Stop per sei mesi a quei circa 900mila percettori del reddito di cittadinanza che beneficiano del sussidio da 18 mesi per ricavare un tesoretto destinato a finanziare quota 102 per le pensioni. E’ quanto annuncia il vicepremier Matteo Salvini a pochi giorni dal primo discorso del presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla Camera dove preannunciava sostanziali modifiche al sussidio tanto caro al Movimento 5 Stelle.

Nel corso della presentazione del nuovo libro di Bruno Vespa “La grande tempesta”, in uscita venerdì 4 novembre da Mondadori Rai libri, il leader della Lega taglia corto: “Età minima per andare in pensione 61 anni con 41 di contributi (quota 102). Per realizzare il progetto nel 2023 secondo i calcoli dell’Inps serve poco più di un miliardo”.

Soldi che “recupereremo sospendendo per sei mesi il reddito di cittadinanza a quei 900mila percettori del reddito che sono in condizioni di lavorare e che già lo percepiscono da diciotto mesi”.

L’ipotesi – chiede Vespa – di mandare in pensione 470mila lavoratori tra i 61 e i 66 anni con 35 anni di contributi e una riduzione proporzionale dell’assegno? “Va benissimo anche questa. Per i medici ospedalieri e il personale sanitario pensiamo di muoverci in maniera opposta. Quando hanno maturato l’età e i contributi per andare in pensione, se accettano di restare al lavoro prendono lo stipendio maggiorato di una parte dei contributi che lo Stato dovrebbe versargli”.

Nei giorni scorsi Meloni aveva definito una sconfitta, “per come è stato pensato”, il reddito di cittadinanza. “Vogliamo mantenere e, laddove possibile, aumentare il doveroso sostegno economico per i soggetti effettivamente fragili  non in condizioni di lavorare” ma “per gli altri la soluzione non può essere il reddito di cittadinanza ma il lavoro”. La premier Giorgia Meloni aveva così annunciato una revisione quasi totale del sussidio e, nel corso del suo primo discorso alla Camera da presidente del Consiglio, cita anche Papa Francesco quanto affronta la questione relativa alla “povertà dilagante”.

Per chi è in grado di lavorare, la soluzione non può essere il reddito di cittadinanza, ma il lavoro, la formazione e l’accompagnamento al lavoro, anche sfruttando appieno le risorse e le possibilità messe a disposizione dal Fondo sociale europeo.

Resta tuttavia da risolvere, soprattutto nel sud Italia, il problema lavoro con imprese e commercianti già costretti a pagare una tassazione più elevata rispetto agli altri Paesi europei e adesso strozzati dagli aumenti delle bollette e del costo delle materie prime.

Redazione

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