Il dibattito sul fine pena mai
Un anno per cancellare l’ergastolo è troppo, cari politici sbrigatevi
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Nemmeno importa il grave ritardo con la quale la Consulta ha riconosciuto l’illegittimità costituzionale di una disciplina contro l’uomo e la sua dignità, in vigore da quasi venti anni. Su tutto questo prevale l’esigenza di preservare il “valore” della collaborazione quale strumento principe della lotta alla mafia, che evidentemente si teme possa essere indebolito anche dalla sola remota possibilità che dopo (almeno) una trentina di anni di carcere (solitamente al 41 bis) e la sussistenza di altre tassative condizioni, il condannato per mafia possa riacquistare la libertà.
Certo, è giusto attendere le motivazioni della Corte per un giudizio più compiuto, ma in verità il principio di fondo è chiaro. Ed è l’epilogo della storia di questi ultimi anni, nel corso dei quali primari valori costituzionali e convenzionali hanno perso progressivamente senso e vigore, sotto i colpi di modifiche normative adottate all’insegna delle contingenze e dei fatti di cronaca del momento, debitamente strumentalizzati dalla politica a fini di consenso elettorale e dalla stessa magistratura inquirente impegnata a preservare i propri poteri. Il tutto condito e amplificato da un’informazione prona al potere che ha smarrito ogni funzione pedagogica.
Basti pensare alla legge “spazzacorrotti”, alla nuova disciplina delle intercettazioni telefoniche, alla sostanziale abolizione della prescrizione, alle riforme del processo penale, ai provvedimenti emergenziali per ragioni epidemiologiche, ai decreti sicurezza e così via. Un incessante logorio dei nostri valori giuridici e culturali di riferimento, di quei valori inerenti la tutela della dignità umana senza se e senza ma, la finalità rieducativa della pena, il giusto processo e la sua ragionevole durata, la riservatezza e segretezza delle comunicazioni, la libertà di circolazione, la proporzionalità e adeguatezza della sanzione: valori nei quali oggi si riconoscono le moderne democrazie occidentali e che nel nostro Paese nemmeno la Corte Costituzionale sembra più in grado di preservare con efficacia. La verità è inconfutabile.
Le forze giustizialiste hanno definitivamente trionfato. Così, in questa notte buia e piena di terrori della cultura giuridica italiana, nella quale imperversano «bulli del diritto» (per citare Mattia Feltri), nella loro resistenza in difesa della libertà e dei ditti fondamentali, ai giuristi sinceri non resta che confidare nell’alleato straniero, forse l’ultima autentica Corte delle libertà e dei diritti dell’uomo.
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