La posizione più dura e intransigente l’ha espressa il premier olandese Mark Rutte, ma il senso è quello di un accerchiamento quasi totale: l’Ungheria deve cambiare la sua legge sull’omosessualità varata dal parlamento di Budapest, altrimenti potranno esserci conseguenze per il paese guidato da Viktor Orban.

La dichiarazione di condanna firmata da 17 capi di Stato e governo, tra cui Mario Draghi, non sembra però fermare i piani del leader autoritario ungherese. Orban, arrivato a Bruxelles per il vertice europeo, ha sottolineato che nel suo Paese “non c’è una legge” conto l’omosessualità ma “una legge che difende genitori e bambini. È sempre meglio leggere prima e poi reagire”. Il leader di Fidesz ha quindi ribadito che, pur essendo disponibile al confronto, non ritirerà la legge “già approvata e in vigore”, ricordando anche di aver “lottato per la libertà sotto il regime comunista, anche per i diritti gay”.

Una legge ampiamente criticata all’estero e che, di fatto, equipara l’omosessualità alla pedofilia: il provvedimento sulla carta mira a combattere la pedofilia, ma tra gli emendamenti ci sono parti che vietano la rappresentazione di qualsiasi orientamento sessuale oltre alle informazioni sull’eterosessualità e sulla riassegnazione del sesso nei programmi di educazione sessuale delle scuole, così come nei film e nelle pubblicità rivolte agli under 18. Tra gli effetti paradossali della legge ve ne sono alcuni da lasciare stupiti: film come Harry Potter, Billy Elliot o Il diario di Bridget Jones verranno trasmessi solo in seconda serata e con divieto ai minori di 18 anni, ma l’effetto sarebbe simile per centinaia di film o libri che portano in scena o nelle pagine l’omosessualità.

Già ieri, alla vigilia del vertice di Bruxelles, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen aveva definito le norme ungheresi “una vergogna”. In conferenza stampa, la presidente dell’organo esecutivo europeo ha precisato che una legge che “discrimina persone sulla base dell’orientamento sessuale va contro i valori fondamentali della Ue. Noi non faremo compromessi su questi principi”.

La posizione più dura contro Orban è arrivata però da Mark Rutte, promotore della lettera firmata da 17 leader europei contro le discriminazioni Lgbtq+ in Europa. Con questa legge anti-Lgbt “l’Ungheria non ha posto nell’Ue», ha commentato Rutte. “Non credo che Orban ritirerà la legge. É spudorato e perciò penso che andrà avanti ma l’obiettivo a lungo termine è mettere l’Ungheria in ginocchio. Devono capire che, o sono membri dell’Unione europea, e perciò della nostra comunità di valori, dove nessuno può essere discriminato in base al colore della pelle, al genere, all’orientamento sessuale o qualsiasi altra cosa, o ne sono fuori”, ha intimato il premier olandese.

Al termine della giornata quindi è arrivata la mossa ufficiale dell’Unione europea, con i commissari Didier Reynders e Thierry Breton che, su disposizione di Ursula von der Leyen, hanno scritto “una lettera politica” alla ministra della giustizia ungherese, Judith Varga, in cui ravvisano gli estremi delle violazioni delle direttive sui servizi dei media audio-visivi, l’e-commerce e la Carta dei diritti fondamentali, se la legge anti-Lgbt entrerà effettivamente in vigore.

Da Budapest avranno fino alla fine di giugno per rispondere al richiamo di Bruxelles che, di fatto, rappresenta l’anticamera di una procedura di infrazione.

E se il governo italiano ufficialmente si schiera contro Orban, nella maggioranza la situazione è diversa. Come ampiamente prevedibile infatti Matteo Salvini ha difeso le scelte del leader di Fidesz: per il leader della Lega infatti “ogni Stato sia libero di decidere sulla propria organizzazione scolastica e universitaria, sull’organizzazione della giustizia, non capisco le intromissioni”, aggiungendo che la legge ungherese “l’ho letta”.

Redazione

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