L’ergastolo ostativo è incompatibile con la Costituzione, ma serve una legge che il Parlamento emani entro un anno: così ieri la Corte Costituzionale chiamata a valutare l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario in riferimento agli articoli 3, 27 e 117 della Costituzione e all’articolo 3 della Convenzione edu. La Corte, come spiega una nota, «ha anzitutto rilevato che la vigente disciplina del cosiddetto ergastolo ostativo preclude in modo assoluto, a chi non abbia utilmente collaborato con la giustizia, la possibilità di accedere al procedimento per chiedere la liberazione condizionale, anche quando il suo ravvedimento risulti sicuro. Ha quindi osservato che tale disciplina ostativa, facendo della collaborazione l’unico modo per il condannato di recuperare la libertà, è in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione e con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo». Tuttavia – prosegue – «l’accoglimento immediato delle questioni rischierebbe di inserirsi in modo inadeguato nell’attuale sistema di contrasto alla criminalità organizzata».

Per questo i giudici costituzionali hanno stabilito «di rinviare la trattazione delle questioni a maggio 2022, per consentire al legislatore gli interventi che tengano conto sia della peculiare natura dei reati connessi alla criminalità organizzata di stampo mafioso, e delle relative regole penitenziarie, sia della necessità di preservare il valore della collaborazione con la giustizia in questi casi». A sollevare il dubbio di legittimità era stata la Cassazione sul caso di Salvatore Pezzino, il cui legale Giovanna Araniti dice: «sicuramente è positivo che abbiano dichiarato l’incostituzionalità in maniera chiara, spezzando l’equazione tra collaborazione e ravvedimento. Ora spetterà alla politica fornire le regole su come operare in futuro. Spiegherò tutto al mio assistito che, tra detenzione effettiva e riduzione di pena a titolo di liberazione anticipata, aveva fin qui espiato oltre 27 anni di carcere con un percorso rieducativo esemplare. Si tratta di una norma incostituzionale che incide sulla libertà personale delle persone: mi auguro quindi che la politica non aspetti fino a maggio 2022 per ripristinare lo Stato di Diritto. Attendiamo comunque le motivazioni».

Per Riccardo De Vito, giudice di sorveglianza e Presidente di Magistratura democratica: «il dato più importante è il fatto che la Corte ha messo nero su bianco che la disciplina dell’ergastolo ostativo è in contrasto sia con la Costituzione che con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Si tratta di una conquista importante perché segna sulla carta la fine dell’ergastolo ostativo. Ci sono altri due elementi significativi. Primo: si è stabilito che il ravvedimento di un mafioso può risultare sicuro anche quando non abbia utilmente collaborato con la giustizia. Secondo: rispetto a quanto auspicato da alcuni commentatori, l’Italia non può essere un’isola in Europa; oltre al rispetto della Costituzione siamo chiamati a rispettare anche la Convenzione europea, come richiesto dalla sentenza Viola. Ora la politica non ricostruisca il meccanismo in altre forme».

Per Sergio D’Elia, Segretario di Nessuno Tocchi Caino, « il fatto rilevante è che la Corte Costituzionale ha considerato l’ergastolo ostativo contrario alla Costituzione italiana e alla Convenzione edu. La parola è rimessa ora al Parlamento. La sfida è chiara: è stato stabilito un luogo e un tempo per trovare un compromesso impossibile tra una questione di diritto in linea di principio già risolta – l’ergastolo ostativo è incostituzionale! – e una questione di politica criminale – il contrasto alla criminalità organizzata – che i professionisti della lotta alla mafia vorrebbero risolvere ‘more solito’ con la terribilità di leggi speciali e misure di emergenza, pene senza fine e regimi penitenziari mortiferi». Secondo Gianpaolo Catanzariti, co-responsabile Osservatorio carcere Ucpi, «la decisione è diversa da quella Cappato sul fine vita: qua la norma esiste ed è incompatibile con la Costituzione e con la Cedu. Affermare che una decisione di incostituzionalità possa compromettere il contrasto alle mafie fa paura. È la certificazione che dinanzi ad un delitto particolare, quello mafioso, si possa sospendere la Costituzione e lo Stato di diritto e non va bene».

L’associazione Antigone, intervenuta con un amicus curiae, promette: «lavoreremo incessantemente affinché il legislatore superi gli automatismi preclusivi alla reintegrazione in società. Il percorso individuale va sempre esaminato caso per caso dal magistrato». Per quanto concerne la politica: per Salvini «l’ergastolo non si tocca»; la sentenza «lascia perplessi» i parlamentari M5S della commissione Antimafia, mentre il Pd con Ceccanti, Bazoli e Mirabelli chiede che il Parlamento dia seguito alla decisione della Consulta. Per il come occorre attendere le motivazioni. Una maggioranza alquanto disunita.