La destra non è una: esistono destre diverse e nemiche
Chi è Giorgia Meloni, la prima premier donna italiana più peronista che thatcheriana
Abbiamo visto sfilare il governo di Giorgia Meloni al Quirinale e dunque la cosa è fatta e tira una grande bonaccia delle Antille, a vele flosce come quando sta per scatenarsi l’ira degli elementi ma tutto sembra sereno e armonico. Tutto bene, tutto placido, tutto sobrio e ben vestito, ma tutti sanno che questo è un governo che cammina sul filo. Che cosa farà Meloni, ora che è insediata al governo della Repubblica con le consultazioni più rapide della storia? È blindata e protetta da buoni consiglieri e sta attentissima a non fare passi falsi, ma per come stanno le cose, saranno i fatti a determinare la sua politica piuttosto che il contrario.
In Italia e nel mondo si fa sempre una dannata confusione, quando si parla di destra, tra una destra conservatrice liberale e una destra contenente un frammento di Dna fascista, cioè incline al socialismo di Stato. Mettere sullo stesso piano inclinato la dimissionaria Prime Minister Liz Truss con la nascente Presidentessa del Consiglio italiano Giorgia Meloni, crea una distorsione ottica. Ed è una distorsione sempre molto incoraggiata a sinistra perché nasconde la questione fondamentale: chi e come crea la ricchezza che poi, dopo, si cerca di distribuire? La ricetta della Truss, mal scopiazzata da quella che Donald Trump applicò con enorme successo fino all’arrivo della pandemia, non consiste nel “tagliare le tasse ai ricchi” ma nel tagliare le tasse a chi produce ricchezza affinché possa investire più soldi nelle aziende creando posti di lavoro.
Potrebbe Giorgia Meloni darsi a un tale stravagante sport, oggi in Italia? Onestamente: ma quando mai? Già, che Salvini possa varare la flat tax sembra una chimera alimentata da una follia. Da noi non si tratta di far arricchire i ricchi e impoverire i poveri – altro perdurante scenario fiabesco che incorpora sia la ricca e perversa regina Brunilde (di sicuro thatcheriana) che la sguattera Biancaneve con i sette minatori con cui convive, molto gettonato – ma di permettere alle aziende di non crepare, di assumere anziché licenziare mentre già stanno crepando per i costi energetici, l’inflazione galoppante e una pressione fiscale tanto tirannica, quanto sciocca.
I giornali inglesi non hanno resistito alla facile analogia e si sono sprecati in commenti al sugo e alla pizza coi funghi, secondo gli adorati clichet: ecco la Truss in copertina con l’elmo di Scipio e lo scudo alla marinara mentre brandisce una forchettata di spaghetti della stessa scatola di quelli pubblicati negli anni Settanta del tedesco Spiegel, con l’aggiunta -allora – di un revolver e il titolo “Spaghetti in salsa cilena” alludendo al golpe che installò Augusto Pinochet alla Moneda, dopo aver eliminato Salvador Allende. Quando si parla di “destra” bisognerebbe sempre stabilire prima che cosa si intende: se quella anticomunista conservatrice ma liberale di Winston Churchill; o quella dei socialismi nazionali come quella di Adolf Hitler.
Nessuno al mondo potrebbe mai dire che i due fossero separati soltanto da qualche grado di estremismo. Fra quei due – e tutti i loro successori ieri oggi e domani – lo stato dei rapporti può essere uno solo: guerra mortale all’ultimo sangue. La Meloni si è vista analizzare il suo di sangue, in Italia e da tutto il mondo, perché si è fatta le giovani ossa come militante di quella destra sociale derivata dalla componente socialista del regime mussoliniano. Quindi Meloni e la Thatcher, o Meloni e Theresa May (per non dire di Meloni e la Truss), c’entrano fra loro come i leggendari cavoli a merenda. Semmai si potrebbe azzardare qualche affinità con Evita Peron anche per la retorica scandita in spagnolo. “Soy Giorgia, soy Evita…” .
Eppure, è quasi impossibile resistere alla tentazione, già che parliamo di destra, di mettere le due donne, Giorgia e Liz, nello stesso cesto. La destra di radice illiberale è nemica della finanza, del neoliberismo, dell’ancòra più liberismo selvaggio, dei neocon. Probabilmente si è creata una leggenda storica molto curiosa e dagli effetti perversi secondo cui le donne che nella storia recente hanno raggiunto il potere del governo, sono sempre state delle dure, inflessibili e determinate come la Thatcher quando prese di petto lo strapotere sindacale dei minatori e non ebbe pace, né l’Inghilterra ebbe pace finché non vinse. E quando l’Argentina tentò di sottrarre alla Corona inglese le lontane isole Falkland, mandò la flotta oltre l’Atlantico per fare la guerra e vincere.
Si possono aggiungere Indira Gandhi, che fece guerra al Pakistan e Golda Meyr fondatrice dello Stato di Israele che combatté senza sosta. Ma per l’immaginario collettivo, o a posti singoli ,della sinistra si tratta quasi sempre di donne sadiche come la Thatcher, o pazze come questa Liz Truss che pretendeva di applicare la ricetta Trump in una salsa inglese. Quella formula negli Stati Uniti ha funzionato clamorosamente per due anni facendo registrare il più alto tasso di occupazione e la più drastica riduzione della povertà generale, facendo volare i mercati, le banche, i risparmiatori e l’economia tutta. Nel Regno Unito i conservatori sono agli sgoccioli e i laburisti chiedono elezioni anticipate, ma la Costituzione non scritta, e dunque precisa come un teorema, non lo permette: i Tories hanno vinto e la maggioranza e tocca a loro. Prova ne sia che già si scalda in panchina il redivivo Bojo, acronimo di Boris Johnson.
E da noi? Esiste davvero una destra liberista e liberale? Forse liberale sì, in Forza Italia , Ma il liberismo selvaggio e assassino non ha mai abitato qui e semmai la Meloni rappresenta un suo antidoto spontaneo. Il vero rischio del governo Meloni sta nella fragilità della necessaria concordia sulla politica estera. Mario Draghi, lasciando Bruxelles tra applausi e discorsi ufficiali ha detto che non darà consigli al nuovo governo italiano e tanto nobile distacco non si sa sia portatore di autonomia e fiducia o dall’istinto che consiglia di saltare dalla barca e raggiungere la riva a nuoto.
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