“Stiamo assistendo ad un aumento del prezzo dei carburanti ingiustificato, non esiste motivazione tecnica di questi rialzi….Il mercato ha alzato i prezzi in maniera irragionevole e lo stanno pagando le nostre imprese…. Siamo in presenza di una colossale truffa che viene dal nervosismo del mercato”. Queste le dichiarazioni a Sky Tg24 Progress del ministro per la transizione ecologica, Roberto Cingolani. L’aumento, sempre secondo Cingolani, sarebbe frutto di una marcata speculazione sui mercati e non avrebbe concrete motivazioni tecniche. La dichiarazione è stata, ovviamente, ripresa da tutti gli organi di stampa ed ha certamente lasciato una traccia profonda nell’opinione pubblica. In pratica, attraverso il termine “truffa” il ministro ha chiaramente evocato la commissione di un reato da parte degli appartenenti a qualcuno dei segmenti della filiera industriale, che provvede alla produzione ed alla distribuzione dei carburanti.

La dichiarazione cade in un momento della vita del paese particolarmente delicato e che, proprio sul tema del costo dei carburanti, sta vedendo montare una protesta crescente di alcuni comparti produttivi. Hanno iniziato gli autotrasportatori ad istituire posti di blocco per protestare contro il caro carburanti. Da ultimo, si sono fermati, per la stessa ragione, i pescherecci. Si deve aggiungere che, al di là delle categorie che hanno sinora protestato, il tema del costo dei carburanti finisce con il riguardare l’intera collettività nazionale. La quale, già provata dalla profonda crisi economica indotta dalla pandemia, deve ora fronteggiare una generale fiammata al rialzo dei prezzi ed una prospettiva di un ulteriore aggravamento della crisi economica, determinata dalla guerra in Ucraina. Si può, dunque, affermare, per restare in tema, che il ministro Cingolani ha versato benzina sul fuoco. In una società già attraversata da tensioni, che la tragedia in atto in Ucraina sta mantenendo sottotraccia, ma che sono destinate ad aggravarsi e che possono esplodere da un momento all’altro, tocca assistere ad un ministro della Repubblica, che, invece di proporre soluzioni, aizza il popolo.
Sta qui, difatti, la inadeguatezza della condotta del ministro. La denuncia spetta a chi non detiene le leve del potere e, dunque, non avendo la possibilità di incidere direttamente sui problemi, richiama su di essi l’attenzione o finanche lo sdegno della collettività.

Ma non è questa la posizione di un ministro, il quale ha la piena possibilità, anche nel caso in cui non sia il ministro competente per materia, come in questo caso, di denunciare quanto accade al presidente del consiglio ed ai colleghi di governo affinché siano adottate tutte le iniziative necessarie per contrastare e punire gli illeciti. Tanto più sarebbe lecito attendersi una condotta del genere da un ministro tecnico, come è appunto Cingolani, che non è chiamato ad esercizi di demagogia per conquistare il consenso. Né vi sono elementi per ritenere che la condotta di Cingolani sia dovuta ad una mancata attenzione alle sue denunce da parte degli altri membri di governo. Non solo non vi è notizia di dissapori su questo argomento, ma se qualcosa del genere fosse avvenuto, il ministro avrebbe potuto e dovuto dimettersi. La condotta di Cingolani è tanto più impropria ove si consideri che quanto denunciato, se vero, costituirebbe effettivamente reato. Non quello di truffa, evocato dal ministro, ma quello di “manovre speculative su merci”, che l’art. 501 bis del codice penale punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni. La disposizione fu introdotta durante la crisi economica degli anni ’70, che fece seguito alla dichiarazione di non convertibilità del dollaro e che coinvolse anche allora il settore energetico.

Essa, proprio per impedire la commissione di manovre speculative, tipiche dei momenti di crisi, trasferì nell’area delle condotte penalmente rilevanti il fatto di chi, nell’esercizio di qualsiasi attività produttiva o commerciale, compie manovre speculative su materie prime, su generi alimentari di largo consumo o su prodotti di prima necessità. È, perciò, penalmente rilevante anche una attività speculativa sui carburanti. Questo significa che un ministro della Repubblica, se ha elementi per dire che l’aumento del prezzo dei carburanti è il frutto “di una spirale speculativa, sulla quale guadagnano in pochi”, ha un dovere preciso: da un lato chiedere al governo, di cui fa parte, che siano adottati tutti provvedimenti amministrativi più opportuni dai ministri competenti e, dall’altro, denunciare il fatto alla procura della Repubblica affinché siano svolte le indagini del caso.

Il populismo ha già fatto, in Italia, molti danni. Il futuro economico e sociale del paese è pieno di incertezze e richiede un alto grado di capacità di governo e, certamente, non parole a vanvera. Che, in questa situazione, un ministro, e per di più un ministro di questo governo costituito per affrontare l’emergenza, si esprima in modo così scomposto è davvero preoccupante. Roberto Cingolani è persona seria e scienziato di grande levatura. Tenga presente che, per il ruolo che ricopre e per la delicatezza del momento, non può abdicare a quei criteri di serietà, che ha sempre finora rispettato nella sua attività scientifica.