Contro il far west delle intercettazioni
Tabulati telefonici, bene il decreto ma adesso i gip la smettano di arrendersi ai pm
Il Consiglio dei ministri ha licenziato il testo di un decreto legge in materia di tabulati telefonici: si tratta di quei documenti conservati dai gestori delle reti di telefonia contenenti i dati relativi ai contatti in entrata e in uscita fra una utenza e tutte le altre. È superfluo dire che si tratta di dati sensibili che, al pari delle intercettazioni propriamente dette, costituiscono una pesante intrusione nella vita privata di un cittadino. E questa intrusione risulta particolarmente penetrante perché coinvolge non solo la persona sottoposta a indagini, ma anche tutti coloro che con essa hanno avuto contatti anche se irrilevanti ai fini dell’indagine penale.
Finora per l’acquisizione dei tabulati era sufficiente un decreto del pubblico ministero che lo trasmetteva alla polizia giudiziaria per la notifica a tutti i gestori e la acquisizione dei dati. La giurisprudenza formatasi in materia di acquisizione di tabulati era peraltro assai permissiva, tanto da consentire, per esempio, l’emissione del decreto di acquisizione anche con motivazioni di stile (cioè espressioni sintetiche tese a sottolineare la necessità delle investigazioni) oppure facendo un generico riferimento alle ragioni esposte in una informativa di polizia giudiziaria. Ma la Cassazione era andata ben oltre, affermando che un decreto nullo, cui conseguiva l’inutilizzabilità della prova, poteva essere reiterato nell’ambito dello stesso procedimento o, ancora, che il tabulato acquisito poteva essere utilizzato anche in altro procedimento senza la necessità di applicare le regole proprie delle intercettazioni. Questa giurisprudenza così permissiva era il frutto di una concezione secondo cui i tabulati avrebbero comportato un modesto livello di intrusione nella sfera di riservatezza delle persone.
La situazione, però, oggi sembra essere mutata e il decreto legge costituisce un segnale importante di una rinnovata attenzione ai diritti e alle garanzie dei cittadini. Anche in questa occasione l’Europa ha svolto un ruolo fondamentale: è grazie a una pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea che il nostro Governo ha approntato la modifica al codice in materia di dati personali. Nella sentenza dei giudici europei, emanata nel marzo di quest’anno a seguito di una pronuncia pregiudiziale della Corte suprema dell’Estonia, si afferma esplicitamente che la normativa dell’Unione contrasta con quelle normative nazionali che attribuiscono al pubblico ministero la facoltà di autorizzare l’accesso di una autorità pubblica ai dati relativi al traffico e ai dati relativi all’ubicazione ai fini di un’istruttoria penale, senza il preventivo controllo di un’autorità giudiziaria indipendente. L’Italia, dunque, si è dovuta adeguare, anche perché la nostra Cassazione, proprio a proposito dei tabulati, aveva affermato che le sentenze dei giudici del Lussemburgo, pur costituendo una fonte del diritto comunitario, non avevano efficacia immediata e diretta all’interno del territorio nazionale, contraddicendo peraltro l’opposto orientamento da tempo seguito in altre materie, per esempio per i tributi armonizzati (è il caso dell’Iva).
Il testo del decreto in uscita prevede che, in presenza di sufficienti indizi di colpevolezza per i reati per i quali è possibile procedere a intercettazione e per i reati di minaccia o molestia gravi col mezzo del telefono, il pubblico ministero o il difensore dell’imputato o della persona offesa possano chiedere al giudice per le indagini preliminari l’emissione di un decreto motivato. Solo in caso di urgenza il pubblico ministero potrà emettere direttamente il decreto motivato che dovrà essere convalidato dal gip nelle successive 48 ore. Verrebbe da dire che la montagna ha partorito il topolino. In sostanza, infatti, è cambiato poco rispetto alla precedente normativa, soprattutto ove si consideri che per acquisire i tabulati bastano i sufficienti indizi non i gravi indizi non di colpevolezza, ma della semplice sussistenza di un reato, che allo stato può essere anche soltanto ipotizzato dal pubblico ministero che procede alle iscrizioni. Inoltre, se dovessimo valutare quale è stato l’atteggiamento dei giudici per le indagini preliminari rispetto alle richieste dei pubblici ministeri, potremmo contare i casi (davvero pochi) in cui si sono verificati dei rigetti, complice anche la giurisprudenza “di copertura” della Cassazione.
Resta il dubbio su che fare rispetto ai processi pendenti, nei quali i tabulati sono stati acquisiti in violazione della nuova legge. Con norma transitoria inserita nel codice della privacy, il Governo li ha fatti salvi sicché, almeno in apparenza, abbiamo risposto positivamente alle richieste dei giudici europei. Nei fatti, però, resta il timore che ben poco cambierà. E alcune recenti e clamorose assoluzioni pronunciate dal nostro Tribunale e dalla nostra Corte di appello sembrano confermarlo.
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