preoccupa soprattutto l’Ucraina. Trump, parlando con Fox News, ha accusato Zelensky di non essere “un angelo”, di avere “voluto combattere” invece di siglare un accordo di pace e che non avrebbe dovuto continuare una guerra contro “un’entità molto più grande e molto più potente”. Ed è chiaro che queste affermazioni, unite alle parole di Putin sulla necessità di un dialogo diretto tra Casa Bianca e Cremlino, rischiano di mettere Zelensky all’angolo. Il presidente ucraino si aspettava uno scenario simile, così come lo attendevano anche gli analisti occidentali e i leader europei. Ma un’accelerazione di questo tipo rischia di aprire le porte a un percorso di pace molto diverso da quello immaginato da Zelensky.

Da Kiev, la presidenza ucraina ha risposto alle frasi di Putin (e in parte anche del presidente Usa). Un moto di orgoglio che per il Paese invaso è fondamentale anche per non dare l’impressione di essere tagliato fuori da un dialogo che riguarda soprattutto il suo presente e il suo futuro. “L’Ucraina si oppone a qualsiasi negoziato di pace tra Vladimir Putin e Donald Trump, se non verranno coinvolti Kiev e l’Europa” ha comunicato la presidenza ucraina. E Andrii Yermak, capo dell’amministrazione presidenziale di Kiev, ha sottolineato su Telegram che il presidente russo vuole “negoziare il destino dell’Europa senza l’Europa. Vuole parlare dell’Ucraina senza l’Ucraina. Questo non accadrà”.

Il richiamo ucraino all’Europa appare quasi come un estremo tentativo di risvegliare Bruxelles e i partner dell’Unione europea che appaiono ancora tramortiti dall’arrivo del ciclone Trump sia nella Casa Bianca che nell’Alleanza atlantica. Ma il tycoon ora non sembra affatto interessato a tendere la mano agli alleati europei. E lo zar ha tutto l’interesse a parlare direttamente con il presidente Usa senza interagire con Kiev e con gli alleati europei. Partner Mosca vuole dividere da Washington e che, dopo quasi tre anni di guerra, considera alla stregua di traditori.

Ieri, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha puntato il dito direttamente contro l’Italia, colpevole, a suo dire, di avere sostenuto Kiev. “Le relazioni russo-italiane stanno attraversando la crisi più profonda dai tempi della Seconda guerra mondiale e la responsabilità di ciò ricade sul governo di Roma” ha detto il ministro, e spetta all’Italia “rimediare alle conseguenze delle proprie azioni vergognose”. Secondo Lavrov, l’Italia non può essere considerata nemmeno come una “possibile partecipante al processo di pace, tanto meno come una sorta di ‘difensore degli interessi della Russia nell’Ue’”. Ruolo che, va detto, il governo italiano non sembra per nulla interessato a ricoprire. Ma è chiaro che in Europa adesso potrebbe scattare un’altra partita: quella di accreditarsi come possibili interlocutori tra Putin e Trump.