È nella storia Giorgia Meloni: la prima Presidente del Consiglio donna nella storia della Repubblica italiana. “Tra i tanti pesi che sento gravare sulle mie spalle oggi non può non esserci anche quello di essere la prima donna a capo del governo in questa nazione. Quando mi soffermo sulla portata di questo fatto, mi trovo inevitabilmente a pensare alla responsabilità che ho nei confronti di tutte quelle donne che in questo momento affrontano difficoltà per affermare il proprio talento o, più banalmente, il diritto a vedere apprezzati i loro sacrifici quotidiani. Ma penso anche con riverenza a coloro che hanno costruito con le assi del loro esempio la scala che oggi consente a me di salire e di rompere il pesante tetto di cristallo che sta sulle nostre teste”, ha detto la Presidente del Consiglio.

Così la premier nel suo discorso alla Camera dei deputati, nel giorno della fiducia. Un discorso di oltre un’ora e dieci minuti, a tutto campo, con larghi tratti auto-biografici, messaggi alla maggioranza, alle opposizioni e ai cittadini. Meloni si è descritta come un’underdog. “Sono la prima donna incaricata come presidente del Consiglio dei ministri nella storia d’Italia, provengo da un’area culturale che è stata spesso confinata ai margini della Repubblica, e non sono certo arrivata fin qui fra le braccia di un contesto familiare e di amicizie influenti. Rappresento ciò che gli inglesi chiamerebbero l’underdog. Lo sfavorito, per semplificare, che per affermarsi deve stravolgere tutti i pronostici. Intendo farlo ancora, stravolgere i pronostici”.

La prima donna Presidenza del Consiglio nel suo discorso ha enunciato un pantheon tutto al femminile, politicamente bipartisan, di donne entrate nella storia dell’Italia. Tutte omaggiate ed enunciate solo per solo per nome: “Ringrazio le donne che hanno osato, per impeto, per ragione per amore, come Cristina, Rosalie dei Mille, come Alfonsina contro il pregiudizio, come Maria o Grazia che con il loro esempio spalancarono i cancelli dell’istruzione alle bambine di tutto il Paese. E poi Tina, Nilde, Rita, Oriana, Ilaria, Maria Grazia, Fabiola, Marta, Elisabetta, Samantha e Chiara. Grazie! Grazie per aver dimostrato il valore delle donne italiane, come spero di riuscire a fare anche io”.

L’elenco è lungo insomma e parte dal secolo XIX. Con Rosalie Montmasson, che sbarcò in Sicilia con Giuseppe Garibaldi e i Mille; Cristina Trivulzio di Belgiojoso, nobildonna oltre che giornalista e scrittrice che partecipò al Risorgimento e che fu editrice di giornali; la ciclista Alfonsina Strada, all’anagrafe Alfonsa Rosa Maria Morini, che fu la prima donna a competere in gare maschili come il Giro di Lombardia e il Giro d’Italia; l’educatrice e pedagogista Maria Montessori, tra le prime donne a laurearsi in medicina, neuropsichiatra infantile e scienziata nota in tutto il mondo per il metodo educativo che porta il suo nome.

E quindi la scrittrice Grazia Deledda, prima italiana a vincere il Premio Nobel per la Letteratura nel 1926 “per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano”; le politiche Tina Anselmi e Nilde Iotti, rispettivamente la prima donna Presidente della Camera e prima ministra della Repubblica; le giornaliste morte sul campo Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli, rispettivamente a Mogadiscio e in Afghanistan; la giornalista e scrittrice Oriana Fallaci, prima italiana ad andare al fronte come inviata speciale; le donne di scienza Rita Levi Montalcini, Fabiola Giannotti e Samantha Cristoforetti: rispettivamente neurologa e accademica Nobel per la Medicina nel 1986, fisica e direttrice del CERN di Ginevra, astronauta prima italiana negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea e prima europea comandante della Stazione Spaziale Internazionale.

E infine l’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia, prima donna presidente della Corte costituzionale; Maria Elisabetta Alberti Casellati, prima donna a presiedere il Senato e ministra per le riforme istituzionali del governo Meloni; Chiara Corbella Petrillo, la 28enne che morì nel 2018 scegliendo di non curarsi da un cancro per proteggere il bambino di cui era incinta, proclamata serva di Dio dalla Chiesa cattolica.

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