Sapete che cos’è la “Trappola di Tucidide”? È il gioco di moda nelle cancellerie e nella diplomazia, sezione giochi di guerra, intelligence e prove generali del futuro, ammesso e non concesso che il passato abbia qualcosa da insegnarci. Stiamo parlando della possibile guerra fra Cina e Stati Uniti. Ci sarà? Non ci sarà? Perché se ne parla? Perché sono accadute tre cose. La prima: il direttore dell’Fbi Christopher Wray, un giovanottone di bell’eloquenza, ha dichiarato il governo comunista cinese nemico pubblico numero uno della società americana. Ha sottolineato che si riferisce soltanto al governo comunista di Pechino e non ai milioni di cinesi che frequentano felicemente l’America, per non dire dei cinesi di Hong Kong e di Taiwan che per gli americani sono come fratelli. Il suo messaggio di martedì scorso si può riassumere così: la Cina sta attaccando cittadini, aziende, economia, strutture militari e libertà americane, e va fermata. L’Fbi – ha detto il Burò – si occupa soltanto dei fatti interni e non è la Cia, che si occupa solo di estero.

Ma Wray ha accennato ai rischi che corrono sia Hong Kong, dove c’è stato un colpo di mano cinese che viola il patto cinquantennale sui privilegi dell’ex colonia britannica (“Uno Stato, due regimi”), cosa che sta mandando in bestia anche il governo del Regno Unito. Altra domanda: sapete che cosa sono i “Five Eyes”?, i cinque occhi? Negli anni Cinquanta, di fronte all’inevitabile smembramento dell’Impero britannico, fu istituito un organismo di contatto fra i soli popoli di lingua inglese: americani, canadesi, inglesi, australiani e neozelandesi. Il gruppo dei “Cinque Occhi” che oggi è preoccupatissimo perché l’Australia è sotto uno stringente attacco di Pechino che compra tutte le sue aziende, corrompe i suoi politici, intimidisce i suoi militari. Serie televisiva di riferimento: A secret City. Non è male e dà un’idea.

Secondo evento, il più grave anche se non se ne parla molto: il Mare del Sud Cinese è stato invaso da una miriade di isole artificiali trasformate in basi militari supertecnologiche che dominano una via marittima attraverso la quale passa più della metà dell’intero traffico commerciale mondiale. L’Onu ha finora ha dato torto alla Cina che pretende di spostare a sua discrezione il limite delle acque territoriali partendo da queste isole di metallo. Ma a questa sconfitta giuridica il ministero degli Esteri cinese ha opposto il suo argomento logico: “Se si chiama Mar della Cina del Sud, vorrà pur dire che si tratta di un Mar della Cina del Sud, o no?”.

Il terzo evento è il Covid: gli Stati Uniti sostengono di aver mostrato al mondo tutte le prove che certificano la responsabilità di Pechino nell’aver tenuto nascosto l’outbreak, l’esplosione epidemica, per molte settimane, facendo perdere al mondo centinaia di migliaia di vittime. Quando hanno chiesto al direttore dell’Fbi quale fosse secondo lui l’attuale stato dell’epidemia Covid in Cina, quello ha risposto che nessuno lo sa perché la Cina ha sempre manipolato e seguita a manipolare i dati e dunque l’America non considera le dichiarazioni cinesi sull’epidemia attendibili, opinione che ha drammatizzato annunciando l’uscita dall’Oms che secondo Washington è in mano ai cinesi.
Torniamo allo storico greco Tucidide e alla sua “trappola”. Si trattava della guerra del Peloponneso fra Atene e Sparta che fu combattuta circa duemila e quattrocento anni fa. Alla fine vinse Sparta, ma l’intero sistema politico greco collassò per sempre. Secondo Tucidide, la guerra scoppiò quando in troppi cominciarono a chiedersi se una guerra sarebbe davvero scoppiata, benché nessuno avesse veramente voglia di questa guerra. Ma a forza di discuterne, la guerra si impose su ogni ragionevole idea imponendo, appunto, la guerra. Potremmo oggi essere in una situazione analoga? Secondo Tucidide, Sparta era stata per decenni la città leader che aveva creato le condizioni di sviluppo per tutto il mondo greco, grazie alla sua organizzazione commerciale e militare e alla leadership culturale.

Atene crebbe grazie a Sparta fino a diventare la città emergente non solo per competitività economica e militare, ma anche per produzione intellettuale. A Sparta si innervosirono, come successe ai romani per Cartagine e gli ateniesi si sentirono provocati. Così, secondo lo storico greco, scoppiò una terribile e inutile guerra perché in troppi la ritenevano inevitabile. Vale la pena ricordare anche la pièce teatrale di Jean Giraudoux La guerra di Troia non si farà, ma più ancora l’assurdità della Prima guerra mondiale che esplose per una serie di trappole di Tucidide. Mancavano ancora sette anni allo scoppio di quella guerra, quando il re inglese Edoardo VII chiese al proprio primo ministro per quale accidente di motivo il suo governo ce l’avesse tanto con suo nipote Wilhelm che era diventato imperatore tedesco ma che era cresciuto da inglese in Inghilterra e che considerava “blood and flesh” sangue del suo sangue, quando era del tutto evidente, per il re d’Inghilterra che il vero nemico dell’Impero britannico erano gli Stati Uniti d’America. Non è incredibile? Già nel 1812 inglesi e americani si erano combattuti a sangue ben dopo l’indipendenza e ora – all’inizio del XX Secolo – il sentimento corrente nell’Impero inglese era un profondo rancore per gli Stati Uniti provato perfino dal giovane Winston Churchill, di madre americana e convinto che una guerra con gli americani fosse molto probabile. Ma Tucidide lavorava diversamente.

Per servire il re, il primo ministro chiese al titolare del Foreign Office che faceva la vera politica imperiale, perché mai si considerasse inevitabile una guerra con la Germania ed Eyre Crow, il ministro degli Esteri, rispose con un memorandum per il re in seguito considerato il manifesto della “Trappola di Tucidide”: la Germania, doveva considerarsi il nemico con cui combattere prima o poi perché non solo stava creando il più forte esercito continentale ma anche una flotta militare che costituiva una minaccia esistenziale per l’Inghilterra, così come lo era stata la flotta di Napoleone. La Cina sta costruendo la più grande e moderna flotta militare di tutti i tempi. Il re Edoardo morì e ai suoi funerali vennero il presidente americano Theodor Roosevelt (zio di Franklin Delano e uomo d’azione d’estrema destra) e Wilhelm imperatore di Germania e nipote del re d’Inghilterra.

Il Presidente americano chiese all’imperatore tedesco se intendesse rinunciare alla flotta, e quello rispose che non ci pensava per niente e che in compenso vedeva di buon occhio una flotta americana sull’Atlantico, in competizione con quella inglese. Ma spiegò anche nel suo snobbissimo “posh” English, di sentirsi lui stesso inglese fino al midollo e di non capire l’ostilità del parentado, soltanto perché anche a lui, come a ogni altro imperatore o presidente, piaceva avere una flotta militare. Lo storico Graham Allison, dell’Harvard’s Belfer Center for Science and International Affair, ha pubblicato in questi giorni uno studio su tutte le “Trappole di Tucidide” che si sono presentate negli ultimi 500 anni e che sono finite in una guerra evitabile. La statistica dunque dimostra che “la guerra di Troia” probabilmente si farà, proprio perché tutti dicono di volerla evitare. Tutti gli attori ne stanno aggravando i presupposti.

La Cina alza le mani su Hong Kong e sta per farlo anche su Taiwan, mentre gli Stati Uniti piazzano la loro Navy nel mar Cinese del Sud, mentre negli States l’Fbi compie retate di arresti fra americani considerati corrotti dai cinesi, con i cinesi che reagiscono con campagne antiamericane, ciascuna delle due parti sottolineando che mai le relazioni umane fra i due popoli sono state migliori, peccato che i governi siano così criminali e testardi. L’Fbi sostiene che ormai mezza popolazione americana va considerata come attivamente o passivamente cinese e che occorre una energica sterzata e sferzata per proteggere le aziende, le libertà, la vita e l’autonomia americana, benché la Cina non possa vivere senza vendere agli americani i loro stessi iPhone Apple che sono prodotti in Cina e di cui i cinesi non saprebbero che farsene.

Siamo o no di nuovo nella “Trappola di Tucidide”? Chi lo sostiene pensa che gli Stati Uniti siano gelosi della crescita cinese e che non tollerino la corsa di Pechino verso il primato nella classifica delle potenze. Questa corrente di pensiero starebbe premendo sulla Casa Bianca per far prendere in considerazione a Trump l’eventualità di una qualche azione fortemente restrittiva – non necessariamente militare alla vecchia maniera delle bombe e dei missili – per avvertire Pechino che il limite è stato superato.

Questa corrente è rappresentata proprio dal direttore del Fbi il quale ha spiegato con una lunga documentazione che gli Stati Uniti non temono le capacità tecnologiche cinesi, ma la pratica del furto di materiale intellettuale, della corruzione accademica, del ricatto, dell’acquisizione di aziende americane dopo essere state svuotate dei loro contenuti portati in Cina e della massiccia occupazione per via elettronica degli Stati Uniti da parte della Cina attraverso le App che permettono di conoscere in tempo reale opinioni, azioni, beni, prospettive e password di ogni singolo cittadino americano, con una massa di miliardi di dati stipati nei “cloud” cinesi. Trump è come sant’Antonio nel deserto, tentato dal demonio della guerra che finora ha voluto evitare cacciando anche Bannon, il consigliere manesco. Siamo a metà luglio e si voterà il 4 novembre: poco più di cento giorni per uscire o restare prigionieri dalla trappola. Il fatto che l’Fbi sia uscito allo scoperto con tutto il clamore possibile, è un punto per la trappola. La riluttanza dello zazzeruto Donald, un punto in meno. Incrociamo le dita.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.